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“Il rame uccide il coronavirus”, ora tornerà in uso nell’edilizia?
Secondo alcuni studi il rame è in grado di neutralizzare la capacità infettiva del coronavirus meglio di altri materiali. E nei prossimi mesi potrebbe tornare ad essere utilizzato nell’edilizia sanitaria e civile
17 Marzo 2020 10:05
Il materiale più inospitale per il coronavirus? Il rame. A dimostrarlo è una ricerca americana riportata dai virologi Roberto Burioni e Nicasio Mancini sul sito MedicalFacts. Ebbene, secondo le analisi condotte in un laboratorio che riproduce la temperatura delle nostre case (21-23 gradi con umidità del 40%) in meno di due ore la capacità infettiva del coronavirus depositato sul rame viene dimezzata e completamente azzerata dopo 4 ore.
Lo studio ha preso in esame quattro superfici. Oltre al rame, anche il cartone, l’acciaio inossidabile e la plastica. Dopo il rame, il coronavirus ha mostrato di trovarsi molto male anche sul cartone, con dimezzamento della capacità infettiva in 5 ore e azzeramento in 24 ore. Sull’acciaio inossidabile, invece, servono oltre 6 ore per dimezzare la carica infettiva e ben 48 ore per l’azzeramento. All’ultimo posto, tra i materiali anti-coronavirus testati, c’è la plastica: oltre 7 ore per il dimezzamento e 72 ore (3 giorni) per l’azzeramento.
Premesso che indipendentemente dalle superfici la regola più importante rimane quella di lavarsi le mani bene e spesso, i risultati del test sul rame sono molto interessanti soprattutto in ottica futura. Forse è il caso di recuperare il rame come materiale di costruzione e arredamento interni? Vale la pena farlo almeno negli ospedali?
Il magazine americano Fast Company dedica un lungo approfondimento proprio sulle qualità antibatteriche del rame, note già agli antichi egizi e tuttora apprezzate in India, dove da millenni si beve in bicchieri di rame. “Abbiamo visto virus esplodere” ha detto a Fast Company Bill Keevil, docente di salute ambientale dell’Università di Southampton con riferimento a virus influenzali e batteri.
Oggi, per motivi estetici ma soprattutto economici, il rame – così come l’ottone, una lega di rame e zinco – è stato quasi completamente escluso dagli arredi interni e viene utilizzato quasi esclusivamente per produrre cavi elettrici. Un peccato, visto che già uno studio del 1983 – come riportato da Fast Company – aveva dimostrato che il rame era molto più efficace dell’acciaio inossidabile nel contrastare i batteri.
Un altro studio del 2015 avrebbe dimostrato che il rame può fare altrettanto anche contro il coronavirus 229E, un precursore del Covid-19 che sta mettendo in crisi quasi l’intero pianeta. Lo stesso professor Keevil spiega questo fenomeno come una specie di “esecuzione” subita dal virus che tocca la piastra di rame: le cellule vengono penetrate dagli ioni e i patogeni vengono distrutti senza avere alcuna possibilità di riproduzione.
Sarebbe forse ora di recuperare il rame come materiale di costruzione almeno per gli ospedali? La risposta è affermativa, visti anche i costi che le strutture ospedaliere affrontano per combattere le infezioni iatrogene, ovvero quelle trasmesse all’interno degli ospedali.
DOPO IL RAME, BENE ANCHE IL CARTONE
Lo studio ha preso in esame quattro superfici. Oltre al rame, anche il cartone, l’acciaio inossidabile e la plastica. Dopo il rame, il coronavirus ha mostrato di trovarsi molto male anche sul cartone, con dimezzamento della capacità infettiva in 5 ore e azzeramento in 24 ore. Sull’acciaio inossidabile, invece, servono oltre 6 ore per dimezzare la carica infettiva e ben 48 ore per l’azzeramento. All’ultimo posto, tra i materiali anti-coronavirus testati, c’è la plastica: oltre 7 ore per il dimezzamento e 72 ore (3 giorni) per l’azzeramento.
SEMPRE MEGLIO LAVARSI LE MANI
Premesso che indipendentemente dalle superfici la regola più importante rimane quella di lavarsi le mani bene e spesso, i risultati del test sul rame sono molto interessanti soprattutto in ottica futura. Forse è il caso di recuperare il rame come materiale di costruzione e arredamento interni? Vale la pena farlo almeno negli ospedali?
QUALITÀ NOTE DA MILLENNI
Il magazine americano Fast Company dedica un lungo approfondimento proprio sulle qualità antibatteriche del rame, note già agli antichi egizi e tuttora apprezzate in India, dove da millenni si beve in bicchieri di rame. “Abbiamo visto virus esplodere” ha detto a Fast Company Bill Keevil, docente di salute ambientale dell’Università di Southampton con riferimento a virus influenzali e batteri.
COSTI TROPPO ELEVATI
Oggi, per motivi estetici ma soprattutto economici, il rame – così come l’ottone, una lega di rame e zinco – è stato quasi completamente escluso dagli arredi interni e viene utilizzato quasi esclusivamente per produrre cavi elettrici. Un peccato, visto che già uno studio del 1983 – come riportato da Fast Company – aveva dimostrato che il rame era molto più efficace dell’acciaio inossidabile nel contrastare i batteri.
Coronavirus, oggi in America al via il test sull’uomo del vaccino creato da Moderna
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EFFICACE CONTRO IL CORONAVIRUS
Un altro studio del 2015 avrebbe dimostrato che il rame può fare altrettanto anche contro il coronavirus 229E, un precursore del Covid-19 che sta mettendo in crisi quasi l’intero pianeta. Lo stesso professor Keevil spiega questo fenomeno come una specie di “esecuzione” subita dal virus che tocca la piastra di rame: le cellule vengono penetrate dagli ioni e i patogeni vengono distrutti senza avere alcuna possibilità di riproduzione.
TORNARE A USARE IL RAME
Sarebbe forse ora di recuperare il rame come materiale di costruzione almeno per gli ospedali? La risposta è affermativa, visti anche i costi che le strutture ospedaliere affrontano per combattere le infezioni iatrogene, ovvero quelle trasmesse all’interno degli ospedali.
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