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Petrolio sotto i riflettori non solo per crisi Usa-Iran: serve per altri trent'anni

Il raid americano in Iraq potrebbe essere stato solo la scusa per riaccendere i prezzi di Brent e WTI depressi da anni. Le ragioni strutturali per un recupero non mancano e un segnale importante arriva dalla Norvegia

6 Gennaio 2020 07:00

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All’alba del 3 gennaio 2020 il mondo ha scoperto di avere ancora sete di petrolio, dopo che il raid con cui gli americani hanno eliminato il generale iraniano Soleimani ha fatto balzare i prezzi di Brent e WTI e spedito al ribasso gli asset a rischio, a cominciare dalle azioni. A fine giornata i primi avevano mantenuto guadagni superiori al 3%, mentre le seconde avevano recuperato gran parte delle perdite, modeste peraltro. In tutto il mondo i media si concentrano su possibili scenari di guerra, su Twitter impazza l’hashtag #WWIII, su cui possono scatenarsi i previsori di terza guerra mondiale in arrivo, mentre c’è chi paragona l’uccisione del capo militare iraniano all’assassinio dell’Arciduca d’Austria Franz Ferdinand, che nel 1914 accese la scintilla del primo conflitto mondiale. Di fatto i venti di guerra nel Golfo sembrano aver preso il posto della guerra dei dazi tra Usa e Cina in cima alla lista dei rischi per mercati e investitori. Ma forse lo scatto al rialzo del petrolio ha motivazioni più profonde che covavano sotto la cenere e aspettavano solo la scusa geopolitica per emergere sul mercato.

STA PER PARTIRE IN NORVEGIA IL PIU’ GRANDE CAMPO OFFSHORE DELL’EUROPA OCCIDENTALE


Motivazioni di cui è apparsa una spia proprio il primo giorno dell’anno in una notizia passata quasi inosservata sul FT, che annunciava l’imminente apertura nel Mare del Nord, a metà strada tra Norvegia e Scozia, del più grande campo petrolifero dell’Europa Occidentale: il Johan Sverdrup, di proprietà norvegese, da cui si preparano a estrarre oro nero quattro mega-piattaforme pesanti 100mila tonnellate. Per gli ambientalisti una tragedia, per Equinor, la società norvegese di Stato che controlla il giacimento, è invece il futuro della già ricca industria petrolifera del Paese scandinavo. Oltretutto il nuovo giacimento offshore sarà alimentato con energia idroelettrica prodotta sulla terraferma norvegese e non, come avviene di solito, da turbine a gas estratto dallo stesso campo, abbattendo così quasi a zero le emissioni: solo 700 grammi contro una media globale per questo tipo di impianti di 18kg.

INVERSIONE DI TENDENZA DOPO ANNI DI INVESTIMENTI FERMI O CANCELLATI


Il campo offshore norvegese potrebbe indicare un’inversione di tendenza dopo anni di investimenti fermi o in caduta a livello globale, in conseguenza della violenta caduta del prezzo del petrolio iniziata nella primavera-estate del 2014, quando il Brent precipitò in pochi mesi da oltre 110 dollari al barile a poco sopra i 30 dollari. Da allora ha tentato in più riprese di risollevarsi, con lo sforzo maggiore a metà 2018, ma ha sempre trovato un muro oltre i 70 dollari.

LA SOFFERENZA DEI TITOLI ENERGETICI A WALL STREET STA PER FINIRE?


Prezzi depressi e investimenti fermi o cancellati hanno penalizzato i titoli petroliferi, non tanto quelli dei grandi produttori ma soprattutto quelli delle società di servizio specializzate nelle esplorazioni e nel supporto allo sfruttamento, come l’americana Halliburton che verso metà del 2014 viaggiava a 70 dollari e oggi a Wall Street vale poco più di 20. Infatti il settore energia è il principale responsabile dell’andamento piatto degli utili delle società quotate americane nel 2019, con i titoli del settore che hanno segnato un arretramento di quasi il 20% degli utili rispetto a un anno prima. La conseguenza, come si vede nella chart qui sotto, è stata una performance non brillante in un anno invece da incorniciare per l’azionario americano e globale.

TITOLI SETTORE ENERGIA S&P 500 ULTIMO ANNO


PER I PROSSIMI TRENT’ANNI IL PIANETA AVRA’ ANCORA BISOGNO DI PETROLIO


Calo del petrolio e performance deludente degli energetici in Borsa hanno una serie di concause: a livello congiunturale hanno sicuramente giocato il rallentamento globale e la guerra dei dazi, mentre sul piano strutturale hanno pesato le attese di un avanzamento inarrestabile delle energie rinnovabili a discapito delle fonti fossili. Ma questo orizzonte resta lontano: il globo avrà bisogno di petrolio almeno fino al 2050 e i combustibili fossili avranno un ruolo importante nella lunga transizione, soprattutto se le estrazioni saranno eco-sostenibili come nel caso norvegese. Forse i tagli alla produzione hanno esagerato nell’anticipare un futuro ancora lontano. In Norvegia l’output di petrolio è vicino ai minimi da 30 anni, nonostante le risorse accertate sia terrestri che offshore siano abbondanti. Ora con il nuovo mega-campo si dovrebbe tornare a livelli pre-2015. Quanto impatterà su domanda e produzione di petrolio l’impegno preso a Parigi di ridurre il riscaldamento globale di 1,5-2 gradi?

L’ESERCITO DELLE COMMODITY REDUCE DA UNA LUNGA RITIRATA


Sicuramente il quadro è difficile da decifrare e interpretare per l’investitore che guarda al lungo termine, ma non può trascurare le tendenze di medio periodo, che magari invece che pochi anni possono durare qualche decennio. Anche perché il petrolio è l’avanguardia dell’esercito delle commodity, da quelle destinate all’industria manifatturiera fino ai beni rifugio come l’oro. Un esercito che da qualche anno si muove un po’ in ordine sparso, ma nel complesso è decisamente in ritirata, proprio in sintonia con l’andamento del petrolio, come mostra la chart qui sotto.

INDICE CBR COMMODITY ULTIMI 10 ANNI


BOTTOM LINE


L’investitore ha il compito difficile di distinguere tra emozioni e realtà. Dovremo abituarci per un po’ a digerire il fattore emozionale con i venti di guerra del Golfo al posto della guerra dei Dazi nei titoli di prima pagina e delle news tv. Turbolenze possibili che non devono distrarre più di tanto. Grande attenzione invece ai trend di medio periodo che possono diventare anche duraturi e influenzare i prezzi degli asset. Forse è il momento di guardare dentro e studiare l’azionario energetico nelle sue componenti: magari racchiude qualche giacimento inesplorato.

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