coronavirus
Lusso, nel post pandemia vince chi è più sostenibile
Secondo Swetha Ramachandran di GAM l’emergenza sanitaria ha fatto sì che gli investitori guardino con sempre maggiore attenzione al rapporto tra i fattori Esg e la creazione di valore per gli azionisti
10 Giugno 2020 11:00
Nel nuovo mondo post pandemia la sfida per i marchi del lusso si chiama sostenibilità. Come spiega una nota a cura di Swetha Ramachandran, investment manager del fondo GAM Global Luxury Brands, “la fiducia dei consumatori e la reputazione di questi marchi dipendono dalla percezione che saranno in grado di trasmettere in questa fase, ovvero se il loro comportamento nei confronti di dipendenti, fornitori e della società civile in generale verrà considerato corretto”.
Per questo motivo, osserva Ramachandran, “i marchi del lusso devono riformulare la loro value proposition nella nuova realtà che emergerà dall’epidemia, poiché gli investitori sono sempre più attenti al rapporto a lungo termine tra i fattori Esg (ambientale, sociale e di governance) e la creazione di valore per gli azionisti”. Se ultimamente i riflettori si erano accesi sull’impronta ambientale del settore della moda, e sugli interrogativi per la governance delle imprese a controllo familiare, la responsabilità sociale dei marchi di lusso era stata finora messa in secondo piano. “In un sol colpo, la pandemia ha stravolto l’ordine tradizionale e ha portato in primo piano l’elemento sociale dei fattori Esg”, spiega l’esperta.
Nel caso dei marchi del lusso, i consumatori non acquistano i prodotti soltanto per la loro funzione ma poiché sentono di condividere valori e aspirazioni con il marchio: e i millennial e la generazione Z prediligono sempre più i marchi con uno scopo sociale. “La pandemia sta accelerando le tendenze già esistenti e i sondaggi più recenti mostrano che i consumatori si aspettano che i marchi facciano la loro parte durante la crisi”, sottolinea Ramachandran.
E nonostante il settore del lusso sia stato tra i più colpiti nel periodo della crisi, gli esempi positivi non mancano. Come i grandi gruppi francesi del lusso come LVMH, L’Oréal, Hermès e Chanel, che si sono impegnati a mantenere tutti i dipendenti sul libro paga, senza attingere agli aiuti governativi per continuare a pagare la normale retribuzione. Altre aziende, come Puma e Moncler, integrano i sussidi governativi fino ad arrivare a corrispondere l’intero salario ai dipendenti. Ferrari invece ha fatto sapere che offrirà un test gratuito per gli anticorpi del Covid-19 a tutti i dipendenti che ne faranno richiesta e alle loro famiglie.
“A nostro giudizio, l’industria del lusso esprime intrinsecamente l’idea del consumo sostenibile, facendo leva sul concetto di ‘acquistare meno ma meglio’”, spiega Ramachandran, secondo cui “dopo la pandemia, i consumatori saranno più attenti alla sostenibilità e questo potrebbe favorire, rispetto ai marchi usa-e-getta, quelli più duraturi che conquisteranno quindi quote di mercato”. La crisi attuale dimostra inoltre che i tre fattori Esg, ovvero ambiente, sociale e governance, sono interconnessi e non vanno considerati separatamente.
Si tratta, osserva l’esperta di GAM, di una “fase decisiva, in cui le decisioni dei marchi di lusso sui valori che intendono sostenere plasmeranno i loro business model e il loro potenziale successo in futuro. Avranno la possibilità di conquistare la fiducia dei clienti, fidelizzare i dipendenti e garantirsi una maggiore sicurezza della catena di distribuzione in una realtà in cui la produzione just-in-time farà parte del passato”. In questo contesto, i marchi del lusso devono stare attenti a non incorrere in danni alla reputazione da cui uscirebbero più difficilmente oggi rispetto a un periodo “normale”. “Dopo la crisi vedremo quali marchi si saranno guadagnati il diritto di ‘rientrare nella stanza’ per sentirsi dire che hanno saputo fare la loro parte in questo scenario senza precedenti”.
L’ELEMENTO SOCIALE IN PRIMO PIANO
Per questo motivo, osserva Ramachandran, “i marchi del lusso devono riformulare la loro value proposition nella nuova realtà che emergerà dall’epidemia, poiché gli investitori sono sempre più attenti al rapporto a lungo termine tra i fattori Esg (ambientale, sociale e di governance) e la creazione di valore per gli azionisti”. Se ultimamente i riflettori si erano accesi sull’impronta ambientale del settore della moda, e sugli interrogativi per la governance delle imprese a controllo familiare, la responsabilità sociale dei marchi di lusso era stata finora messa in secondo piano. “In un sol colpo, la pandemia ha stravolto l’ordine tradizionale e ha portato in primo piano l’elemento sociale dei fattori Esg”, spiega l’esperta.
LA PANDEMIA ACCELERA I TREND ESISTENTI
Nel caso dei marchi del lusso, i consumatori non acquistano i prodotti soltanto per la loro funzione ma poiché sentono di condividere valori e aspirazioni con il marchio: e i millennial e la generazione Z prediligono sempre più i marchi con uno scopo sociale. “La pandemia sta accelerando le tendenze già esistenti e i sondaggi più recenti mostrano che i consumatori si aspettano che i marchi facciano la loro parte durante la crisi”, sottolinea Ramachandran.
ESEMPI DI AZIENDE VIRTUOSE
E nonostante il settore del lusso sia stato tra i più colpiti nel periodo della crisi, gli esempi positivi non mancano. Come i grandi gruppi francesi del lusso come LVMH, L’Oréal, Hermès e Chanel, che si sono impegnati a mantenere tutti i dipendenti sul libro paga, senza attingere agli aiuti governativi per continuare a pagare la normale retribuzione. Altre aziende, come Puma e Moncler, integrano i sussidi governativi fino ad arrivare a corrispondere l’intero salario ai dipendenti. Ferrari invece ha fatto sapere che offrirà un test gratuito per gli anticorpi del Covid-19 a tutti i dipendenti che ne faranno richiesta e alle loro famiglie.
ACQUISTARE MENO MA MEGLIO
“A nostro giudizio, l’industria del lusso esprime intrinsecamente l’idea del consumo sostenibile, facendo leva sul concetto di ‘acquistare meno ma meglio’”, spiega Ramachandran, secondo cui “dopo la pandemia, i consumatori saranno più attenti alla sostenibilità e questo potrebbe favorire, rispetto ai marchi usa-e-getta, quelli più duraturi che conquisteranno quindi quote di mercato”. La crisi attuale dimostra inoltre che i tre fattori Esg, ovvero ambiente, sociale e governance, sono interconnessi e non vanno considerati separatamente.
UNA FASE DECISIVA PER I BRAND DEL LUSSO
Si tratta, osserva l’esperta di GAM, di una “fase decisiva, in cui le decisioni dei marchi di lusso sui valori che intendono sostenere plasmeranno i loro business model e il loro potenziale successo in futuro. Avranno la possibilità di conquistare la fiducia dei clienti, fidelizzare i dipendenti e garantirsi una maggiore sicurezza della catena di distribuzione in una realtà in cui la produzione just-in-time farà parte del passato”. In questo contesto, i marchi del lusso devono stare attenti a non incorrere in danni alla reputazione da cui uscirebbero più difficilmente oggi rispetto a un periodo “normale”. “Dopo la crisi vedremo quali marchi si saranno guadagnati il diritto di ‘rientrare nella stanza’ per sentirsi dire che hanno saputo fare la loro parte in questo scenario senza precedenti”.