Federal Reserve

Obbligazioni, continua la caccia al rendimento

Per gli esperti di JPMorgan AM fondamentali e azione delle banche centrali determinano un quadro favorevole per le obbligazioni. Treasury Usa pronti a scattare oltre il 2%

15 Novembre 2019 07:00

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Dall’inizio dell’anno, i rendimenti delle obbligazioni dei Paesi core hanno registrato un ribasso senza quasi soluzione di continuità. Per esempio, il rendimento dei titoli di stato Usa (Treasury) a 10 anni è sceso dal 2,69% del primo gennaio all’1,69% a fine ottobre mentre quello del Bund decennale tedesco è scivolato, nello stesso arco di tempo, dal +0,25% al -0,40%: adesso i rendimenti del decennale tedesco sono 26 punti base più alti (+0,26%) rispetto alla fine di settembre.

LA FASE PEGGIORE (FORSE) E’ ALLE NOSTRE SPALLE


Nelle ultime settimane, però, i loro rendimenti hanno invertito la rotta e sono aumentati portandosi rispettivamente all’1,86% e al -0,30%. Un movimento che trova giustificazione nell’evoluzione del quadro dei fondamentali ma che pone anche diversi interrogativi agli investitori sui possibili sviluppi e sulle scelte di portafoglio. “I movimenti registrati dalle obbligazioni governative dei Paesi core sono da ascriversi al significativo cambiamento apparentemente registrato dal contesto economico, alla luce di alcuni recenti dati macro che lasciano presagire che la fase peggiore sia alle nostre spalle”, spiega il team Global Fixed Income, Currency and Commodities Group di J.P. Morgan Asset Management.

UN APPROCCIO COSTRUTTIVO SULLA DURATION


Che, dal punto di vista strategico, continua a preferire un approccio costruttivo sulla duration, ovvero esposto alla parte medio lunga della curva dei tassi. Questo anche in considerazione delle ali protettive dispiegate da inizio anno dalle principali banche centrali che hanno riassunto una politica monetaria globale più protesa a sostenere il ciclo economico in rallentamento. Il team adotta comunque un approccio tattico agli investimenti, dal momento che alcuni degli ultimi movimenti potrebbero non essere solo oscillazioni temporanee dettate dal flusso di notizie.

NOVITA’ INCORAGGIANTI NEI FONDAMENTALI


Ma quali sono le recenti e incoraggianti novità nei fondamentali? Sostanzialmente tre: l’evoluzione delle dispute commerciali tra Washington e Pechino, il miglioramento di alcuni dati macro, e i rassicuranti messaggi inviati dalle banche centrali. E’ vero, ammette il team, che al momento non ci sia ancora un accordo scritto sulle controversie commerciali tra Usa e Cina, ma è altrettanto evidente come sia migliorato il clima di fiducia generale alla luce della volontà, espressa da entrambe le controparti, di impegnarsi per arrivare a un compromesso. Il team, tuttavia, mantiene alta la guardia e continuerà a tenere sotto stretta osservazione la prosecuzione dei negoziati al fine di valutare come gli sviluppi in questo ambito possano esercitare impatti non soltanto sui mercati finanziari, ma anche sugli investimenti e sulla fiducia delle aziende.

LA FED INTENDE MANTENERE UN ORIENTAMENTO IMPLICITO ACCOMODANTE


Sul fronte macro, invece, il netto rialzo registrato dagli indici dei responsabili degli acquisti (Pmi) - in particolare di alcune componenti degli indicatori anticipatori come i nuovi ordini all’esportazione – indica una probabile ripresa di vigoria da parte del settore manifatturiero. Il quadro dei fondamentali si completa con le banche centrali che, sebbene abbiano modificato l’orientamento di politica monetaria per adeguarlo alle condizioni commerciali e dei dati macro in recupero, confermano la loro ala protettiva sui mercati. “La Federal Reserve (Fed) che da inizio anno ha interrotto il su programma di rialzo dei tassi per invertirlo implementando tre tagli, ha segnalato l’intenzione di prendersi una pausa di riflessione. Tuttavia, la banca centrale americana ha specificato che intende mantenere un orientamento implicito accomodante. Sebbene questo ciclo di tagli ossa essere interpretato come una rettifica di metà ciclo, si distingue rispetto a quelli decisi nel 1995 e 1998: un aumento dei tassi a breve termine appare assolutamente improbabile”, puntualizza il team.

Le componenti anticipatrici degli indici PMI segnalano che il settore manifatturiero potrebbe aver superato la fase negativa

[caption id="attachment_147811" align="alignnone" width="785"] Source: J.P. Morgan, Bloomberg; dati al 31 ottobre 2019[/caption]

 

SE IL RENDIMENTO DEL TREASURY SALE AL 2% VALUTAZIONI INTERESSANTI


Passando invece alle valutazioni quantitative, il team ritorna sul fatto che i rendimenti delle obbligazioni core permangono ancora ben al di sotto dei livelli di inizio anno, sebbene i recenti movimenti siano stati significativi. “C’è la possibilità, in base a quanto si legge sui media, che i dazi possano essere revocati anziché rimandati. Un’evoluzione della disputa commerciale tra Usa e Cina che modificherebbe in modo significativo le prospettive, al punto di spingere i rendimenti anche oltre il picco di 1,85%-1,90% recentemente toccato dal Treasury Usa a 10 anni. Se ciò accadesse, e i rendimenti del decennale americano dovessero superare il 2%, le valutazioni si farebbero a nostro avviso interessanti”, specifica il team.

LA CACCIA AL RENDIMENTO CONTINUERA’


Come dire che il contesto vede ancora le banche centrali impegnate a non alzare i tassi, pronte semmai a nuovi interventi per sostenere l’economia qualora se ne ripresentasse la necessità. Questo, secondo il team, corrobora la tesi strutturale a favore dell'obbligazionario. “Riteniamo che la caccia ai rendimenti continuerà a spingere gli investitori verso il reddito fisso. Una convinzione basata anche su dati tecnici oggettivi: il nostro sistema proprietario di monitoraggio dei flussi di capitali indica che nella settimana al 4 novembre la raccolta è stata robusta per tutti i segmenti a reddito fisso. Nei fondi obbligazionari statunitensi gli afflussi complessivi hanno raggiunto i 4 miliardi di dollari mentre nei fondi specializzati sui titoli di Stato globali dei mercati sviluppati le sottoscrizioni sono ammontate a un miliardo”, precisa il team.

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