Amundi
Mercati, nel 2020 volatilità in aumento: meglio allacciare le cinture
Amundi fa il bilancio di un’annata record e avverte che nel 2020 aumenterà la volatilità causa tensioni geopolitiche e presidenziali Usa. Molto gioca a favore di Trump, ma potrebbe non bastare in caso di fine del ciclo economico
9 Gennaio 2020 09:39
I mercati finanziari hanno chiuso con una vendemmia record il 2019, a dispetto della guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina che ha tenuto in scacco mercati e economie per tutto l’anno, con conseguenti timori di recessione delle economie occidentali. Soprattutto per le azioni i risultati sono stati eccezionali, più che compensando il deludente 2018: a Wall Street lo S&P 500 ha sfiorato il 29% di rialzo con i tecnologici a trainare la marcia, mentre l’Europa, che ha dovuto anche affrontare l’incertezza della Brexit, è riuscita a chiudere con un più che solido +23% dell’indice Stoxx 600, con l’Area Euro in rialzo di quasi il 25%.
Ancor più sorprendente l’azionario italiano, che nonostante l’inattesa crisi di governo estiva è riuscito a chiudere l’anno a +28%, grazie anche alla spinta finale delle modifiche alla normativa sui PIR, che hanno fornito nuova linfa al comparto delle medie e piccole capitalizzazioni. Anche i mercati emergenti hanno dato il loro contributo positivo, con la Cina, bersaglio dei dazi americani, che ha chiuso con uno spumeggiante +36% dell’indice CSI 300, il Brasile che registra un rialzo del 31% dell’indice Bovespa, la Russia in rialzo del 28% ed un rublo in netto rafforzamento, mentre l’India si deve “accontentare” di un +14% dell’indice Sensex. Nel complesso l’indice MSCI Emerging in dollari è salito del 15,8%. E bene anche il Giappone con un rialzo del 18% dell’indice Nikkei 225.
Questo il bilancio dell’anno trascorso tracciato da Giordano Beani, Head of Multi-Asset Fund Solutions Italy Amundi SGR, nella sua newsletter settimanale. L’esperto della grande casa d’investimento sottolinea che alle performance stellari azionarie hanno risposto bene anche tutti i comparti obbligazionari, dai governativi “core” di Germania e Stati Uniti fino ai periferici della Zona Euro e alle obbligazioni corporate per tutti i meriti di credito, dagli “investment grade” agli “high yield”, per finire con le obbligazioni emergenti con performance che variano tra il +7% dei titoli investment grade dell’Eurozona ed il +18% dei titoli corporate statunitensi.
Performance estremamente positive che secondo Beani sono da ascrivere principalmente al mutato atteggiamento delle principali banche centrali, con in testa Fed e BCE, ma anche di pressoché tutte le banche centrali dei paesi emergenti, che da un atteggiamento restrittivo o neutrale nel 2018 hanno invertito tempestivamente la rotta nel 2019, con ribassi generalizzati dei tassi ufficiali e interventi di tipo non convenzionale, come ad esempio la ripresa dell’allentamento quantitativo da parte della Banca Centrale Europea preannunciato a luglio ed implementato a partire da novembre. Positive anche le principali materie prime, con l’oro a 18% ed il petrolio a +27%.
L’esperto di Amundi mette in luce che per un investitore basato in euro le performance dei mercati sono state ulteriormente migliorate dal contributo delle divise internazionali, che si sono generalmente apprezzate in corso d’anno nei confronti dell’euro, dal dollaro Usa con un +3% circa, alla sterlina inglese, che grazie allo sprint finale dopo le elezioni del 12 dicembre si è apprezzata del 7%. Se il 2019 sotto tutti gli aspetti è stata proprio “un’ottima annata” per i mercati finanziari, cosa ci aspetta nel nuovo anno?
La risposta di Beani è che di sicuro ci aspetta un aumento della volatilità, come testimoniano le primissime sedute del 2020, con una partenza positiva subito tarpata dalla escalation militare nell’Area del Golfo. L’esperto di Amundi aggiunge che sarà fondamentale seguire l’evoluzione dei rapporti Cina-USA, con i mercati che cercheranno di capire se all’atteso accordo di prima fase potrà seguire una seconda fase, e in cosa possa consistere. E infine ma non certo da ultimo, a novembre si vota per la presidenza degli Stati Uniti.
Beani prevede che la volatilità non mancherà in relazione a come si svolgeranno le primarie democratiche durante l’anno, via via che si chiarirà chi sarà l’oppositore di Donald Trump in novembre: un candidato democratico considerato troppo “radicale” dai mercati non sarà gradito, mentre una riconferma di Trump, con tutte le sue “peculiarità” sarà comunque letto in modo positivo dai mercati, in particolare quello statunitense. Ma, avverte in conclusione l’esperto di Amundi, questo potrebbe non bastare se dovessero riaffiorare i timori, per ora sopiti, dell’avvicinarsi della fine del ciclo economico espansivo più lungo del secondo dopoguerra.
