FAANG
Le nuove star come Tesla o i "vecchi" colossi? Per l'investitore scegliere è complicato
La distruzione creativa generata da rivoluzione digitale e sostenibilità avanza e l’investitore deve capire chi saranno i vincitori. Ma anche tener d’occhio le star in caduta, che potrebbero avere inattesi ritorni di fiamma
10 Febbraio 2020 09:38
Negli anni '60 del boom economico c’erano i Nifty Fifty, i '50 titoli di Wall Street da tenere per sempre perché garanzia di crescita, poi finiti decimati dal mercato Orso degli anni '70. Oggi ci sono i FAANG, con l’aggiunta di Microsoft, che sembrano aver preso il posto di minerari e petroliferi come posto sicuro dove posizionarsi nel lungo termine. Poi c’è Tesla, in giro se ne vedono ancora poche ma insidia a Toyota il primo posto per capitalizzazione dei produttori di auto del pianeta dopo aver sorpassato Volkswagen. E c’è anche Uber, che in Borsa vale più di Fca e Peugeot messe insieme dopo aver recuperato i livelli dell’Ipo di metà 2019 con un rally strepitoso da 25 a 40 dollari in poche settimane. Se si butta su Google quali azioni sono una scommessa sicura negli anni '20 appena iniziati vengono fuori i settori healthcare, digital, intelligenza artificiale, robotica. Fino a qualche anno fa Exxon Mobil era di gran lunga il titolo numero uno al mondo per capitalizzazione, oggi è fuori dai primi 10. Come HSBC, Walmart e BHP.
Siamo in piena distruzione creativa, esattamente come immaginata dall’economista austriaco Schumpeter all’inizio degli anni '40 del secolo scorso. Le forze nuove che stanno prendendo il posto dei vecchi dinosauri sono abbastanza ben definite. Ma molto più difficile per l’investitore è mettere a fuoco il singolo titolo su cui puntare, diciamo la nuova Google. Come scrisse qualche tempo fa il Wall Street Journal, i megatrend in atto – demografia, digitalizzazione, rivoluzione green, etc. – ti danno il codice postale dell’area su cui scommettere, ma non l’indirizzo preciso. Inoltre, anche i dinosauri che sono sul viale del tramonto potrebbero avere colpi di coda anche potenti, e rappresentare occasioni ghiotte da cavalcare in caso di rally anche importanti nell’ambito di un percorso storico in declino. Sicuramente i titoli energetici tradizionali dell’oil & gas fanno parte di questa categoria.
Un altro settore dato in declino secolare è quello della finanza tradizionale, il vecchio business bancario del 3-6-3, come lo chiamavano a Wall Street negli anni d’oro, vale a dire raccogliere denaro dai depositanti pagandolo il 3%, prestarlo a imprese e famiglie al 6% e arrivare puntuali alle 3 pm alla lezione di golf. Un business che non esiste più nell’era dei tassi zero e sottozero, minacciato soprattutto dall’avanzata del fintech nei sistemi di pagamento. Ma chi saprà avvantaggiarsene? Le new entry tecnologiche che si stanno moltiplicando in tutto il mondo oppure i dinosauri capaci di reinventarsi? Deutsche Bank solo qualche mese fa era data per spacciata dopo la mancata fusione con Commerz, ma da inizio anno ha messo a segno un rally del 35% e con il suo piano di ristrutturazione lacrime e sangue ha convinto il colosso californiano dell’investimento Capital Group a entrare nel capitale con il 3,1%.
La nuova frontiera della mobilità è fatta di auto elettrica, automazione e piattaforme globali per far muovere persone e cose. La direzione è chiara, e il codice postale indica chiaramente in quale quartiere abitano i campioni di domani. Ma gli indirizzi giusti con il numero civico esatto sono quelli di Tesla e Uber, oppure sono nomi e strade ancora sconosciuti? In questo nuovo scenario si aprono spazi interessanti non solo per l’investitore che guarda al lungo termine, ma anche al ‘contrarian’. Exxon che viaggia ai minimi da 10 anni sicuramente è nel solco di un trend di lungo periodo di uscita dai combustibili fossili, ma forse ha esagerato e magari ci sta un bel rally, sostenuto da una ripresa globale più forte del previsto o da fattori geopolitici.
Bisogna stare attenti anche ai falsi segnali di ritorno in auge dei dinosauri. Quando 5 anni fa General Electric uscì dalla finanza per tornare alle radici industriali la mossa fu salutata con grande favore dagli esperti, ma il verdetto espresso finora dal mercato e dagli investitori è stato una discesa da 25 dollari per azione ad area 10 dollari. E poi ci sono i fattori sociali che si possono mettere di traverso ai megatrend. La distruzione creativa non è lineare, il passaggio dal vecchio al nuovo mondo produttivo può essere solcato da sofferenze sul versante dell’occupazione e del mantenimento del tenore di vita, anche se il punto d’arrivo sarà migliore di quello di partenza.
