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Con la fase 2 della pandemia tra Cina e Usa è ancora guerra fredda
Secondo Paolo Mauri Brusa di Gam le tensioni tra Pechino e Washington sono tornate d’attualità, consigliando un atteggiamento prudente a chi investe in azionario cinese
29 Maggio 2020 15:05
Mentre in Cina prosegue la ripresa post coronavirus, le tensioni tra Pechino e Washington stanno tornando alla ribalta, sullo sfondo di una nuova guerra commerciale e tecnologica, spiega una nota a cura di Paolo Mauri Brusa, gestore del team Multi Asset Italia di Gam (Italia) Sgr.
In Cina è ormai passato più di un mese dall’ultimo caso ufficiale di decesso per coronavirus e “questa settimana le autorità hanno dichiarato che, per la prima volta da quando è iniziato il monitoraggio ufficiale a gennaio, non sono state registrate nuove infezioni”, osserva Mauri Brusa. Le attività produttive sono riprese in tutto il Paese, la vita sta tornando alla normalità e segnali di ripresa si possono scorgere in tutti i segmenti dell’economia, dalle imprese produttive, ai consumi privati, al mercato immobiliare.
“Con l’allentamento progressivo dei lockdown a livello globale, le imprese cinesi dovrebbero trovarsi in una posizione di vantaggio rispetto ai concorrenti europei e americani in quanto già operative e pronte a soddisfare l’incremento di domanda”, spiega il gestore. In questi giorni però, sono tornate di attualità le tensioni fra Pechino e Washington, prima con le accuse sulla provenienza del virus, creato in laboratorio secondo l’amministrazione americana, poi con le proteste contro l’introduzione di una legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong che ne minerebbe l’autonomia.
Secondo Mauri Brusa “le recenti mosse della Casa Bianca gettano le basi per un attacco potenzialmente più ampio all’economia cinese che vada oltre il semplice commercio. L’amministrazione Trump ha recentemente bloccato il previsto investimento in azioni cinesi da parte del Fondo Pensione Federale (Tsp). Oltre a questo continuano le contromosse per contenere l’espansione cinese nel 5G”. Pechino non è stata certo a guardare: la Cina, ricorda l’esperto di Gam, “ha prontamente risposto con un progetto d’investimenti da 1400 miliardi di dollari con l’intento di rendersi a sua volta sempre più indipendente dalla tecnologia americana”.
Tutte queste tensioni hanno condizionato il listino cinese che “nell’ultima settimana è sceso in misura marginale, ma in controtendenza rispetto al resto del mercato”, nota Mauri Brusa, secondo cui “i prezzi sicuramente incorporano ancora le conseguenze dell’epidemia e della precedente tornata di conflitti commerciali. Le valutazioni dal punto di vista fondamentale restano interessanti e sono a sconto rispetto agli altri listini globali, ma al momento consigliamo prudenza”.
Secondo il gestore “Trump vuole mostrare risolutezza nei rapporti con la Cina per risollevare la sua popolarità in vista delle imminenti elezioni, evitando comunque strappi eccessivi al fine di non compromettere la ripresa dell’economia e dei mercati finanziari”. In ogni caso, nell’ottica di un’eventuale escalation l’oro rimane uno strumento di protezione di portafoglio. “Non solo perché genericamente utile in caso di rischi geopolitici, ma anche perché la paventata vendita di Treasury da parte della Cina potrebbe aprire le porte ad acquisti maggiori del metallo prezioso e spingerebbe la Fed a politiche ancora più estreme”, conclude Mauri Brusa.
LA CINA RIPRENDE LE ATTIVITÀ
In Cina è ormai passato più di un mese dall’ultimo caso ufficiale di decesso per coronavirus e “questa settimana le autorità hanno dichiarato che, per la prima volta da quando è iniziato il monitoraggio ufficiale a gennaio, non sono state registrate nuove infezioni”, osserva Mauri Brusa. Le attività produttive sono riprese in tutto il Paese, la vita sta tornando alla normalità e segnali di ripresa si possono scorgere in tutti i segmenti dell’economia, dalle imprese produttive, ai consumi privati, al mercato immobiliare.
TENSIONI TORNATE ALLA RIBALTA
“Con l’allentamento progressivo dei lockdown a livello globale, le imprese cinesi dovrebbero trovarsi in una posizione di vantaggio rispetto ai concorrenti europei e americani in quanto già operative e pronte a soddisfare l’incremento di domanda”, spiega il gestore. In questi giorni però, sono tornate di attualità le tensioni fra Pechino e Washington, prima con le accuse sulla provenienza del virus, creato in laboratorio secondo l’amministrazione americana, poi con le proteste contro l’introduzione di una legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong che ne minerebbe l’autonomia.
BOTTA E RISPOSTA
Secondo Mauri Brusa “le recenti mosse della Casa Bianca gettano le basi per un attacco potenzialmente più ampio all’economia cinese che vada oltre il semplice commercio. L’amministrazione Trump ha recentemente bloccato il previsto investimento in azioni cinesi da parte del Fondo Pensione Federale (Tsp). Oltre a questo continuano le contromosse per contenere l’espansione cinese nel 5G”. Pechino non è stata certo a guardare: la Cina, ricorda l’esperto di Gam, “ha prontamente risposto con un progetto d’investimenti da 1400 miliardi di dollari con l’intento di rendersi a sua volta sempre più indipendente dalla tecnologia americana”.
IL CONSIGLIO È RESTARE PRUDENTI
Tutte queste tensioni hanno condizionato il listino cinese che “nell’ultima settimana è sceso in misura marginale, ma in controtendenza rispetto al resto del mercato”, nota Mauri Brusa, secondo cui “i prezzi sicuramente incorporano ancora le conseguenze dell’epidemia e della precedente tornata di conflitti commerciali. Le valutazioni dal punto di vista fondamentale restano interessanti e sono a sconto rispetto agli altri listini globali, ma al momento consigliamo prudenza”.
Il coronavirus, uno tsunami (in tre fasi) per l’economia e i mercati
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L’ORO RESTA UNO STRUMENTO DI PROTEZIONE
Secondo il gestore “Trump vuole mostrare risolutezza nei rapporti con la Cina per risollevare la sua popolarità in vista delle imminenti elezioni, evitando comunque strappi eccessivi al fine di non compromettere la ripresa dell’economia e dei mercati finanziari”. In ogni caso, nell’ottica di un’eventuale escalation l’oro rimane uno strumento di protezione di portafoglio. “Non solo perché genericamente utile in caso di rischi geopolitici, ma anche perché la paventata vendita di Treasury da parte della Cina potrebbe aprire le porte ad acquisti maggiori del metallo prezioso e spingerebbe la Fed a politiche ancora più estreme”, conclude Mauri Brusa.