Candriam

Un’agenda condivisa contro il rischio di stagnazione in Europa

L’Eurozona, spiegano in Candriam, è in una situazione paradossale: le regole di bilancio impediscono di adoperare il surplus delle partite correnti per generare crescita

14 Gennaio 2020 19:00

financialounge -  Candriam Eurozona Florence Pisani stagnazione Ursula von der Leyen
L’economia dell’Eurozona è in frenata, il 2019 dovrebbe registrare un tasso di crescita di poco superiore all’1% e le previsioni per il 2020 e per il prossimo anno non vedono sostanziali miglioramenti, nonostante una politica monetaria ancora accomodante. C’è il rischio che l’Eurozona rimanga bloccata in un lungo periodo di stagnazione? “Se domani dovesse arrivare uno shock economico, l'Europa non saprebbe come muoversi e la Bce ha già fatto molto”, è l’opinione di Florence Pisani, global head of Economic research di Candriam.

POLITICA FISCALE E MONETARIA


I tassi d’interesse sono in territorio negativo e la politica monetaria sta avendo un impatto sempre minore sull'attività economica, osserva Pisani, mentre diventano sempre più evidenti alcuni effetti collaterali, come l’aumento dei prezzi dei settori immobiliare e finanziario e con esso il rischio di bolle speculative. L'altro pilastro della politica economica, ovvero la politica fiscale, non è praticamente più utilizzato per stimolare l'attività finanziaria, il patto di Bilancio europeo vieta agli Stati membri il cui debito supera il 60% del Pil di indebitarsi ulteriormente e i pochi Paesi che hanno ancora spazio di manovra esitano ad usarlo. La Germania, ad esempio, non vede alcuna emergenza e non crede che siano necessari stimoli fiscali.

EUROPA CONDANNATA ALLA STAGNAZIONE?


Se la banca centrale ha pochi strumenti per spingere l'attività economica, nel caso della politica fiscale i confini sono meno evidenti, osserva l’esperta di Candriam. In passato l'Europa è sempre stata in grado di trovare un suo spazio di manovra, e, al momento, la necessità è più urgente di quanto non sembri a prima vista per due motivi: un'economia stagnante è un'economia vulnerabile, ogni piccolo shock può facilmente spingerla verso la recessione, e fintanto che l'Europa non ritornerà sulla strada della crescita sostenibile, faticherà a riconquistare il sostegno dell’opinione pubblica. A tutto questo si aggiunge un grave deficit di investimento: dal 2000, le spese in conto capitale dell’Eurozona sono cresciute tre volte più lentamente rispetto agli Stati Uniti e gli investimenti pubblici al netto degli ammortamenti non sono minimamente aumentati.

IL GREEN DEAL DI URSULA VON DER LEYEN


La nuova Commissione europea ha quindi un peso considerevole sulle spalle e la sua presidente, Ursula von der Leyen, si è data 100 giorni di tempo per mettere in atto un green deal per rendere l'Europa entro il 2050 "il primo continente climate-neutral". A tal fine propone di trasformare una parte della Banca europea per gli investimenti in una Climate Bank e lanciare un piano di investimenti per l'Europa sostenibile volto a raccogliere 1.000 miliardi di euro nel corso del prossimo decennio.

Economia green, l’Unione europea introduce le istruzioni per l’uso


Economia green, l’Unione europea introduce le istruzioni per l’uso






UN PIANO MENO AMBIZIOSO DI QUANTO APPAIA


Un piano encomiabile, secondo Florence Pisani, ma che richiede l’approvazione da parte di tutti i governi dell'Unione Europea e ha obiettivi meno ambiziosi di quanto sembri. Il progetto, osserva Pisani, è tratto dal Piano Juncker, un programma istituito sulla scia della crisi del debito sovrano per rimettere in piedi l'economia europea, ma che negli ultimi cinque anni è stato finanziato per appena 26 miliardi e con soli 7,5 miliardi di euro di capitale: in pratica, meno di 0,1 punti percentuali di Pil dell’area euro all'anno.

LA NECESSITA’ DI UN’AGENDA DI CRESCITA CONDIVISA


“L’Eurozona si trova attualmente in una situazione paradossale: contrariamente ai luoghi comuni, non è affatto al di sopra dei propri mezzi”, osserva la capo economista di Candriam.  E’ sufficiente, spiega, dare un'occhiata al surplus delle partite correnti: nel complesso, famiglie, imprese e governi spendono circa quasi 400 miliardi di euro all'anno in meno di quanto guadagnano, ma le sue stesse regole impediscono all'area euro di impiegare quel denaro per generare ulteriore crescita. “In ultima analisi, spetta agli Stati membri assumersi le proprie responsabilità e investire in modo costruttivo per prepararsi al futuro”.

Trending