dollaro Usa
Valute emergenti, buone opportunità ma un rally resta improbabile
Secondo il Bond Bulletin di J.P. Morgan Asset Management, perché questo si verifichi è necessario che il dollaro statunitense sia debole e che la crescita globale sia vigorosa, circostanza che al momento non sembra probabile
10 Giugno 2020 21:00
L’attuale fase si presenta favorevole per le valute dei mercati emergenti, in controtendenza rispetto al dollaro Usa. Tanto che gli investitori, come spiega una nota a cura del team Global Fixed Income, Currency and Commodities Group di J.P. Morgan Asset Management, si chiedono se sia lecito aspettarsi un rally generalizzato delle valute di questi Paesi.
Perché questo si verifichi è necessario che il dollaro statunitense sia debole e che la crescita globale sia vigorosa. “Se altre economie di mercato avanzate continuassero a riaprire più velocemente rispetto agli Stati Uniti e se, di conseguenza, i flussi finanziari si dirigessero verso gli attivi di quei Paesi, si accumulerebbero pressioni sul biglietto verde”, osservano gli esperti, secondo i quali, tuttavia, una ripresa della crescita globale non sembra imminente.
Secondo il team, nel 2020 le economie emergenti registreranno una contrazione all’1,3%: ciò vuol dire un calo di 5,7 punti percentuali rispetto al tasso di crescita del 2019 e un punto percentuale in meno rispetto alle stime di consenso. Tuttavia, spesso i mercati si muovono nella direzione di marcia e non verso i livelli assoluti. In questo caso la dinamica di crescita positiva c’è ed è segnalata da un miglioramento degli indici dei responsabili degli acquisti (Pmi).
Inoltre, spiegano gli esperti di J.P.Morgan Asset Management, “la recente rimonta degli attivi più rischiosi ha consentito alle valute emergenti di generare un rendimento complessivo del 4,7% nelle ultime due settimane, a fronte di un rendimento di -1,7% del dollaro statunitense”. A guidare la cordata sono state sia le valute “CE3” (ossia lo zloty polacco, il fiorino ungherese e la corona ceca) sia quelle dell'America Latina. E anche se “le divise più performanti dei mercati emergenti hanno recuperato le perdite rispetto ai ribassi iniziali di febbraio, alcune sono ancora indietro, il che consente margini di crescita nel più ampio universo delle valute emergenti”.
Ciò premesso, l’attenzione del team si focalizza su alcuni mercati specifici che offrono “fondamentali solidi e un valore relativo interessante, fattori che a nostro avviso potrebbero favorire una sovraperformance”. In particolare il riferimento è al peso messicano e al rublo russo, che generano rendimenti elevati (rispettivamente del 5,5% e 4,9%), sono a buon mercato in base al tasso di cambio reale effettivo e i rispettivi Paesi presentano saldi di bilancio molto solidi.
Inoltre, a quanto sembra le valute emergenti sono sottoinvestite: a differenza di quanto accaduto per altri attivi più rischiosi, gli afflussi di capitali nei fondi dei mercati emergenti in valuta locale non hanno recuperato altrettanto rapidamente dai ribassi di marzo. “Gli investitori che sono tornati a investire nelle strategie obbligazionarie dei mercati emergenti hanno scommesso soprattutto sui fondi governativi in valuta forte”, osserva il team.
In conclusione, per J.P.Morgan Asset Management “le valute emergenti hanno iniziato a recuperare terreno rispetto agli altri attivi più rischiosi e sono ancora sottoinvestite come categoria d’investimento. Ciononostante, non pensiamo che un loro rally generalizzato sia imminente”. Per gli esperti innanzitutto è necessario che le prospettive di crescita globali migliorino su vasta scala: gli indici Pmi cominciano a dare segnali di ripresa, ma per il momento il territorio positivo appare un miraggio. In questo contesto, una rosa ristretta di valute come il peso messicano e il rublo russo potrebbe offrire solidi rendimenti.
RIPRESA NON IMMINENTE
Perché questo si verifichi è necessario che il dollaro statunitense sia debole e che la crescita globale sia vigorosa. “Se altre economie di mercato avanzate continuassero a riaprire più velocemente rispetto agli Stati Uniti e se, di conseguenza, i flussi finanziari si dirigessero verso gli attivi di quei Paesi, si accumulerebbero pressioni sul biglietto verde”, osservano gli esperti, secondo i quali, tuttavia, una ripresa della crescita globale non sembra imminente.
MIGLIORANO GLI INDICI PMI DEGLI EMERGENTI
Secondo il team, nel 2020 le economie emergenti registreranno una contrazione all’1,3%: ciò vuol dire un calo di 5,7 punti percentuali rispetto al tasso di crescita del 2019 e un punto percentuale in meno rispetto alle stime di consenso. Tuttavia, spesso i mercati si muovono nella direzione di marcia e non verso i livelli assoluti. In questo caso la dinamica di crescita positiva c’è ed è segnalata da un miglioramento degli indici dei responsabili degli acquisti (Pmi).
RENDIMENTO COMPLESSIVO DEL 4,7%
Inoltre, spiegano gli esperti di J.P.Morgan Asset Management, “la recente rimonta degli attivi più rischiosi ha consentito alle valute emergenti di generare un rendimento complessivo del 4,7% nelle ultime due settimane, a fronte di un rendimento di -1,7% del dollaro statunitense”. A guidare la cordata sono state sia le valute “CE3” (ossia lo zloty polacco, il fiorino ungherese e la corona ceca) sia quelle dell'America Latina. E anche se “le divise più performanti dei mercati emergenti hanno recuperato le perdite rispetto ai ribassi iniziali di febbraio, alcune sono ancora indietro, il che consente margini di crescita nel più ampio universo delle valute emergenti”.
PESO MESSICANO E RUBLO RUSSO SOLIDI
Ciò premesso, l’attenzione del team si focalizza su alcuni mercati specifici che offrono “fondamentali solidi e un valore relativo interessante, fattori che a nostro avviso potrebbero favorire una sovraperformance”. In particolare il riferimento è al peso messicano e al rublo russo, che generano rendimenti elevati (rispettivamente del 5,5% e 4,9%), sono a buon mercato in base al tasso di cambio reale effettivo e i rispettivi Paesi presentano saldi di bilancio molto solidi.
VALUTE EMERGENTI SOTTOINVESTITE
Inoltre, a quanto sembra le valute emergenti sono sottoinvestite: a differenza di quanto accaduto per altri attivi più rischiosi, gli afflussi di capitali nei fondi dei mercati emergenti in valuta locale non hanno recuperato altrettanto rapidamente dai ribassi di marzo. “Gli investitori che sono tornati a investire nelle strategie obbligazionarie dei mercati emergenti hanno scommesso soprattutto sui fondi governativi in valuta forte”, osserva il team.
UN RALLY NON È IMMINENTE
In conclusione, per J.P.Morgan Asset Management “le valute emergenti hanno iniziato a recuperare terreno rispetto agli altri attivi più rischiosi e sono ancora sottoinvestite come categoria d’investimento. Ciononostante, non pensiamo che un loro rally generalizzato sia imminente”. Per gli esperti innanzitutto è necessario che le prospettive di crescita globali migliorino su vasta scala: gli indici Pmi cominciano a dare segnali di ripresa, ma per il momento il territorio positivo appare un miraggio. In questo contesto, una rosa ristretta di valute come il peso messicano e il rublo russo potrebbe offrire solidi rendimenti.