Federal Reserve
Obbligazioni, i tassi ai minimi spingono ad andare oltre i Treasury
In un orizzonte di rendimenti zero, i titoli di Stato potrebbero aver abdicato al loro tradizionale ruolo di strumenti di copertura del portafoglio, spiegano Ashok Bhatia e Adam Grotzinger di Neuberger Berman
24 Giugno 2020 08:00
Dopo Europa e Giappone anche gli Usa hanno portato i tassi di interesse a zero, e in questo contesto “gli investitori dovranno ovviamente riconsiderare l’opportunità – in termini di vantaggi ed efficacia – di mantenere in portafoglio posizioni in titoli di Stato Usa come strumenti di copertura”, spiega una nota a cura di Ashok Bhatia, deputy chief investment officer – fixed income, e Adam Grotzinger, senior portfolio manager – investment grade di Neuberger Berman.
Gli esperti si chiedono se siamo di fronte a un cambiamento epocale, perché storicamente l’esposizione ai titoli di Stato ha sempre offerto un ampio ventaglio di vantaggi ai portafogli sia azionari che obbligazionari. Tuttavia, dato che “i rendimenti dei Treasury decennali sono scesi sotto all’1%, la matematica obbligazionaria ci dice che la capacità di questi titoli di generare guadagni interessanti è stata significativamente ridimensionata, anche nel caso delle scadenze più lunghe. Persino ipotizzando che i rendimenti dei titoli di Stato a più lunga scadenza scendano in territorio negativo (una view che comunque escludiamo) il potenziale di rialzo assoluto offerto da questi strumenti è ormai parecchio limitato”, spiegano gli esperti.
Che un cambiamento possa essere imminente lo dimostrano anche le dinamiche che hanno interessato i Treasury negli ultimi mesi. “La curva dei rendimenti si è irripidita con l’aumento dei tassi e appiattita quando sono calati. Non si tratta di un andamento tipico. In passato, oltre a questo andamento, abbiamo anche osservato un irripidimento della curva quando i tassi a breve termine sono scesi più di quelli a lungo termine e un appiattimento quando è accaduto il contrario, cioè i tassi a breve termine sono saliti più di quelli a lungo termine”.
L’andamento attuale, spiegano gli esperti, “replica le dinamiche delle curve giapponesi ed europee dopo che le banche centrali di queste due regioni hanno portato i tassi a zero”. Una tendenza destinata a durare e a indurre un’evoluzione nella funzione di copertura delle obbligazioni governative a più lunga scadenza. “In contesti di avversione al rischio, i titoli di Stato probabilmente continueranno a fungere da ragionevole strumento di copertura per i portafogli rischiosi, ma in contesti di propensione al rischio, le pressioni al rialzo che, normalmente, si osserverebbero nei rendimenti del segmento a breve della curva si sposterebbero verso le scadenze più lunghe, aumentando la volatilità e l’incertezza delle coperture di portafoglio”.
I gestori non sono tuttavia eccessivamente propensi a “dichiarare finita l’epoca in cui i titoli di Stato sono uno strumento di diversificazione efficace per i portafogli rischiosi. Lo sono stati per lungo tempo e in modo molto efficace: di conseguenza, prima di dichiarare esaurito un simile trend pluridecennale sarà bene avere a disposizione prove abbondanti e schiaccianti”. In ogni caso, aggiungono Bhatia e Grotzinger, “l’evoluzione delle correlazioni tra gli asset rischiosi e i Treasury consiglia di ridurre le posizioni di copertura in titoli privi di rischio. Ma cosa si può utilizzare per sostituirli?”
A indicare una direzione è stata la Federal Reserve, che nei nuovi programmi di acquisto e prestiti “ha iniziato ad acquistare diversi tipi di asset (come gli MBS, gli ABS con rating AAA e i CMBS), per non parlare del credito investment grade”. Secondo gli esperti di Neuberger Berman, “questi altri asset possono offrire un reddito più elevato e ci aspettiamo che, contrariamente a quanto accaduto in passato, offrano maggiori vantaggi in termini di copertura rispetto ad asset più rischiosi, poiché sembrano essere sempre più “privi di rischio”.
In generale, osservano Bhatia e Grotzinger, “negli ultimi 30 anni il contesto è stato quello di un progressivo calo dell’inflazione, di una flessione dei rendimenti reali e di un abbassamento dei premi di rischio, da cui hanno tratto vantaggio praticamente tutti gli asset finanziari. È presto per dire che tutto è finito, ma i rendimenti obbligazionari sono, a conti fatti, una questione di matematica e il fatto che i tassi di interesse siano ai minimi indica che potrebbe essere opportuno pensare a un’alternativa alle strategie di copertura basate sui titoli di Stato, che tanto successo hanno avuto negli ultimi decenni”.
