Candriam

Zona euro, le rigide regole comuni bloccano la crescita

Per Pisani (Candriam) sono tante le sfide per la creazione di un’agenda di crescita condivisa nell’area euro, ma tutte sembrano avere un ostacolo in comune: le rigide regole stabilite dagli stati membri

13 Dicembre 2019 11:47

financialounge -  Candriam Eurozona Florence Pisani Ursula von der Leyen
Si sente spesso dire che l’eurozona viva al di sopra dei propri mezzi. Ma non è affatto così: per esempio, osservando i surplus delle partite correnti – cioè la differenza positiva tra le esportazioni e le importazioni – l’insieme di famiglie, Stati e imprese spende circa quasi 400 miliardi di euro all'anno in meno di quanto guadagni.

LE RIGIDE REGOLE DELLA ZONA EURO


“Le regole della zona euro impediscono l’impiego di queste risorse per incrementare la crescita. Spetta agli Stati membri assumersi le proprie responsabilità e investire in modo costruttivo per per prepararsi al futuro”, fa sapere Florence Pisani, Global Head of Economic Research di CANDRIAM. Tutto questo nonostante una situazione nella quale la crescita in Germania e in Italia è ingessata mentre quella dell’intera area euro è scivolata al di sotto dell'1%, pur potendo contare su una politica monetaria accomodante.

SPAZIO DI MANOVRA RIDOTTO PER LA BCE


“Se domani dovesse scoppiare uno shock economico, l'Europa non saprebbe come muoversi e la Bce ha già fatto molto. I suoi tassi d’interesse si muovono in territorio negativo e la sua politica monetaria sta avendo un impatto sempre minore sull'attività economica, mentre gli effetti collaterali diventano sempre più evidenti: facendo salire i prezzi dei settori immobiliare e finanziario, la Banca centrale si è infatti assunta il rischio di vedere formarsi graduali bolle speculative”, spiega Pisani.

“Crescita, prospettive 2020 sottotono. Ecco perché”


“Crescita, prospettive 2020 sottotono. Ecco perché”






RICORSO ALLE POLITICHE FISCALI


Si potrebbe far leva sulla politica fiscale, finora di fatto accantonata da quando, nel 2012, il patto di Bilancio europeo firmato dagli Stati membri dell'Ue vieta di indebitarsi ulteriormente a quei paesi il cui debito supera il 60% del Pil. Persino quei pochi stati, come la Germania, che potrebbero mettere in campo politiche fiscali espansive, sono contrari per cultura ad adottarle. Qualche speranza però esiste. In passato l'Europa è sempre stata in grado di trovare un suo spazio di manovra in momenti, come l’attuale, in cui l'economia è stagnante e particolarmente vulnerabile: infatti, anche uno shock di modeste dimensioni può facilmente spingerla verso la recessione.

ALLA RICONQUISTA DEL SOSTEGNO DELL’OPINIONE PUBBLICA


“Inoltre l'Europa faticherà a riconquistare il sostegno dell’opinione pubblica finché non ritornerà sulla strada della crescita sostenibile”, puntualizza Pisani. La zona euro dall'inizio del 2000 ha investito in conto capitale tre volte meno rispetto agli Stati Uniti mentre, negli ultimi due decenni, ha visto crescere poco gli stanziamenti per gli investimenti pubblici al netto degli ammortamenti: questo crea i presupposti per agire, e in fretta. In questo contesto, la presidente Ursula von der Leyen ha fissato 100 giorni per realizzare un green deal per rendere l'Europa entro il 2050 "il primo continente climate-neutral".

IL PIANO GREEN PER RACCOGLIERE 1.000 MILIARDI IN 10 ANNI


La sua proposta prefigura la trasformazione di una parte della Banca Europea per gli Investimenti in una Climate Bank e, in parallelo, il lancio di un "piano di investimenti per l'Europa sostenibile" con l’obiettivo di raccogliere nei prossimi 10 anni 1.000 miliardi di euro. Un piano di ampio respiro che però, ancora una volta, rischia di essere frenato dalle regole comuni: non se ne farà nulla se non sarà approvato da tutti i governi dell'Unione Europea.

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