banche europee
Banche europee alla riscossa con l'aiuto della nuova gestione Bce?
Mario Draghi ha salvato l’euro e ora tocca a Christine Lagarde accompagnare le banche nel recupero del tempo e della redditività perduti. Servono istituti fino in fondo europei per far ripartire un’economia imballata
25 Novembre 2019 09:28
Nel weekend si sono sprecati i commenti su tutte le principali testate del pianeta al primo discorso importante della nuova capa della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, tenuto a Francoforte davanti all’European Banking Congress venerdì 22 novembre. Difficile quindi aggiungere qualcosa a quanto già autorevolmente scritto. Ma ci proviamo lo stesso partendo da una curiosità che sembra nessuno abbia notato. Parlando ai banchieri di tutta Europa schierati per l’occasione, Christine è riuscita a non pronunciare nemmeno una volta le parole ‘banca’, ‘banche’ o ‘credito’ su circa 2300 vocaboli che abbiamo contato nel suo discorso. Unico riferimento, indiretto e en passant, l’accenno fatto in apertura al ‘dibattito in corso’ sul ‘completamento dell’unione bancaria e la costruzione di un mercato unico dei capitali’.
Lagarde ha invece parlato molto di economia globale in rallentamento, di un’Europa che deve conservare e possibilmente far valere di più il suo posizionamento di seconda economia mondiale, di industria manifatturiera che perde colpi, di servizi tenuti a galla dai consumi, per tirare le fila di tutto con un richiamo alla politica perché faccia ripartire gli investimenti, a cominciare da quelli in infrastrutture, materiali e digitali. Tutti problemi e obiettivi che senza le mai nominate banche non si possono né affrontare né conseguire. E ovviamente l’auspicata unione bancaria è fatta appunto di banche.
Forse non nominarle mai vuol dire: sta alla politica creare le condizioni, costruendo un’unione bancaria senza troppi paletti ma che garantisca una condivisione del rischio fatta di tutela comune dei depositi, e poi lasciar fare alle stesse banche e al mercato. Le banche son il settore economico che ha pagato più di tutti il costo della crisi esplosa oltre 10 anni fa, in termini di redditività e creazione di valore. Un costo che si è tradotto in quotazioni di Borsa molto depresse, che a differenza di tutti gli altri non hanno recuperato neanche lontanamente i livelli pre-crisi, a differenza delle americane.
[caption id="attachment_148221" align="alignnone" width="381"] Il ritardo delle banche europee: ritorno netto cumulato 2004-2019 (fonte: indice Msci europe vs banche)[/caption]
Oggi le banche europee hanno le carte sostanzialmente in regola quanto a smaltimento delle sofferenze e degli asset più a rischio, hanno ratio patrimoniali molto più solidi di prima della crisi, e hanno intrapreso piani di ristrutturazione pesanti in termini di tagli di costi e occupazione. Ora devono ritrovare la redditività perduta, migliorando l’efficienza e dandosi un respiro europeo, anche con fusioni e aggregazioni cross-border che sono il pilastro della futura unione bancaria e del mercato unico dei capitali.
La grande espansione europea dell’Unicredit di Alessandro Profumo prima che arrivasse la tempesta del 2008 era basata sull’idea di fornire al cliente italiano o tedesco la possibilità di sentirsi esattamente come a casa nel momento in cui sbarcava a Varsavia, Bucarest o Istanbul, facendosi carico di tutte le diversità regolatorie, fiscali e di mercato. Bello ma anche molto costoso. Il cliente d’affari della futura banca europea dovrà potersi sentire a casa a prescindere.
La strada per recuperare redditività non passa per le fonti di ricavo storiche delle banche, vale a dire margine di interesse e commissioni sui pagamenti. A quelli provvederanno sempre più i bigh tech e bisogna farsene una ragione. La redditività sta nei servizi a 360 gradi con al centro le Pmi, che hanno bisogno di essere accompagnate nell’export, nel ricorso al mercato dei capitali, ma anche di gestione dei patrimoni degli imprenditori e delle loro famiglie. Per farlo non servono per forza mega-banche, ma banche che sappiano muoversi in tutta Europa come a casa loro, se serve anche con opportune aggregazioni.
Mario Draghi ha salvato l’euro dalla catastrofe e insieme all’euro anche le banche. La mission di Christine Lagarde sembra quella di convincere la politica a completare l’opera della Banca Centrale aiutando l’economia a ripartire ma anche di accompagnare – non certo guidare – con la necessaria flessibilità, le banche nella ricerca della redditività perduta, lasciando al mercato il problema di individuare e premiare le soluzioni migliori in termini di fusioni e aggregazioni. Le lodi incondizionate al discorso di Francoforte da parte del grande capo della Deutsche Bank Christian Sewing forse indicano che è partita col piede giusto.