Rivoluzione digitale, automazione, fintech, green saranno certamente i driver che l’investitore dovrà guardare sul lato dell’upside, mentre su quello del downside soprattutto per le economie, ma anche per il mercato azionario, le insidie si nascondono nelle possibili tensioni sociali, magari acuite dalla disuguaglianza crescente. Per una buona navigazione degli anni '20 probabilmente comprare un indice di Borsa non basta.
SAPPIAMO IL CODICE POSTALE DEI SETTORI GIUSTI MA NON L’INDIRIZZO ESATTO DEI TITOLI VINCENTI
Siamo in piena distruzione creativa, esattamente come immaginata dall’economista austriaco Schumpeter all’inizio degli anni '40 del secolo scorso. Le forze nuove che stanno prendendo il posto dei vecchi dinosauri sono abbastanza ben definite. Ma molto più difficile per l’investitore è mettere a fuoco il singolo titolo su cui puntare, diciamo la nuova Google. Come scrisse qualche tempo fa il Wall Street Journal, i megatrend in atto – demografia, digitalizzazione, rivoluzione green, etc. – ti danno il codice postale dell’area su cui scommettere, ma non l’indirizzo preciso. Inoltre, anche i dinosauri che sono sul viale del tramonto potrebbero avere colpi di coda anche potenti, e rappresentare occasioni ghiotte da cavalcare in caso di rally anche importanti nell’ambito di un percorso storico in declino. Sicuramente i titoli energetici tradizionali dell’oil & gas fanno parte di questa categoria.
NON È CHIARO SE VINCERANNO LE NEW ENTRY O I DINOSAURI CAPACI DI REINVENTARSI
Un altro settore dato in declino secolare è quello della finanza tradizionale, il vecchio business bancario del 3-6-3, come lo chiamavano a Wall Street negli anni d’oro, vale a dire raccogliere denaro dai depositanti pagandolo il 3%, prestarlo a imprese e famiglie al 6% e arrivare puntuali alle 3 pm alla lezione di golf. Un business che non esiste più nell’era dei tassi zero e sottozero, minacciato soprattutto dall’avanzata del fintech nei sistemi di pagamento. Ma chi saprà avvantaggiarsene? Le new entry tecnologiche che si stanno moltiplicando in tutto il mondo oppure i dinosauri capaci di reinventarsi? Deutsche Bank solo qualche mese fa era data per spacciata dopo la mancata fusione con Commerz, ma da inizio anno ha messo a segno un rally del 35% e con il suo piano di ristrutturazione lacrime e sangue ha convinto il colosso californiano dell’investimento Capital Group a entrare nel capitale con il 3,1%.
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SPAZI INTERESSANTI ANCHE PER L’INVESTITORE CONTRARIAN, COME NELL’ENERGIA
La nuova frontiera della mobilità è fatta di auto elettrica, automazione e piattaforme globali per far muovere persone e cose. La direzione è chiara, e il codice postale indica chiaramente in quale quartiere abitano i campioni di domani. Ma gli indirizzi giusti con il numero civico esatto sono quelli di Tesla e Uber, oppure sono nomi e strade ancora sconosciuti? In questo nuovo scenario si aprono spazi interessanti non solo per l’investitore che guarda al lungo termine, ma anche al ‘contrarian’. Exxon che viaggia ai minimi da 10 anni sicuramente è nel solco di un trend di lungo periodo di uscita dai combustibili fossili, ma forse ha esagerato e magari ci sta un bel rally, sostenuto da una ripresa globale più forte del previsto o da fattori geopolitici.
UN PERCORSO NON LINEARE, CON POSSIBILI TENSIONI SOCIALI E POLITICHE
Bisogna stare attenti anche ai falsi segnali di ritorno in auge dei dinosauri. Quando 5 anni fa General Electric uscì dalla finanza per tornare alle radici industriali la mossa fu salutata con grande favore dagli esperti, ma il verdetto espresso finora dal mercato e dagli investitori è stato una discesa da 25 dollari per azione ad area 10 dollari. E poi ci sono i fattori sociali che si possono mettere di traverso ai megatrend. La distruzione creativa non è lineare, il passaggio dal vecchio al nuovo mondo produttivo può essere solcato da sofferenze sul versante dell’occupazione e del mantenimento del tenore di vita, anche se il punto d’arrivo sarà migliore di quello di partenza.
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BOTTOM LINE
Rivoluzione digitale, automazione, fintech, green saranno certamente i driver che l’investitore dovrà guardare sul lato dell’upside, mentre su quello del downside soprattutto per le economie, ma anche per il mercato azionario, le insidie si nascondono nelle possibili tensioni sociali, magari acuite dalla disuguaglianza crescente. Per una buona navigazione degli anni '20 probabilmente comprare un indice di Borsa non basta.
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