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“Recessione in vista? Ecco perché le banche ce la faranno”
Secondo Sebastian Angerer e Ivor Schucking (Western Asset, affiliata Legg Mason) dopo la crisi finanziaria le banche hanno ridotto i rischi e rafforzato i loro bilanci e ora sono pronte a reggere l’urto di una recessione
26 Marzo 2020 15:38
La rapida e profonda correzione dei mercati azionari dell’ultimo mese a seguito della paura di una recessione globale causata dall’epidemia di coronavirus non ha risparmiato le banche. Gli investitori, memori delle dolorose lezioni del passato e dei ricordi della grande crisi finanziaria del 2008-2009 hanno preferito disfarsi delle azioni delle banche che hanno accusato perdite in Borsa di oltre il 40%, sia negli Stati Uniti che in Europa.
“A differenza del 2008, ci aspettiamo però che le autorità ricorreranno al sistema bancario come strumento a supporto dell’economia. Le banche sono posizionate diversamente oggi: hanno adottato modelli di business meno rischiosi e rinforzato i bilanci (aumentando capitale, liquidità e qualità degli asset). Inoltre le politiche dei governi vedono ora gli istituti di credito come uno strumento di supporto all’economia”, fanno sapere Sebastian Angerer e Ivor Schucking, Research Analyst di Western Asset, affiliata Legg Mason.
Il loro riferimento è alle regole più stringenti che Basilea III ha introdotto dopo la crisi finanziaria, che hanno indirizzato le banche su un percorso di riduzione del rischio e rafforzamento dei loro bilanci: un cammino virtuoso che consente oggi di disporre di un coefficiente di capitale molto più solido rispetto a quello del 2007(vedi grafico sotto)
[caption id="attachment_155618" align="alignnone" width="595"] Coefficiente di capitale Tier 1 (Fonte: BNP Paribas. Al 28 febbraio 2019)[/caption]
“Il business model frutto della profonda revisione della regolamentazione risulta molto meno rischioso e più favorevole agli obbligazionisti, dal momento che incoraggia una crescita più controllata, una gestione del capitale più prudente, requisiti di sottoscrizione più rigorosi, e un numero minore di acquisizioni”, spiegano Angerer e Schucking. I quali, pur ammettendo che una recessione profonda e prolungata o una nuova crisi finanziaria globale risulterebbero piuttosto dure, ritengono le banche in condizione di sopportare l’onda d’urto grazie alle best practice regolamentari globali e agli stress test dell’ultimo decennio.
Western Asset, al momento, mantengono un’esposizione alle banche globali di alta qualità. Un posizionamento frutto di un processo molto selettivo e prudente per identificare gli investimenti bancari più interessanti. Sono quattro i criteri chiave adottati. “In primo luogo privilegiamo gli istituti più solidi in paesi a basso rischio e con sistemi bancari sani. In secondo luogo siamo consapevoli che i risultati di un sistema bancario sono strettamente correlati alla crescita economica, alla qualità della regolamentazione e della struttura di mercato, e agli standard di vita. Sappiamo inoltre che il fallimento di un istituto di credito scaturisce di solito a seguito di una crescita eccessiva del bilancio dovuta ai prestiti, ad acquisizioni o all’espandersi in nuove aree o segmenti. Infine, non meno importante, abbiamo constatato che molte delle grandi acquisizioni bancarie non hanno rispettato le attese di investitori, regolatori e agenzie di rating”, concludono i due esperti.
LE BANCHE COME STRUMENTO A SUPPORTO DELL’ECONOMIA
“A differenza del 2008, ci aspettiamo però che le autorità ricorreranno al sistema bancario come strumento a supporto dell’economia. Le banche sono posizionate diversamente oggi: hanno adottato modelli di business meno rischiosi e rinforzato i bilanci (aumentando capitale, liquidità e qualità degli asset). Inoltre le politiche dei governi vedono ora gli istituti di credito come uno strumento di supporto all’economia”, fanno sapere Sebastian Angerer e Ivor Schucking, Research Analyst di Western Asset, affiliata Legg Mason.
COEFFICIENTE DI CAPITALE MOLTO PIU’ SOLIDO RISPETTO AL 2007
Il loro riferimento è alle regole più stringenti che Basilea III ha introdotto dopo la crisi finanziaria, che hanno indirizzato le banche su un percorso di riduzione del rischio e rafforzamento dei loro bilanci: un cammino virtuoso che consente oggi di disporre di un coefficiente di capitale molto più solido rispetto a quello del 2007(vedi grafico sotto)
[caption id="attachment_155618" align="alignnone" width="595"] Coefficiente di capitale Tier 1 (Fonte: BNP Paribas. Al 28 febbraio 2019)[/caption]
UN BUSINESS MODEL MOLTO MENO RISCHIOSO
“Il business model frutto della profonda revisione della regolamentazione risulta molto meno rischioso e più favorevole agli obbligazionisti, dal momento che incoraggia una crescita più controllata, una gestione del capitale più prudente, requisiti di sottoscrizione più rigorosi, e un numero minore di acquisizioni”, spiegano Angerer e Schucking. I quali, pur ammettendo che una recessione profonda e prolungata o una nuova crisi finanziaria globale risulterebbero piuttosto dure, ritengono le banche in condizione di sopportare l’onda d’urto grazie alle best practice regolamentari globali e agli stress test dell’ultimo decennio.
Il doppio shock coronavirus-petrolio ha spento sul nascere l'accelerazione Usa
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POSIZIONATI SULLE BANCHE GLOBALI DI ALTA QUALITÀ
Western Asset, al momento, mantengono un’esposizione alle banche globali di alta qualità. Un posizionamento frutto di un processo molto selettivo e prudente per identificare gli investimenti bancari più interessanti. Sono quattro i criteri chiave adottati. “In primo luogo privilegiamo gli istituti più solidi in paesi a basso rischio e con sistemi bancari sani. In secondo luogo siamo consapevoli che i risultati di un sistema bancario sono strettamente correlati alla crescita economica, alla qualità della regolamentazione e della struttura di mercato, e agli standard di vita. Sappiamo inoltre che il fallimento di un istituto di credito scaturisce di solito a seguito di una crescita eccessiva del bilancio dovuta ai prestiti, ad acquisizioni o all’espandersi in nuove aree o segmenti. Infine, non meno importante, abbiamo constatato che molte delle grandi acquisizioni bancarie non hanno rispettato le attese di investitori, regolatori e agenzie di rating”, concludono i due esperti.
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