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Cresce anche in Italia il robo advisor, ma per il cliente il riferimento resta il consulente

Le masse gestite in Italia, a fine 2019, saranno oltre 358 milioni di euro. Aumenta l’utilizzo del robo advisor ma l’interazione con il consulente finanziario resta importante

30 Dicembre 2019 15:00

financialounge -  Consob consulenza finanziaria investimenti risparmio robo advisor
L’obiettivo è 400 milioni di dollari. Le masse gestite da robo advisor sul mercato italiano, a fine 2019, arriveranno a circa 358 milioni di euro. La previsione è quella riportata dall’ultimo Quaderno Fintech della Consob “Valore della consulenza finanziaria e robo advice nella percezione degli investitori”. L’elemento umano, però, resta fondamentale: secondo quanto si evidenzia, infatti, l’interesse verso il robo advice è legato alla possibilità di avere un modello ibrido, capace di unire l’elemento tecnologico con quello umano. 

LE MASSE GESTITE DA ROBO ADVISOR


Ampliando l’analisi a livello mondiale, le masse gestite da robo advisor superano quest’anno i 980 miliardi di dollari, guardando al portafoglio medio, si legge nel Quaderno Consob “si dovrebbe aggirare attorno ai 21mila dollari”. La consulenza automatizzata è destinata ad aumentare “con un tasso medio di crescita annuo del 27%, fino a raggiungere i 2.552 miliardi di dollari nel 2023, quando il numero complessivo dei clienti serviti dovrebbe superare i 147 milioni”. 

L’IMPORTANZA DELL’INTERAZIONE UMANA


Lo studio mette sotto la lente la percezione degli investitori a proposito del robo advice, la consulenza finanziaria governata dagli algoritmi. Il fattore umano, però, non è destinato a scomparire per lasciare spazio ai robot. Gli investitori che si rivolgono a intermediari tradizionali sono abituati alla relazione umana, soprattutto per essere rassicurati. Lo human touch, quindi, continua ad avere un peso importante, rimanendo “un fattore critico di successo - si legge nel Quaderno Consob - che in prospettiva potrebbe essere sempre più valorizzato”. 

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IL COSTO DEL SERVIZIO 


Quanto si paga per il servizio, non è chiaramente percepito dagli investitori tradizionali come un elemento discriminante che può far scegliere tra un consulente umano o un robo advice. Il motivo è legato alla mancanza di conoscenza del costo del servizio: molti clienti credono che quello tradizionale, offerto dalla propria banca, per intenderci, sia gratuito. In questo senso, la strada da percorrere in fatto di trasparenza bancaria e Mifid II è ancora lunga.

PATRIMONIO E INFORMAL ADVICE


Solo il 30% degli investitori privati si rivolge ad un consulente finanziario dedicato, mentre il 40% preferisce chiedere ad amici, parenti e colleghi (informal advice). Tra i fattori che scoraggiano la domanda di consulenza c’è la sfiducia verso gli intermediari e la convinzione che non servano per investire piccole somme di denaro. Se è vero che in futuro aumenteranno i risparmiatori che si affideranno ad un algoritmo per trovare la soluzione più adatta alla gestione del proprio portafoglio - cercando sempre più un servizio personalizzato e di qualità -, la presenza di un riferimento umano sarà indispensabile per ridurre la percezione di insicurezza, amplificata anche dalla scarsa cultura finanziaria. 

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