Fidelity
Rischio recessione archiviato, nel 2020 possibile +8% per gli utili delle aziende Usa
Per Fidelity nel 2020 torneranno a crescere gli utili delle società americane, il rischio però ora si sposta sulla politica e in particolare sulle presidenziali di novembre
13 Dicembre 2019 07:00
Con i timori di recessione segnalati la scorsa estate dall’inversione della curva dei tassi Usa ormai alle spalle, gli utili delle società americane dovrebbero riprendere a crescere, in misura di circa l’8%, dopo un 2019 decisamente piatto. Intanto le banche centrali sembrano aver esaurito gli strumenti di stimolo a loro disposizione e così l’l’attenzione si sposta sulle politiche fiscali, ma anche alla politica in generale, con in primo piano le elezioni Usa di novembre, che potrebbero rappresentare un rischio. Da tenere d’occhio anche la rotazione dei mercati. E’ questo in sintesi l’outlook per il 2020 delineato dal Cio di Fidelity International: dopo un anno di rinnovata espansione delle politiche monetarie e nonostante gli effetti della guerra dei dazi, il mondo riuscirà a evitare una recessione globale nel 2020.
In particolare, Romain Boscher, Global Cio, Equities, sottolinea che nel 2020 torneranno gli utili, dopo il rallentamento del 2019 che ha fatto seguito all’inasprimento della politica monetaria della Fed l’anno precedente. Nell’anno che ci stiamo lasciando alle spalle i mercati azionari hanno rimbalzato, mentre il settore manifatturiero è scivolato in recessione. Tuttavia la sua minore rilevanza sul PIL globale e la costante solidità dei consumi statunitensi inducono l’esperto a prevedere un soft landing dell’economia globale nel 2020. Secondo Boscher la crescita degli utili potrebbe toccare i minimi per poi riprendersi per attestarsi nel 2020 la crescita intorno all’8%.
Secondo l’esperto di Fidelity inoltre i tassi di interesse dovrebbero restare bassi e non è escluso che scendano ulteriormente, mentre ci si può aspettare una ripresa dei flussi verso i mercati azionari, con gli investitori attratti dai rendimenti che non trovano più nel reddito fisso. Boscher vede una possibile ripresa dei titoli ciclici e value, mentre i finanziari resteranno in difficoltà, perché i tassi di interesse rimarranno estremamente bassi e non è escluso che scendano ancora. Il motto dell’esperto per il 2020 è: ‘politica fiscale in primo piano’, dopo che le banche centrali ormai hanno esaurito gli strumenti per stimolare la crescita.
Anche per Steve Ellis, Global CIO, Fixed Income, non ci sarà nessuna recessione nel 2020, ma bisognerà prestare attenzione all’inflazione: per la prima volta dalla crisi, nel 2019 le banche centrali sono tornate ad allentare in maniera sincronizzata e il trend proseguirà nel 2020, perché stanno impiegando tutti gli strumenti a disposizione per stimolare la crescita ed evitare una recessione vera e propria. Con i rendimenti core che potrebbero rimanere bassi, e i Treasury a 10 anni sotto il 2%, Ellis si aspetta ulteriori afflussi nelle aree del comparto obbligazionario che offrono rendimenti più interessanti. I rendimenti del segmento difensivo investment grade sono già ridotti, pertanto l’esperto ritiene che gli investitori andranno a caccia di rendimenti più elevati nel debito dei mercati emergenti. La recessione resta è un rischio, ma sarà evitata nel 2020.
Ellis vede invece un importante rischio per i mercati nelle elezioni americane. Se Elizabeth Warren vincesse le primarie democratiche e Donald Trump soccombesse all’impeachment, le azioni americane potrebbero subire un duro colpo. L’esperto di Fidelity ritiene inoltre eccessivo il pessimismo del mercato sull’inflazione: “dopo diversi anni sotto i target, potrebbe risalire in qualche misura a partire dal 2020”. Oggi le stime di consensus per l’inflazione americana nel 2020 sono al 2,1%, mentre la stima di Fidelity si avvicina al 2,5%, guidata dalla crescente pressione sui salari in un contesto di disoccupazione storicamente bassissima e di solidità dei consumi americani.
Andrew McCaffery, Global CIO, Alternatives and Solutions, avverte che “la resa dei conti è vicina”, indipendentemente dal fatto che il ciclo inverta la rotta o prosegua fino alle elezioni americane. L’esperto nota che mentre il 2019 si è concentrato su guerra dei dazi, Brexit e stimoli monetari, il 2020 potrebbe rappresentare un punto di inversione per utili e liquidità. Secondo McCaffery le preoccupazioni sull’indebitamento delle imprese non faranno che aumentare se dovesse avvicinarsi la possibilità di una vittoria dei Democratici alle elezioni americane, e in questo caso le banche centrali potrebbero avere poco margine per contrastare queste dinamiche di fine ciclo. Se anche il dollaro dovesse indebolirsi, questa potrebbe rivelarsi una buona opportunità per migrare sugli asset non statunitensi. Per l’esperto, il grande rischio per gli investitori nel 2020 è che Elizabeth Warren venga scelta come candidata dei Democratici e che i mercati accusino un arretramento a fronte dei primi segnali di deterioramento delle condizioni della liquidità. Anche il capitale privato potrebbe essere nel mirino di Warren, dato il focus sulle imposte delle imprese.
Sul fronte macro, inoltre, se si è riusciti a evitare una recessione nel 2019, alcuni segnali indicano che l’occupazione potrebbe essere vicina a un massimo, con le offerte di nuovi posti di lavoro ormai in esaurimento. Se famiglie e aziende iniziassero a prevedere un aumento delle tasse, i consumi potrebbero frenare bruscamente. Questo potrebbe innescare una rotazione che farebbe aumentare le opportunità al di fuori degli Stati Uniti, in particolare sui mercati emergenti e sull’Europa.
