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Spagna, nasce il primo governo di coalizione. Ma attenzione agli indipendentisti
Il socialista Pedro Sánchez ottiene la maggioranza in Parlamento per due soli voti, ma il neonato esecutivo si regge su un equilibrio molto fragile
7 Gennaio 2020 16:31
FINALMENTE UN GOVERNO
Dopo due tornate elettorali in un solo anno, finalmente la Spagna ha un governo in funzione. Pedro Sánchez, segretario del Partito Socialista Operaio Spagnolo (Psoe), ha infatti ottenuto la maggioranza in parlamento per due soli voti. Il governo Sánchez ha ricevuto 167 voti a favore e 165 contrari, riuscendo a raggiungere la maggioranza della Camera solo grazie ai 18 voti di astensione, provenienti da due partiti indipendentisti, Esquerra Republicana e EH Bildu.
SECONDA VOTAZIONE
Il risultato è arrivato alla seconda votazione, in cui era sufficiente la maggioranza semplice dei voti, dopo che lo scorso 5 gennaio il governo non era riuscito a ottenere quella assoluta, necessaria per costituzione alla prima conta.
PRIMO GOVERNO DI COALIZIONE
Si tratta del primo governo di coalizione della storia della Spagna, da sempre abituata ad avere esecutivi “monocolore”, anche quando la maggioranza era composta da più partiti. Oltre al Partito Socialista, infatti, nel governo entrerà Unidas Podemos, forza di sinistra radicale, dopo che il fallimento di cinque mesi di trattative aveva portato a nuove elezioni nel corso dello scorso novembre.
L’APPOGGIO INDIPENDENTISTA
Il nuovo governo Sánchez poggerà sul sostegno di altre forze nazionaliste che hanno votato a favore: PNV, Compromís, Nueva Canarias, Teruel Existe e BNG. Si tratta di alcune forze politiche provenienti da diverse zone del paese e che rivendicano maggiori poteri e autonomia verso lo stato centrale, seppur lontane da posizioni indipendentiste.
ASTENSIONI DI PESO
L’insieme dei voti di questo gruppo di partiti nazionalisti, però, non sarebbe stato sufficiente se altre due forze non si fossero astenute. Si tratta della catalana Esquerra Republicana e della forza basca EH Bildu.
Spagna: il nuovo governo ancora appeso agli indipendentisti
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I PUNTI DELL’ACCORDO
La trattativa tra Sánchez ed Esquerra Republicana ha occupato settimane nelle cronache politiche spagnole, surriscaldando il dibattito a causa dell’identità "secessionista" dei catalani. Le settimane di trattative hanno portato a un documento di accordo caratterizzato dal tema dell’indipendenza della regione. In particolare, il governo e gli indipendentisti hanno accordato il riconoscimento di carattere “politico” del conflitto e la “attivazione di una via politica per risolverlo”, si legge nel punto 1 dell’accordo. Il punto stabilisce una ‘discontinuità’ fin qui seguita dai governi precedenti, i quali hanno puntato più sulla ‘via giudiziale’ relativa all’illegalità di qualunque iniziativa che avesse come fine l’indipendenza della Catalogna.
TAVOLO BILATERALE
Nel punto 2 dell’accordo si definisce la “creazione di un tavolo bilaterale di dialogo, negoziato e accordo per la risoluzione del conflitto politico”, tavolo che dovrà partire 15 giorni dopo la formazione del nuovo governo. Le trattative, si legge nell’accordo, dovranno essere aperte “a tutte le proposte presentate” e dovranno essere dibattute tutte le “proposte dettagliate sul futuro della Catalogna”.
UN PAESE AUTORITARIO?
Questo punto è stato visto come una possibile apertura di Sánchez a un possibile referendum per l’indipendenza della regione, ipotesi comunque smentita dal leader socialista. Le accuse a Sánchez di aver stipulato accordi con partiti che vanno contro la Spagna sono aumentate dopo il discorso di Mertxe Aizpurua, leader di EH Bildu, partito nazionalista basco. La portavoce di Bildu ha scatenato i partiti di opposizione quando nel corso del dibattito di sabato in Parlamento ha affermato che “la Spagna è ancora un Paese autoritario”, facendo riferimento ad un discorso tenuto dal Re nell’ottobre 2017 sul tema della Catalogna quale “una delle sue espressioni più evidenti”, puntando a mettere in atto una “contro-riforma autoritaria”.
UN EQUILIBRIO FRAGILE
Il nuovo governo, dunque, oltre che partire con una maggioranza molto ristretta, potrebbe essere quotidianamente sottoposto a forti tensioni che potrebbero arrivare dalle due regioni al centro del ciclone: la Catalogna e i Paesi Baschi. In particolare per i catalani di Esquerra Republicana, le pressioni per far cadere il governo potrebbero arrivare dalla stessa parte indipendentista della regione e dai partiti che la rappresentano. La costante pressione per evitare che il ‘conflitto’ catalano possa ‘normalizzarsi’ e trasformarsi in un tema di dibattito politico, risolvendosi nell’abbandono dell’idea dell’indipendenza, infatti, potrebbe spingere nell’angolo Esquerra Republicana, fino alla decisione di far cadere presto questo fragile governo.
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