UNA RIPARTENZA BASATA SUGLI INVESTIMENTI HA BISOGNO DELLE BANCHE
Lagarde ha invece parlato molto di economia globale in rallentamento, di un’Europa che deve conservare e possibilmente far valere di più il suo posizionamento di seconda economia mondiale, di industria manifatturiera che perde colpi, di servizi tenuti a galla dai consumi, per tirare le fila di tutto con un richiamo alla politica perché faccia ripartire gli investimenti, a cominciare da quelli in infrastrutture, materiali e digitali. Tutti problemi e obiettivi che senza le mai nominate banche non si possono né affrontare né conseguire. E ovviamente l’auspicata unione bancaria è fatta appunto di banche.
UNO SPAZIO IMMENSO DA RECUPERARE RISPETTO AGLI ALTRI SETTORI
Forse non nominarle mai vuol dire: sta alla politica creare le condizioni, costruendo un’unione bancaria senza troppi paletti ma che garantisca una condivisione del rischio fatta di tutela comune dei depositi, e poi lasciar fare alle stesse banche e al mercato. Le banche son il settore economico che ha pagato più di tutti il costo della crisi esplosa oltre 10 anni fa, in termini di redditività e creazione di valore. Un costo che si è tradotto in quotazioni di Borsa molto depresse, che a differenza di tutti gli altri non hanno recuperato neanche lontanamente i livelli pre-crisi, a differenza delle americane.
[caption id="attachment_148221" align="alignnone" width="381"] Il ritardo delle banche europee: ritorno netto cumulato 2004-2019 (fonte: indice Msci europe vs banche)[/caption]
RITROVARE LA REDDITIVITÀ’ PERDUTA CON L’EFFICIENZA E LE AGGREGAZIONI
Oggi le banche europee hanno le carte sostanzialmente in regola quanto a smaltimento delle sofferenze e degli asset più a rischio, hanno ratio patrimoniali molto più solidi di prima della crisi, e hanno intrapreso piani di ristrutturazione pesanti in termini di tagli di costi e occupazione. Ora devono ritrovare la redditività perduta, migliorando l’efficienza e dandosi un respiro europeo, anche con fusioni e aggregazioni cross-border che sono il pilastro della futura unione bancaria e del mercato unico dei capitali.
La grande espansione europea dell’Unicredit di Alessandro Profumo prima che arrivasse la tempesta del 2008 era basata sull’idea di fornire al cliente italiano o tedesco la possibilità di sentirsi esattamente come a casa nel momento in cui sbarcava a Varsavia, Bucarest o Istanbul, facendosi carico di tutte le diversità regolatorie, fiscali e di mercato. Bello ma anche molto costoso. Il cliente d’affari della futura banca europea dovrà potersi sentire a casa a prescindere.
Banche, robot al posto degli impiegati: comincia Deutsche Bank
Banche, robot al posto degli impiegati: comincia Deutsche Bank
MARGINI E COMMISSIONI NON BASTANO. PUNTARE SU GESTIONI E SERVIZI
La strada per recuperare redditività non passa per le fonti di ricavo storiche delle banche, vale a dire margine di interesse e commissioni sui pagamenti. A quelli provvederanno sempre più i bigh tech e bisogna farsene una ragione. La redditività sta nei servizi a 360 gradi con al centro le Pmi, che hanno bisogno di essere accompagnate nell’export, nel ricorso al mercato dei capitali, ma anche di gestione dei patrimoni degli imprenditori e delle loro famiglie. Per farlo non servono per forza mega-banche, ma banche che sappiano muoversi in tutta Europa come a casa loro, se serve anche con opportune aggregazioni.
BOTTOM LINE
Mario Draghi ha salvato l’euro dalla catastrofe e insieme all’euro anche le banche. La mission di Christine Lagarde sembra quella di convincere la politica a completare l’opera della Banca Centrale aiutando l’economia a ripartire ma anche di accompagnare – non certo guidare – con la necessaria flessibilità, le banche nella ricerca della redditività perduta, lasciando al mercato il problema di individuare e premiare le soluzioni migliori in termini di fusioni e aggregazioni. Le lodi incondizionate al discorso di Francoforte da parte del grande capo della Deutsche Bank Christian Sewing forse indicano che è partita col piede giusto.
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