IL 2020 SARÀ L’ANNO DEL RITORNO DEGLI UTILI DOPO IL RALLENTAMENTO DEL 2019
In particolare, Romain Boscher, Global Cio, Equities, sottolinea che nel 2020 torneranno gli utili, dopo il rallentamento del 2019 che ha fatto seguito all’inasprimento della politica monetaria della Fed l’anno precedente. Nell’anno che ci stiamo lasciando alle spalle i mercati azionari hanno rimbalzato, mentre il settore manifatturiero è scivolato in recessione. Tuttavia la sua minore rilevanza sul PIL globale e la costante solidità dei consumi statunitensi inducono l’esperto a prevedere un soft landing dell’economia globale nel 2020. Secondo Boscher la crescita degli utili potrebbe toccare i minimi per poi riprendersi per attestarsi nel 2020 la crescita intorno all’8%.
I TASSI DI INTERESSE SONO DESTINATI A RESTARE BASSI SE NON A SCENDERE ANCORA
Secondo l’esperto di Fidelity inoltre i tassi di interesse dovrebbero restare bassi e non è escluso che scendano ulteriormente, mentre ci si può aspettare una ripresa dei flussi verso i mercati azionari, con gli investitori attratti dai rendimenti che non trovano più nel reddito fisso. Boscher vede una possibile ripresa dei titoli ciclici e value, mentre i finanziari resteranno in difficoltà, perché i tassi di interesse rimarranno estremamente bassi e non è escluso che scendano ancora. Il motto dell’esperto per il 2020 è: ‘politica fiscale in primo piano’, dopo che le banche centrali ormai hanno esaurito gli strumenti per stimolare la crescita.
A CACCIA DI RENDIMENTO NEL REDDITO FISSO DEI MERCATI EMERGENTI
Anche per Steve Ellis, Global CIO, Fixed Income, non ci sarà nessuna recessione nel 2020, ma bisognerà prestare attenzione all’inflazione: per la prima volta dalla crisi, nel 2019 le banche centrali sono tornate ad allentare in maniera sincronizzata e il trend proseguirà nel 2020, perché stanno impiegando tutti gli strumenti a disposizione per stimolare la crescita ed evitare una recessione vera e propria. Con i rendimenti core che potrebbero rimanere bassi, e i Treasury a 10 anni sotto il 2%, Ellis si aspetta ulteriori afflussi nelle aree del comparto obbligazionario che offrono rendimenti più interessanti. I rendimenti del segmento difensivo investment grade sono già ridotti, pertanto l’esperto ritiene che gli investitori andranno a caccia di rendimenti più elevati nel debito dei mercati emergenti. La recessione resta è un rischio, ma sarà evitata nel 2020.
PESSIMISMO ECCESSIVO SULL’INFLAZIONE CHE INVECE POTREBBE RIALZARE LA TESTA
Ellis vede invece un importante rischio per i mercati nelle elezioni americane. Se Elizabeth Warren vincesse le primarie democratiche e Donald Trump soccombesse all’impeachment, le azioni americane potrebbero subire un duro colpo. L’esperto di Fidelity ritiene inoltre eccessivo il pessimismo del mercato sull’inflazione: “dopo diversi anni sotto i target, potrebbe risalire in qualche misura a partire dal 2020”. Oggi le stime di consensus per l’inflazione americana nel 2020 sono al 2,1%, mentre la stima di Fidelity si avvicina al 2,5%, guidata dalla crescente pressione sui salari in un contesto di disoccupazione storicamente bassissima e di solidità dei consumi americani.
IL GRANDE RISCHIO E’ CHE LA WARREN VINCA LE PRIMARIE E SPAVENTI GLI INVESTITORI
Andrew McCaffery, Global CIO, Alternatives and Solutions, avverte che “la resa dei conti è vicina”, indipendentemente dal fatto che il ciclo inverta la rotta o prosegua fino alle elezioni americane. L’esperto nota che mentre il 2019 si è concentrato su guerra dei dazi, Brexit e stimoli monetari, il 2020 potrebbe rappresentare un punto di inversione per utili e liquidità. Secondo McCaffery le preoccupazioni sull’indebitamento delle imprese non faranno che aumentare se dovesse avvicinarsi la possibilità di una vittoria dei Democratici alle elezioni americane, e in questo caso le banche centrali potrebbero avere poco margine per contrastare queste dinamiche di fine ciclo. Se anche il dollaro dovesse indebolirsi, questa potrebbe rivelarsi una buona opportunità per migrare sugli asset non statunitensi. Per l’esperto, il grande rischio per gli investitori nel 2020 è che Elizabeth Warren venga scelta come candidata dei Democratici e che i mercati accusino un arretramento a fronte dei primi segnali di deterioramento delle condizioni della liquidità. Anche il capitale privato potrebbe essere nel mirino di Warren, dato il focus sulle imposte delle imprese.
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UNA ROTAZIONE APRIREBBE OPPORTUNITÀ SU EMERGENTI E EUROPA
Sul fronte macro, inoltre, se si è riusciti a evitare una recessione nel 2019, alcuni segnali indicano che l’occupazione potrebbe essere vicina a un massimo, con le offerte di nuovi posti di lavoro ormai in esaurimento. Se famiglie e aziende iniziassero a prevedere un aumento delle tasse, i consumi potrebbero frenare bruscamente. Questo potrebbe innescare una rotazione che farebbe aumentare le opportunità al di fuori degli Stati Uniti, in particolare sui mercati emergenti e sull’Europa.