Boris Johnson
Brexit, Boris Johnson sogna una Londra corsara che l’Ue non può digerire
Una Singapore europea post Brexit con mani libere su tutto, ma anche partner commerciale privilegiato. Per l' Ue sembra inaccettabile e il premier britannico dovrà accontentarsi di meno. I mercati un po’ ci credono
16 Ottobre 2019 12:45
Certamente Boris Johnson è un premier combattivo e anche temerario almeno quanto la sua predecessora Theresa May era indecisa a tutto. Il FT l’ha ribattezzato il ‘bucaniere’, forse dimenticando che la grandezza dell’impero britannico fu costruita anche da grandi capitani con tratti pirateschi come il Francis Drake dell’era elisabettiana, e in effetti sembra che quello che ha in mente è far tagliare i ponti con l’Europa a una Gran Bretagna ‘corsara’. Vale a dire con le mani libere su una serie di materie che nell’Unione sono rigorosamente disciplinate e regolate, come la finanza, il fisco, gli aiuti di stato e la concorrenza, l’ambiente, fino alla politica migratoria e in generale la politica estera. Con il vantaggio però di mantenere con l’Europa lo status di partner commerciale privilegiato, quindi in grado di sfruttare al meglio la flessibilità guadagnata con la Brexit su cui deve trovare un accordo con Bruxells entro il 31 ottobre.
Evidentemente è un boccone che l’Europa non può accettare di mandare giù. Vorrebbe dire aggiungere ai due grandi competitor globali, con cui si sta confrontando sul terreno del commercio e delle tecnologie, vale a dire Stati Uniti e Cina, anche una Gran Bretagna con le mani libere dalle regole europee ma posizionata come testa di ponte sulla Manica a poche miglia da Calais e da Anversa. Ma può anche darsi che Boris stia alzando la posta per portare a casa un bottino comunque sostanzioso, soprattutto in materia regolatoria e migratoria. Gli ultimi sviluppi del negoziato puntano infatti a un accordo raggiungibile, ma al ribasso. E i mercati un po’ ci credono. Alcune grandi banche, come Deutsche Bank, proprio in questi giorni ha sconsigliato di mettersi al ribasso sulla sterlina, che dai minimi poco sopra 1,20 contro dollaro toccati quest’estate ora sta puntando verso quota 1,30.
Certo le differenze dell’approccio di Johnson rispetto a quello della May sono abissali, soprattutto nella visione a lungo termine dei rapporti con l’Europa post-Brexit. L’ex premier puntava sostanzialmente ad annullare gli effetti del referendum, puntando a un mantenimento di molte delle condizioni pre-esistenti lasciando sostanzialmente intatta l’integrazione europea. Johnson vuole trasformare quella che a molti, dentro e fuori la Gran Bretagna, era sembrata una sconfitta, in una grande opportunità storica per rimettere la Gran Bretagna tra i protagonisti economici, finanziari e politici della scena mondiale. Chi vede questa prospettiva con maggiore ostilità è sicuramente la Germania, già vittima principale in Europa della guerra dei dazi. Lo scorso weekend Angela Merkel ha avvertito che se le cose vanno come vuole Johnson l’Europa (ma probabilmente pensava soprattutto alla Germania) si ritroverebbe una Gran Bretagna potenziale competitor economico, al pari di USA e Cina.
Boris punta infatti non solo ad avere le mani libere dall’Europa in una serie di campi cruciali, ma anche a portare a casa un accordo di partnership commerciale a tariffe zero. Vale a dire tutti i vantaggi di restare nell’Unione Europa insieme a tutti i vantaggi di stare fuori. Un lusso che probabilmente gli europei non gli concederanno, ma potrebbero anche non essere del tutto pronti a pagare il prezzo di una Brexit caotica, e magari Johnson potrebbe aver buon gioco a portare a casa, se non tutto, molto di quello che chiede. Il punto sembra essere che nella visione di Johnson, a differenza della May, gli interessi della Gran Bretagna e dell’Europa non necessariamente coincidono. Anzi, in diversi campi, gli interessi di Londra divergono. L’incursione turca in Siria ha offerto a Johnson un’altra occasione per affermare questo punto, infatti ha insistito perché Bruxelles attutisse le rimostranze contro Ankara.
