Boris Johnson

Mercati, ora la Gran Bretagna di Johnson può tornare centrale

La vittoria dei conservatori britannici potrebbe anticipare un nuovo mandato a Trump come il Referendum sulla Brexit. Il grande tema su cui l’Unione Europea dovrà fare i conti è la scelta tra Stato e mercato

16 Dicembre 2019 10:01

financialounge -  Boris Johnson Brexit donald Trump
C’erano una volta Maggie & Ronnie, che guidarono la riscossa delle economie di America e Gran Bretagna nei dorati anni 80. Il flirt tra le due sponde dell’Atlantico si ripetette sul finire degli anni 90 tra Bill Clinton e Tony Blair, veri eredi anche se di segno politico opposto di Reagan e della Thatcher. Tre anni fa, esattamente di questi tempi, abbiamo ceduto alla tentazione di chiederci se fosse arrivata la volta di Donald e Theresa: Trump aveva appena battuto Hillary Clinton a sorpresa e la May, da poco arrivata a Downing Street in sostituzione dell’inetto David Cameron, faceva i preparativi per andarlo a trovare a Washington. Il parallelo si rivelò non azzeccato, l’indecisa a tutto Theresa non trovò mai un feeling con Donald e nemmeno con uno degli altri principali leader globali. Ora la tentazione torna: il trionfo elettorale di Boris Johnson ci ha offerto un’anteprima di quello che può succedere il 3 novembre 2020 quando Trump andrà a chiedere un secondo mandato agli americani?

LA FRUSTRAZIONE VERSO L’ECCESSO DI GOVERNO E BUROCRAZIA


Chi ci legge sa quanto siamo affezionati al detto attribuito a Mark Twain secondo cui la Storia non si ripete mai, ma a volte parla in rima. Se il voto dei britannici del 12 dicembre fosse una preview di quello degli americani tra meno di un anno, farebbe una bella rima con il 2016, quando il voto a sorpresa dei britannici per uscire dalla UE anticipò di pochi mesi la vittoria altrettanto a sorpresa di Trump alle presidenziali. Molti hanno visto nel referendum sulla Brexit il primo segnale del sentimento di frustrazione nei confronti dell’eccesso percepito di interferenza governativa e burocratica che prima spinse i britannici a rompere con Bruxelles e poi contagiò gli americani che elessero Trump con un voto diretto soprattutto contro l’establishment di Washington e l’onnipresenza statale simboleggiata dalla riforma dell’assicurazione sanitaria voluta da Obama.

LA GRAN BRETAGNA PUO’ TORNARE ALLA GRANDE AL CENTRO DEI GIOCHI GLOBALI


Qualche giorno fa, prima del trionfo di Johnson, l’autorevole WSJ scriveva in un editoriale che il risultato del voto in Gran Bretagna avrebbe avuto un impatto profondo sulle relazioni future tra Stati Uniti e il Regno Unito, in senso peggiorativo in caso di vittoria del quasi-marxista e anti-americano Jeremy Corbyn, e in senso nettamente positivo nel caso contrario, che aprirebbe la strada a nuovi accordi commerciali tra i due paesi senza interferenze da parte di Bruxelles. Con il vantaggio collaterale per i britannici di un reinserimento alla grande nei giochi globali dopo la quarantena seguita al referendum di maggio 2016. Lo stesso WSJ, subito dopo il voto britannico ha scritto che Trump potrebbe replicare a novembre, andando come Johnson a raccogliere i voti di chi non lo ama ma non vuole il socialismo, né nella versione Corbyn, né in quella di Bernie Sanders o Elizabeth Warren.

L’EUROPA RESTA AFFEZIONATA ALL’IDEA CHE LO STATO PROVVEDE A TUTTO E TUTTI


La paura delle tasse e della statalizzazione sembra essere in Gran Bretagna come in America un catalizzatore più forte rispetto a spinte più ideali ma meno pragmatiche, come l’inclusione o il salvataggio del pianeta. Nel resto d’Europa è molto diverso per ragioni profonde. Manca la convinzione diffusa che il benessere e la produzione di reddito siano il frutto di un mercato efficiente e regolato dalla competizione, mentre prevale ed è radicata l’idea che siano invece il risultato della distribuzione della ricchezza da parte dello Stato. Senza fare il caso dell’Italia, le proteste francesi e i nervosismi tedeschi degli ultimi tempi nascono dalla preoccupazione che la mano pubblica non voglia o non sia in grado di provvedere a tutto per tutti. E’ la differenza tra il sogno americano – lavora sodo e non farti sorpassare dai vicini di casa – e quello europeo continentale – non preoccuparsi tanto ci pensa la mamma-Stato.

TRUMP E JOHNSON SONO INDIGESTI MA MENO DEL QUASI-SOCIALISMO


In entrambi i casi la democrazia non è in discussione e resta la forma di governo più desiderabile anche se imperfetta. Ma sono profondamente diverse le aspettative su cosa attendersi da governi democraticamente scelti. Ovviamente a mercati e investitori piace di più la visione anglo-americana, non a caso hanno festeggiato l’elezione di Trump e finora anche la sua presidenza, anche se a molti il personaggio è indigesto, e ora festeggiano la vittoria dell’altrettanto indigesto a molti Boris Johnson, anche perché vedono finalmente l’uscita dal labirinto della Brexit. Ma ai mercati, che sono per forza anche un po’ cinici, piace anche la crescita economica che genera reddito, anche se è deficitaria di democrazia, come in Cina.

BOTTOM LINE


L’Europa a trazione Lagarde-von der Leyen e orfana della Gran Bretagna deve trovare la sua strada e il suo posto in un mondo complicato dove la globalizzazione non è più un giardino dell’Eden ma un duro terreno di competizione economica, commerciale e tecnologica. Per giocarsela serve il coraggio di una rifondazione dell’Unione iniziata a costruire 70 anni fa. Rispetto alle macerie da cui si partì allora non sembra una mission impossible.

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