coronavirus

La rapida uscita dalla crisi è tutta nelle mani dei governi

Goldman Sachs Asset Management (GSAM) avverte che se il grosso dello sforzo per far ripartire le economie dopo la crisi legata al Coronavirus viene lasciato a imprese e famiglie, la recessione sarà più lunga e profonda

2 Aprile 2020 11:30

financialounge -  coronavirus Goldman Sachs Asset Management Morning News ripresa T-bond
La pandemia del coronavirus sta creando un violento shock economico con pesante impatto su produzione e occupazione. Gli investitori si interrogano sulla profondità e sulla durata dell’ormai inevitabile recessione per valutare il posizionamento sui mercati, che finora hanno reagito con una fortissima volatilità, in particolare sull’azionario. Gurpreet Gill del team Global Fixed Income di Goldman Sachs Asset Management (GSAM) ne ha discusso con gli economisti Alex Stiles, Prakriti Sofat e Jonathan Buss. L’indicazione emersa dal dibattito è che molto dipenderà da come verrà distribuito lo sforzo tra settore privato e pubblico.

SE IL GROSSO DELLO SFORZO SARÀ SOSTENUTO DA STATI E GOVERNI, LA RIPRESA POTRÀ ESSERE RAPIDA


Dalla distribuzione del peso di questo sforzo dipenderà la velocità e la potenza della ripresa. Se sarà il settore privato a dover sostenere la porzione più ampia dei costi, la ripresa sarà lenta, con possibili esiti deflazionistici e la prospettiva che i tassi di interesse restino a livelli molto bassi ancora più a lungo. Ma se il grosso del peso sarà a carico dei governi, allora la ripresa potrà essere più rapida, l’inflazione potrà riprendersi e le banche centrali saranno in grado di abbandonare più rapidamente le politiche non convenzionali.

UNA RECESSIONE IN LINEA CON CRISI DEL PASSATO


Ovviamente l’esito non sarà indifferente per i mercati. Oggi i prezzi delle asset class rispecchiano attese di una recessione peggiore della media, anche se i rendimenti dei T-Bond si sono mossi sostanzialmente in linea con le recessioni passate, con movimenti più pronunciati sugli spread degli altri strumenti a reddito fisso. La reazione del dollaro, che di solito attira capitali in caso di recessione, è stata invece relativamente modesta. Ovviamente il primo indicatore che i mercati, soprattutto azionari, monitorano attentamente sono i segnali di stabilizzazione del contagio e il concretizzarsi degli effetti positivi dell’allentamento monetario.

LE ATTESE PUNTANO PIU’ IN DIREZIONE DI UNA CONFIGURAZIONE A “V” O “U” CHE A “L”


Per ora comunque restano molte incertezze sulle prospettive del dopo crisi e della ripresa, anche se le previsioni puntano più a una configurazione a “V” o a “U” della contrazione economica, piuttosto che una forma a “L”, vale a dire una caduta seguita da un lungo periodo di stagnazione. Molto dipende ovviamente dalla parabola del contagio, ma questo non rientra nelle capacità predittive degli economisti, che possono solo limitarsi a un monitoraggio attento e costante dei dati che arrivano dalle aree più colpite, Europa e Stati Uniti. Volendo fare confronti con shock precedenti, quelli più scontati sono con la SARS del 2003 e la MERS del 2015, ma anche tensioni sociali e disastri naturali possono rappresentare parametri di riferimento.

Il mercato obbligazionario alla sfida della liquidità


Il mercato obbligazionario alla sfida della liquidità





MERCATO DEL LAVORO E COMPORTAMENTO DEI CONSUMATORI SONO GLI INDICATORI PIÙ IMPORTANTI


A livello macro, invece, l’indicatore più importante da tenere sotto osservazione è il mercato del lavoro. Finora abbiamo assistito in USA a un record settimanale di richieste di sussidi di disoccupazione, quindi a un movimento al ribasso repentino che potrebbe suggerire una breve durata, mentre ad esempio nella crisi del 2008 il deterioramento del mercato del lavoro fu più lento, ma molto più lungo. Altro indicatore fondamentale sono i consumi delle famiglie, sia quelli di prima necessità ma soprattutto quelli discrezionali.

LA CRISI PUÒ FAR PARTIRE UNA SPINTA POSITIVA MA ANCHE RAFFORZARE TREND NEGATIVI


La discussione del team Global Fixed Income di GSAM si chiude con una riflessione che va al di là delle attese su mercati ed economie e suona quasi come un monito: le crisi possono unire o dividere popoli e paesi, nel nostro caso ad esempio facendo fare progressi nel percorso per costituire un’Unione fiscale europea, oppure dare nuovo impulso ai trend della de-globalizzazione e del nazionalismo.

Trending