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Atlantia, ecco banche e risparmiatori a rischio in caso di revoca concessione Autostrade

“Ma i mercati almeno per adesso non scommettono sul default, il campanello d’allarme suonerebbe con il titolo sotto i 16 euro” spiega Vincenzo Longo, market analyst di Ig Group, a Financialounge.com

7 Gennaio 2020 10:30

financialounge -  Atlantia Autostrade per l'Italia Morning News vincenzo longo
E adesso? Ora che una delle prime grandi agenzie ha tagliato il rating sia di Atlantia che di Autostrade per l’Italia che succede? Una decisione, hanno spiegato gli analisti di Moody's, che “riflette l'aumento della pressione politica sul gruppo Atlantia e i crescenti rischi al ribasso” legati al decreto Milleproroghe, dove la revoca della concessione non è più un’ipotesi, ma potrebbe trasformarsi in una decisione del governo, almeno se si segue la linea dura del M5S.

A RISCHIARE PICCOLI AZIONISTI E LE BANCHE ESPOSTE SUL TITOLO


Sono circa 17mila i piccoli azionisti della holding cui fa capo la famiglia Benetton (suo il 30,2% del capitale) che in caso di default rischierebbero di trovarsi con un pugno di mosche in mano. Per avere un termine di paragone del caos che potrebbe crearsi basti dire che i soci minori di Atlantia sono molto di più dei 15mila rimborsati dal Fondo di solidarietà – varato dal governo Renzi - per i crack di Banca Etruria, Banca Marche e delle casse di Ferrara e Chieti. Ma non solo. Ad essere esposte per circa 10 miliardi di euro ci sono diverse banche: Credit Suisse, Crédit Agricole, SocGen, Natixis, Jp Morgan, Bofa-ML, DB e Citigroup per quanto riguarda gli investitori esteri, mentre sul fronte interno ci sono Intesa-Sanpaolo, UniCredit, Bnl-Bnp Paribas, Ubi, BancoBpm e Bper. Senza dimenticare ovviamente gli azionisti maggiori come Gic, il fondo sovrano di Singapore che possiede l’8%, la Fondazione Crt che ha il 5%, la banca inglese Hsbc con il 5% e l'advisor Lazard (5%). Anche se gli occhi di tutti sono puntati sul 45% del capitale di Atlantia piazzato sul mercato, ovvero in Borsa.

IL MERCATO NON SI ASPETTA IL DEFAULT MA PESA INCERTEZZA POLITICA


“L’andamento del titolo negli ultimi due anni ha subito diversi contraccolpi dovuti al crollo del Ponte Morandi e alle incertezze politiche sulle concessioni autostradali se pensiamo che agli inizi del 2018 Atlantia era scambiato sopra i 27 euro e oggi viaggia intorno ai 20 euro” spiega a Financialounge.com il market analyst di Ig Group, Vincenzo Longo – tuttavia il mercato non si aspetta, almeno in questa fase il default. C’è molta incertezza e non è detto che le concessioni vengano revocate perché c’è in ballo un maxi indennizzo da parte dello Stato verso la società”.

CAMPANELLO D’ALLARME CON TITOLO A 16 EURO


“In un contesto di mercato rialzista come quello che stiamo vivendo negli ultimi tre mesi – continua Longo – se il titolo dovesse continuare a sottoperformare, a scendere sotto la soglia dei 16 euro, che rappresenta il minimo toccato negli ultimi quattro anni, allora il mercato comincerebbe a ragionare in maniera più preoccupata sugli scenari futuri”. Insomma lo spartiacque per chi ha in portafoglio questo titolo è la soglia dei 16 euro, un vero e proprio campanello d’allarme. Ma cosa succederebbe ai risparmiatori e agli azionisti se si realizzasse questo scenario? “Una perdita ingente – continua il market analyst di Ig Group – perché il titolo potrebbe arrivare a scendere fino ai minimi storici che sono quelli toccati nel 2009 e nel 2011 quando veniva scambiato a 9 euro che rappresenta una sorta di soglia di salvaguardia, l’ultimo baluardo per la difesa delle contrattazioni. Andrebbe un po’ meglio agli obbligazionisti che hanno maggiori tutele rispetto ai valori di Borsa grazie alle garanzie sul capitale”.

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E DOPO MOODY’S COSA FARANNO ALTRE AGENZIE DI RATING?


– Il vero punto è capire come si muoveranno adesso le altre agenzie di rating, dopo il giudizio di Moody’s che già lo scorso 3 dicembre aveva degradato il debito di Atlantia dallo status di investment grade a quello junk, passando da Baa3 a Ba1 con outlook negativo. Mentre a settembre era stata S&P ad abbassare il giudizio da BBB a BBB- l'ultimo gradino prima di considerare spazzatura la possibilità di ripagare i debiti da parte della holding della famiglia Benetton. “Questo è il punto cruciale – conclude Longo – se dovessero convergere su un ribasso fino a considerarlo junk si innescherebbe una fuga dei grandi fondi e questo potrebbe creare un vero scompiglio. Tuttavia la speranza, anche degli investitori, in questa fase è che la mediazione all’interno della maggioranza possa scongiurare scenari apocalittici che non convengono a nessuno”.

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