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Unicorni, le startup miliardarie che distorcono il mercato azionario

Secondo Schmitt di Ethenea gli unicorni drogano il mercato azionario con la loro focalizzazione esclusiva sulla crescita dimensionale e l’indifferenza alla capacità di generare utili. Il caso recente dell’Ipo di Uber

17 Ottobre 2019 11:02

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Li chiamano unicorni e la loro popolazione è concentrata sulla costa Ovest degli Stati Uniti, con qualche presenza sporadica segnalata anche nel Vecchio Continente, soprattutto Gran Bretagna e Germania. Hanno due caratteristiche principali. La prima è una valutazione che supera il miliardo di dollari, ma solo sulla base di quanto ha pagato le azioni l’ultimo investitore arrivato. La seconda infatti è che gli unicorni non sono quotati in Borsa, fino a che non decidono che è arrivata l’ora di una bella Ipo, una quotazione. Dieci anni fa esistevano solo una manciata di società di questo tipo, ma nel tempo il loro numero è aumentato a circa 500, in quella che è diventata una vera e propria piaga dell'Unicorno. Questo almeno è il giudizio espresso da Christian Schmitt, portfolio manager del fondo bilanciato Ethna-Dynamisch, della scuderia Ethenea.

PENSANO SOLO A CRESCERE E SONO INDIFFERENTI ALLA REDDITIVITA’


“Con il loro modello di business concentrato sulle vendite e disinteressato alla redditività - afferma infatti l’esperto di Ethenea - le giovani startup non ancora quotate, ma già valutate più di 1 miliardo di dollari, distorcono il mercato azionario, penalizzando i titoli value”. Una piaga, secondo Schmitt, perché la strategia di crescita della maggior parte degli unicorni danneggia in maniera molto specifica le altre aziende del mercato. Per queste startup infatti, la priorità assoluta è l’incremento delle vendite, perseguito attraverso un’aggressiva acquisizione di nuove quote di mercato, mentre la redditività non gioca alcun ruolo e diventa secondaria, a volte anche per decenni, rispetto all'espansione nei mercati globali.

L’ARRIVO DELL’UNICORNO GENERA RIPERCUSSIONI PESANTI SUL MERCATO


Amazon, che è oggi la terza società quotata più costosa al mondo, è considerato il paradigma di questo fenomeno. Ma quando un unicorno entra nel mercato genera pesanti ripercussioni sulle aziende già affermate. L’esperto di Ethenea fa il caso di Uber, la società internazionale per la mobilità attraverso la sharing economy, che mette sotto pressione le compagnie di taxi in tutto il mondo. Al momento della quotazione, a maggio 2019, Uber è stata valutata 75 miliardi di dollari, benché la società stessa si chiedesse se sarebbe mai diventata anche redditizia. Allora, si chiede Schmitt, come possono competere contro gli Uber e gli Amazon le altre società, se i nuovi concorrenti non si concentrano sulla realizzazione di profitti?

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UNA BATTAGLIA SBILANCIATA DI CUI FANNO LE SPESE I TITOLI VALUE


“È una battaglia molto sbilanciata - sottolinea Schmitt - e spiega esattamente uno dei motivi principali per la crescita incredibilmente debole dei titoli value rispetto ai titoli growth. Secondo l’esperto, la distorsione strutturale del mercato causata dagli unicorni è enorme e colpisce in particolare i modelli di business dei titoli value. E a questo punto, sempre secondo Schmitt, la domanda da porsi non è tanto quando finiranno le performance deboli dei titoli value, ma piuttosto per quanto tempo gli investitori saranno disposti a finanziare una crescita non redditizia su così vasta scala.

EVITARE IL PERICOLO DI FINIRE IN ‘TRAPPOLE DEL VALORE’


Per ora, non si scorge una fine e tutti gli investimenti a 3 cifre in miliardi di dollari continuano ad affluire verso questo segmento di imprese. E questo ha un peso nelle scelte di investimento. La conclusione dell’esperto è che, per evitare gli incubi degli unicorni, nel fondo Ethna-Dynamisch vengono evitate le società strutturalmente indebolite, “perché in futuro potrebbero rivelarsi trappole di valore, nonostante oggi offrano valutazioni convenienti”.

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