Columbia Threadneedle Investments
Economia e coronavirus, come adattarsi alle conseguenze a lungo termine
Tra i nodi da sciogliere per Paul Doyle (Columbia Threadneedle Investments) il trasferimento della produzione nei paesi a basso costo, che sembra sia stato eccessivo, e gli effetti stabilizzanti della globalizzazione sull’inflazione
21 Maggio 2020 18:00
Ci troviamo di fronte a una recessione innescata da un evento specifico e non sistemico. Il rischio è che, nel momento in cui l’emergenza sanitaria rientrerà, si possa precipitare in un pericoloso circolo vizioso. La crescita economica che si è prolungata per 11 anni è stata trainata dalla creazione e dalla disponibilità di posti di lavoro che, a catena, hanno alimentato i consumi, soprattutto negli Stati Uniti, dove però le stime proiettano il tasso di disoccupazione ben al di sopra del 4,4% registrato a marzo.
“L'impatto sui consumi potrebbe non rivelarsi drammatico, alla luce delle misure di sostegno alle famiglie implementate del governo” fa sapere Paul Doyle, Responsabile azionario per l'Europa (Regno Unito escluso) di Columbia Threadneedle Investments, secondo il quale tutto ruota intorno agli sviluppi sul fronte medico: nel momento in cui la diffusione del virus rallenterà o verrà arrestata, sarà possibile allentare le misure di restrizione, consentendo un certo ritorno alla normalità economica. “Un processo che però richiede una certa rapidità, al fine di scongiurare che la contrazione si trasformi in una recessione che si autoalimenta. La faccenda si complica in quanto una revoca precoce dei lockdown rischia di tradursi in un nuovo aumento dei contagi” puntualizza l’esperto.
Nella sua analisi Doyle ammette che le risposte monetarie e fiscali sono state rapide ma evidenzia anche la minaccia dell’aumento dei debiti statali. La Fed ha fatto più in tre settimane di quanto non abbia fatto durante tutta la crisi finanziaria globale. La BCE , dal canto suo, è impegnata con un pacchetto di stimoli pari al 2,3% del PIL dell'eurozona, a cui si aggiungono garanzie del credito pari a un ulteriore 13% del PIL. “In parallelo i disavanzi pubblici nell'eurozona raggiungeranno il 10-13% del PIL: tenendo conto anche del calo della produzione e delle entrate fiscali i rapporti debito/PIL saliranno tra i 20 e i 40 punti percentuali. Una situazione complessa per l’Italia, dal momento che il suo rapporto debito/PIL salirebbe al 170% o anche oltre” specifica Doyle.
Più in generale, l’ipotesi al momento può probabile per l’esperto è una ripresa dell'attività economica a forma di U, ma non prima della fine del 2020, come minimo. Tuttavia, nel caso in cui si materializzasse una paralisi più prolungata dell'attività economica, la contrazione dell’economia potrebbe protrarsi fino al 2022. La recessione è quindi certa, con numerose conseguenze a lungo termine.
“Le interruzioni delle catene di produzione a seguito del lockdown in Cina rafforzano la tesi secondo cui il trasferimento della produzione nei paesi a basso costo è stato eccessivo. Basti pensare, per fare un esempio, che la Cina produce l'80% degli antibiotici statunitensi: chiunque sia il prossimo presidente degli Stati Uniti, vi sarà una forte pressione politica e sociale a favore dell'inversione della delocalizzazione” precisa Doyle. In Europa, invece, mentre la libera circolazione delle persone è stata di fatto smantellata con questa pandemia, sono state completamente ignorate le regole del Trattato di Maastricht sul rigore fiscale. E che dire dell’inflazione, tenuta sotto controllo negli ultimi anni dalla globalizzazione? “Un contesto sfidante all’interno del quale possiamo comunque contare su un approccio proprietario incentrato su modelli operativi di alta qualità con rendimenti elevati e sostenibili anche nei contesti difficili” conclude Doyle.
EVITARE CHE LA RECESSIONE SI AUTOALIMENTI
“L'impatto sui consumi potrebbe non rivelarsi drammatico, alla luce delle misure di sostegno alle famiglie implementate del governo” fa sapere Paul Doyle, Responsabile azionario per l'Europa (Regno Unito escluso) di Columbia Threadneedle Investments, secondo il quale tutto ruota intorno agli sviluppi sul fronte medico: nel momento in cui la diffusione del virus rallenterà o verrà arrestata, sarà possibile allentare le misure di restrizione, consentendo un certo ritorno alla normalità economica. “Un processo che però richiede una certa rapidità, al fine di scongiurare che la contrazione si trasformi in una recessione che si autoalimenta. La faccenda si complica in quanto una revoca precoce dei lockdown rischia di tradursi in un nuovo aumento dei contagi” puntualizza l’esperto.
LE RISPOSTE MONETARIE E FISCALI SONO STATE RAPIDE
Nella sua analisi Doyle ammette che le risposte monetarie e fiscali sono state rapide ma evidenzia anche la minaccia dell’aumento dei debiti statali. La Fed ha fatto più in tre settimane di quanto non abbia fatto durante tutta la crisi finanziaria globale. La BCE , dal canto suo, è impegnata con un pacchetto di stimoli pari al 2,3% del PIL dell'eurozona, a cui si aggiungono garanzie del credito pari a un ulteriore 13% del PIL. “In parallelo i disavanzi pubblici nell'eurozona raggiungeranno il 10-13% del PIL: tenendo conto anche del calo della produzione e delle entrate fiscali i rapporti debito/PIL saliranno tra i 20 e i 40 punti percentuali. Una situazione complessa per l’Italia, dal momento che il suo rapporto debito/PIL salirebbe al 170% o anche oltre” specifica Doyle.
PROBABILE UNA RIPRESA A ‘U’
Più in generale, l’ipotesi al momento può probabile per l’esperto è una ripresa dell'attività economica a forma di U, ma non prima della fine del 2020, come minimo. Tuttavia, nel caso in cui si materializzasse una paralisi più prolungata dell'attività economica, la contrazione dell’economia potrebbe protrarsi fino al 2022. La recessione è quindi certa, con numerose conseguenze a lungo termine.
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NUMEROSE CONSEGUENZE A LUNGO TERMINE
“Le interruzioni delle catene di produzione a seguito del lockdown in Cina rafforzano la tesi secondo cui il trasferimento della produzione nei paesi a basso costo è stato eccessivo. Basti pensare, per fare un esempio, che la Cina produce l'80% degli antibiotici statunitensi: chiunque sia il prossimo presidente degli Stati Uniti, vi sarà una forte pressione politica e sociale a favore dell'inversione della delocalizzazione” precisa Doyle. In Europa, invece, mentre la libera circolazione delle persone è stata di fatto smantellata con questa pandemia, sono state completamente ignorate le regole del Trattato di Maastricht sul rigore fiscale. E che dire dell’inflazione, tenuta sotto controllo negli ultimi anni dalla globalizzazione? “Un contesto sfidante all’interno del quale possiamo comunque contare su un approccio proprietario incentrato su modelli operativi di alta qualità con rendimenti elevati e sostenibili anche nei contesti difficili” conclude Doyle.