VERSO UN CAMBIAMENTO EPOCALE?
Gli esperti si chiedono se siamo di fronte a un cambiamento epocale, perché storicamente l’esposizione ai titoli di Stato ha sempre offerto un ampio ventaglio di vantaggi ai portafogli sia azionari che obbligazionari. Tuttavia, dato che “i rendimenti dei Treasury decennali sono scesi sotto all’1%, la matematica obbligazionaria ci dice che la capacità di questi titoli di generare guadagni interessanti è stata significativamente ridimensionata, anche nel caso delle scadenze più lunghe. Persino ipotizzando che i rendimenti dei titoli di Stato a più lunga scadenza scendano in territorio negativo (una view che comunque escludiamo) il potenziale di rialzo assoluto offerto da questi strumenti è ormai parecchio limitato”, spiegano gli esperti.
DINAMICHE DIFFERENTI
Che un cambiamento possa essere imminente lo dimostrano anche le dinamiche che hanno interessato i Treasury negli ultimi mesi. “La curva dei rendimenti si è irripidita con l’aumento dei tassi e appiattita quando sono calati. Non si tratta di un andamento tipico. In passato, oltre a questo andamento, abbiamo anche osservato un irripidimento della curva quando i tassi a breve termine sono scesi più di quelli a lungo termine e un appiattimento quando è accaduto il contrario, cioè i tassi a breve termine sono saliti più di quelli a lungo termine”.
EVOLUZIONE DELLA FUNZIONE DI COPERTURA
L’andamento attuale, spiegano gli esperti, “replica le dinamiche delle curve giapponesi ed europee dopo che le banche centrali di queste due regioni hanno portato i tassi a zero”. Una tendenza destinata a durare e a indurre un’evoluzione nella funzione di copertura delle obbligazioni governative a più lunga scadenza. “In contesti di avversione al rischio, i titoli di Stato probabilmente continueranno a fungere da ragionevole strumento di copertura per i portafogli rischiosi, ma in contesti di propensione al rischio, le pressioni al rialzo che, normalmente, si osserverebbero nei rendimenti del segmento a breve della curva si sposterebbero verso le scadenze più lunghe, aumentando la volatilità e l’incertezza delle coperture di portafoglio”.
ALLA RICERCA DI SOSTITUTI
I gestori non sono tuttavia eccessivamente propensi a “dichiarare finita l’epoca in cui i titoli di Stato sono uno strumento di diversificazione efficace per i portafogli rischiosi. Lo sono stati per lungo tempo e in modo molto efficace: di conseguenza, prima di dichiarare esaurito un simile trend pluridecennale sarà bene avere a disposizione prove abbondanti e schiaccianti”. In ogni caso, aggiungono Bhatia e Grotzinger, “l’evoluzione delle correlazioni tra gli asset rischiosi e i Treasury consiglia di ridurre le posizioni di copertura in titoli privi di rischio. Ma cosa si può utilizzare per sostituirli?”
LA DIREZIONE DELLA FED
A indicare una direzione è stata la Federal Reserve, che nei nuovi programmi di acquisto e prestiti “ha iniziato ad acquistare diversi tipi di asset (come gli MBS, gli ABS con rating AAA e i CMBS), per non parlare del credito investment grade”. Secondo gli esperti di Neuberger Berman, “questi altri asset possono offrire un reddito più elevato e ci aspettiamo che, contrariamente a quanto accaduto in passato, offrano maggiori vantaggi in termini di copertura rispetto ad asset più rischiosi, poiché sembrano essere sempre più “privi di rischio”.
PRESTO PER DIRE CHE TUTTO È FINITO
In generale, osservano Bhatia e Grotzinger, “negli ultimi 30 anni il contesto è stato quello di un progressivo calo dell’inflazione, di una flessione dei rendimenti reali e di un abbassamento dei premi di rischio, da cui hanno tratto vantaggio praticamente tutti gli asset finanziari. È presto per dire che tutto è finito, ma i rendimenti obbligazionari sono, a conti fatti, una questione di matematica e il fatto che i tassi di interesse siano ai minimi indica che potrebbe essere opportuno pensare a un’alternativa alle strategie di copertura basate sui titoli di Stato, che tanto successo hanno avuto negli ultimi decenni”.