A differenza di Theresa May, che non è mai riuscita a entrare in sintonia con il suo partito, Johnson sembra capace di toccare corde a cui i conservatori britannici sono sensibili, anche se questo non si è ancora tradotto in un sostegno forte in Parlamento. A favore di Johnson sembrano giocare anche le rivalità tra i leader europei, con i francesi che hanno riaperto la partita per l’egemonia nella governance continentale mentre in Germania non riesce a emergere una leadership che prenda in mano l’eredità della Merkel. I mercati comunque non sembrano negativi. Rispetto alla sterlina, la Borsa di Londra sembra più cauta e sinora non si è lasciata prendere dall’euforia, anche perché è frenata dal rafforzamento della moneta.
GRANDI BANCHE SCONSIGLIANO DI SCOMMETTERE CONTRO LA STERLINA
Evidentemente è un boccone che l’Europa non può accettare di mandare giù. Vorrebbe dire aggiungere ai due grandi competitor globali, con cui si sta confrontando sul terreno del commercio e delle tecnologie, vale a dire Stati Uniti e Cina, anche una Gran Bretagna con le mani libere dalle regole europee ma posizionata come testa di ponte sulla Manica a poche miglia da Calais e da Anversa. Ma può anche darsi che Boris stia alzando la posta per portare a casa un bottino comunque sostanzioso, soprattutto in materia regolatoria e migratoria. Gli ultimi sviluppi del negoziato puntano infatti a un accordo raggiungibile, ma al ribasso. E i mercati un po’ ci credono. Alcune grandi banche, come Deutsche Bank, proprio in questi giorni ha sconsigliato di mettersi al ribasso sulla sterlina, che dai minimi poco sopra 1,20 contro dollaro toccati quest’estate ora sta puntando verso quota 1,30.
LA GERMANIA TEME CHE LA GRAN BRETAGNA DIVENTI UN COMPETITOR COME USA E CINA
Certo le differenze dell’approccio di Johnson rispetto a quello della May sono abissali, soprattutto nella visione a lungo termine dei rapporti con l’Europa post-Brexit. L’ex premier puntava sostanzialmente ad annullare gli effetti del referendum, puntando a un mantenimento di molte delle condizioni pre-esistenti lasciando sostanzialmente intatta l’integrazione europea. Johnson vuole trasformare quella che a molti, dentro e fuori la Gran Bretagna, era sembrata una sconfitta, in una grande opportunità storica per rimettere la Gran Bretagna tra i protagonisti economici, finanziari e politici della scena mondiale. Chi vede questa prospettiva con maggiore ostilità è sicuramente la Germania, già vittima principale in Europa della guerra dei dazi. Lo scorso weekend Angela Merkel ha avvertito che se le cose vanno come vuole Johnson l’Europa (ma probabilmente pensava soprattutto alla Germania) si ritroverebbe una Gran Bretagna potenziale competitor economico, al pari di USA e Cina.
BORIS ALZA LA POSTA PER PORTARE A CASA IL MASSIMO POSSIBILE
Boris punta infatti non solo ad avere le mani libere dall’Europa in una serie di campi cruciali, ma anche a portare a casa un accordo di partnership commerciale a tariffe zero. Vale a dire tutti i vantaggi di restare nell’Unione Europa insieme a tutti i vantaggi di stare fuori. Un lusso che probabilmente gli europei non gli concederanno, ma potrebbero anche non essere del tutto pronti a pagare il prezzo di una Brexit caotica, e magari Johnson potrebbe aver buon gioco a portare a casa, se non tutto, molto di quello che chiede. Il punto sembra essere che nella visione di Johnson, a differenza della May, gli interessi della Gran Bretagna e dell’Europa non necessariamente coincidono. Anzi, in diversi campi, gli interessi di Londra divergono. L’incursione turca in Siria ha offerto a Johnson un’altra occasione per affermare questo punto, infatti ha insistito perché Bruxelles attutisse le rimostranze contro Ankara.
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LE RIVALITÀ TRA I PARTNER EUROPEI PER LA GOVERNANCE DELL’UNIONE
A differenza di Theresa May, che non è mai riuscita a entrare in sintonia con il suo partito, Johnson sembra capace di toccare corde a cui i conservatori britannici sono sensibili, anche se questo non si è ancora tradotto in un sostegno forte in Parlamento. A favore di Johnson sembrano giocare anche le rivalità tra i leader europei, con i francesi che hanno riaperto la partita per l’egemonia nella governance continentale mentre in Germania non riesce a emergere una leadership che prenda in mano l’eredità della Merkel. I mercati comunque non sembrano negativi. Rispetto alla sterlina, la Borsa di Londra sembra più cauta e sinora non si è lasciata prendere dall’euforia, anche perché è frenata dal rafforzamento della moneta.
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