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Trade war, l’opzione “nucleare” Usa: cancellare le azioni cinesi da Wall Street

Nella guerra commerciale tra Usa e Cina potrebbe aprirsi un nuovo fronte di scontro: la cancellazione dal listino americano delle azioni cinesi. L’ipotesi è estrema, ma Cortesi (GAM Investments) vede favorita Pechino

16 Novembre 2019 10:30

financialounge -  Alibaba GAM Investments Guerra commerciale Jian Shi Cortesi Usa-Cina Wall Street
Alibaba ha lanciato ufficialmente la sua Ipo alla Borsa di Hong Kong. Saranno offerte fino a 575 milioni di azioni, per un totale di 13,8 miliardi di dollari, circa 12,5 miliardi di euro. Questa operazione, tra le più imponenti di sempre, può avere diversi risvolti e prestarsi a molteplici analisi. Come quella condotta da Jian Shi Cortesi, portfolio manager per l’azionario asiatico e cinese di GAM Investments, che ha approfondito la situazione della guerra commerciale tra Washington e Pechino, concentrandosi su un nuovo possibile fronte di scontro: la cancellazione dal listino americano delle azioni cinesi.

NIENTE DI UFFICIALE


Va detto, come la stessa Cortesi sottolinea, che al momento non solo non c’è niente di ufficiale ma che Monica Crawley, il portavoce del Tesoro degli Stati Uniti, si è affrettata a precisare che“l’amministrazione statunitense non ha alcuna intenzione in questo momento di impedire alle aziende cinesi di quotarsi nelle Borse americane”.

PECHINO POTREBBE RIPORTARE A CASA LE AZIENDE QUOTATE


Resta il fatto che gli investitori restano cauti sul futuro delle aziende cinesi quotate negli Stati Uniti. ”Secondo noi, le probabilità di cancellazione dai listini americani delle aziende cinesi sono molto basse. Nell’improbabile caso che ciò invece si materializzasse gli effetti negativi per queste aziende nel medio/lungo termine risulterebbero comunque limitati. Al contrario, a risentirne maggiormente sarebbero il mercato dei capitali statunitensi e gli investitori americani. Per contro il governo cinese potrebbe cogliere l’opportunità di riportare sul mercato locale alcune delle migliori società del Paese”, puntualizza Cortesi.

PARECCHIE RICADUTE NEGATIVE NEGLI USA


Le conclusioni a cui giunge l’esperta sono frutto di specifiche considerazioni riguardanti sia gli impatti sul versante statunitense che in quello cinese. Negli Stati Uniti, innanzitutto, un intervento di questo tipo avrebbe conseguenze importanti sul mercato allontanando molti investitori istituzionali e banche d’affari. Se si impedisse a questi investitori di posizionarsi sulle aziende cinesi si potrebbero determinare distorsioni evidenti nelle performance di portafoglio dal momento che il peso di molte di queste società nei principali indici non è irrilevante.

PROBLEMI REPUTAZIONALI


Ma c’è di più. Anche dal punto di vista reputazionale il danno sarebbe grave perché lederebbe sia la credibilità storica degli Stati Uniti come mercato finanziario aperto e sia l’affidabilità dei suoi Adr (American DepositaryReceipt), i certificati che sostituiscono le azioni e che consentono la contrattazione sul mercato degli Stati Uniti di titoli emessi su altre Borse. Senza trascurare neppure la probabile perdita di competitività ed attrattività dei listini americani rispetto ad altri mercati globali: proprio Alibaba, nel 2013, aveva preso in considerazione di quotarsi a Hong Kong preferendo poi sbarcare l’anno dopo a Wall Street raccogliendo la cifra record di 25 miliardi di dollari

PECHINO: CANCELLAZIONE VOLONTARIA O INVOLONTARIA?


E sul versante cinese? Pechino, secondo Cortesi, avrebbe due opzioni: una cancellazione dai listini Usa volontaria oppure involontaria. L’esperta ritiene poco probabile la prima ipotesi. E’ vero, riconosce Cortesi, che alcune società cinesi quotate negli Usa hanno in passato deciso di cancellare le azioni dal listino offrendo un prezzo di buyout del 20%-50% superiore al prezzo di mercato per spingere gli investitori ad approvare il delisting. Ma se ciò dovesse ripetersi non sarebbe con premi di tale entità se la cancellazione fosse forzata dal governo americano.

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LE GRANDI AZIENDE CINESI POTREBBERO SPUNTARE VALUTAZIONI PIU’ ALTE


Il governo cinese preferisce che le grandi aziende del Paese si quotino nelle Borse valori locali e per agevolare questo processo potrebbe prendere in considerazione politiche favorevoli per accelerare la quotazione. Oltretutto, è il parere di Cortesi, le aziende non avrebbero difficoltà a raccogliere nuovi capitali su altre Borse e, realisticamente, potrebbero spuntare valutazioni molto più alte se si quotassero sui listini cinesi locali.

PROBABILE UNO SCENARIO DI GRADUALITA’


Resta il fatto che dal punto dei vista degli investitori una cancellazione involontaria è temuta dal momento che potrebbe provocare un’ondata di vendite scatenate dal panico. “In uno scenario di questo tipo, nel breve non è escluso che le quotazioni possano scendere a anche di molto . Ma riteniamo che se ciò avvenisse costituirebbe un’opportunità unica di acquistare questi titoli a prezzi molto convenienti. Perché subito dopo il delisting si ridurrebbe la liquidità per gli azionisti ma nel medio lungo termine queste aziende si riquoterebbero su altri mercati non americani” specifica Cortesi. L’esperta, tuttavia, reputa più probabile uno scenario di gradualità in cui Washington possa concedere a queste società diversi anni per uscire dal listino, contenendo dunque l’impatto sul mercato in caso di delisting involontario.

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