AZIONI PROTAGONISTE NON SOLO A WALL STREET, MA ANCHE IN EUROPA E NEGLI EMERGENTI
Ancor più sorprendente l’azionario italiano, che nonostante l’inattesa crisi di governo estiva è riuscito a chiudere l’anno a +28%, grazie anche alla spinta finale delle modifiche alla normativa sui PIR, che hanno fornito nuova linfa al comparto delle medie e piccole capitalizzazioni. Anche i mercati emergenti hanno dato il loro contributo positivo, con la Cina, bersaglio dei dazi americani, che ha chiuso con uno spumeggiante +36% dell’indice CSI 300, il Brasile che registra un rialzo del 31% dell’indice Bovespa, la Russia in rialzo del 28% ed un rublo in netto rafforzamento, mentre l’India si deve “accontentare” di un +14% dell’indice Sensex. Nel complesso l’indice MSCI Emerging in dollari è salito del 15,8%. E bene anche il Giappone con un rialzo del 18% dell’indice Nikkei 225.
ANCHE I MERCATI OBBLIGAZIONARI HANNO RISPOSTO BENE IN TUTTI I COMPARTI E AREE GEOGRAFICHE
Questo il bilancio dell’anno trascorso tracciato da Giordano Beani, Head of Multi-Asset Fund Solutions Italy Amundi SGR, nella sua newsletter settimanale. L’esperto della grande casa d’investimento sottolinea che alle performance stellari azionarie hanno risposto bene anche tutti i comparti obbligazionari, dai governativi “core” di Germania e Stati Uniti fino ai periferici della Zona Euro e alle obbligazioni corporate per tutti i meriti di credito, dagli “investment grade” agli “high yield”, per finire con le obbligazioni emergenti con performance che variano tra il +7% dei titoli investment grade dell’Eurozona ed il +18% dei titoli corporate statunitensi.
L’IMPATTO DECISIVO DEL MUTAMENTO DI ROTTA DELLE BANCHE CENTRALI
Performance estremamente positive che secondo Beani sono da ascrivere principalmente al mutato atteggiamento delle principali banche centrali, con in testa Fed e BCE, ma anche di pressoché tutte le banche centrali dei paesi emergenti, che da un atteggiamento restrittivo o neutrale nel 2018 hanno invertito tempestivamente la rotta nel 2019, con ribassi generalizzati dei tassi ufficiali e interventi di tipo non convenzionale, come ad esempio la ripresa dell’allentamento quantitativo da parte della Banca Centrale Europea preannunciato a luglio ed implementato a partire da novembre. Positive anche le principali materie prime, con l’oro a 18% ed il petrolio a +27%.
PER GLI INVESTITORI BASATI IN EURO È ANDATA ANCORA MEGLIO
L’esperto di Amundi mette in luce che per un investitore basato in euro le performance dei mercati sono state ulteriormente migliorate dal contributo delle divise internazionali, che si sono generalmente apprezzate in corso d’anno nei confronti dell’euro, dal dollaro Usa con un +3% circa, alla sterlina inglese, che grazie allo sprint finale dopo le elezioni del 12 dicembre si è apprezzata del 7%. Se il 2019 sotto tutti gli aspetti è stata proprio “un’ottima annata” per i mercati finanziari, cosa ci aspetta nel nuovo anno?
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NEL 2020 VOLATILITÀ DESTINATA A TORNARE COME MOSTRA LA PARTENZA DELL’ANNO
La risposta di Beani è che di sicuro ci aspetta un aumento della volatilità, come testimoniano le primissime sedute del 2020, con una partenza positiva subito tarpata dalla escalation militare nell’Area del Golfo. L’esperto di Amundi aggiunge che sarà fondamentale seguire l’evoluzione dei rapporti Cina-USA, con i mercati che cercheranno di capire se all’atteso accordo di prima fase potrà seguire una seconda fase, e in cosa possa consistere. E infine ma non certo da ultimo, a novembre si vota per la presidenza degli Stati Uniti.
GRADITA AI MERCATI UNA CONFERMA DI TRUMP, A MENO CHE NON SI INTERROMPA IL CICLO
Beani prevede che la volatilità non mancherà in relazione a come si svolgeranno le primarie democratiche durante l’anno, via via che si chiarirà chi sarà l’oppositore di Donald Trump in novembre: un candidato democratico considerato troppo “radicale” dai mercati non sarà gradito, mentre una riconferma di Trump, con tutte le sue “peculiarità” sarà comunque letto in modo positivo dai mercati, in particolare quello statunitense. Ma, avverte in conclusione l’esperto di Amundi, questo potrebbe non bastare se dovessero riaffiorare i timori, per ora sopiti, dell’avvicinarsi della fine del ciclo economico espansivo più lungo del secondo dopoguerra.