Amundi
“Il nuovo panorama europeo può essere un’opportunità per gli investitori”
22 Luglio 2020 16:27
ass="p1" style="text-align: left;">Per Amundi, ecco quali sono le ragioni per cui gli investitori con un orizzonte di lungo termine beneficeranno dell’impatto del panorama post-Covid-19 europeo
L’Europa ha appena approvato il Recovery Fund da 750 miliardi, 209 spetteranno all’Italia. Un accordo storico perché si tratta di una prima mutualizzazione del debito tra i Paesi membri. Si rafforza, quindi, una nuova idea di Europa. Per Amundi, ci sono almeno quattro ragioni per cui gli investitori con un orizzonte di lungo termine beneficeranno dell’impatto del panorama post Covid-19 europeo.
Lo scetticismo nei confronti dell’Europa continua a dominare il sentiment degli investitori. “Questo vale soprattutto per i Paesi non europei”, spiegano Pierre Blanchet, Head of Investment Intelligence e di Didier Borowski, Head of Global Views di Amundi. “Per vari e validi motivi: crisi ripetute, complessità istituzionale, incompletezza dell’Unione economica e monetaria, incapacità dell’Ue di attuare una politica economica coordinata in modo tempestivo rispetto agli Stati Uniti”. Le crisi sembrano aver rafforzato il ruolo dell’Europa. “Laddove gli operatori di mercato si concentrano sulla frammentazione, noi ci concentriamo sui progressi che ogni crisi consente all’Europa di realizzare”, aggiungono i due esperti di Amundi.
La Bce ha acquisito lo status di prestatore di ultima istanza. “Solo nel 2015, quando fu attuato il primo QE, la Bce ha confermato il suo status di prestatore di ultima istanza”, si legge nello studio di Amundi. “Inoltre la crisi del Covid-19 ha consentito alla Bce di svincolarsi temporaneamente dalla regola del capital key”. Questo implica la possibilità che Francoforte possa in futuro acquistare obbligazioni societarie “fallen angels”, se necessario. “L’uscita del Regno Unito dall’Ue conferisce ai paesi dell’Eurozona un ruolo guida”, si precisa nello studio Amundi.
In questa fase a sostenere l’Ue ci sta pensando la Banca centrale europea. “Manca un secondo importante elemento, quello del mercato unico”, spiegano Pierre Blanchet e Didier Borowski. “La Brexit ha dimostrato quanto sia prezioso per gli Stati membri: il mercato unico europeo rappresenta 450 milioni di consumatori e oltre 22 milioni di Pmi”. Per questo, dopo la Brexit, emerge la necessità che “tutti gli Stati membri dell’Ue entrino a far parte dell’Eurozona”.
Le misure che consentono ai risparmi di circolare più liberamente all’interno dell’Eurozona sono un elemento fondamentale della futura resilienza dell’Europa. “Da questo punto di vista, i progressi compiuti riguardo all’Unione dei mercati dei capitali sono significativi”, continua l’analisi di Amundi. “Per non parlare dell’Unione bancaria, che deve ancora essere completata”. Anche se la Bce ha un ruolo di primo piano per riformare le istituzioni, ciò non significa che la politica monetaria sua l’unica opzione in gioco.
L’approvazione del Recovery Fund sancisce l’adozione del primo strumento di condivisione del debito tra i Paesi della zona euro. Per Amundi, si tratta di un passo avanti almeno per tre ragioni: “Perché di fatto l’unico strumento di debito a svolgere questo ruolo nell’Eurozona è il Bund tedesco; perché di fatto il mondo è a corto di attività sicure e quindi un debito con rating elevato soddisferà la domanda degli investitori; perché l’emissione di un elevato volume di debito comune dovrebbe incoraggiare gli investitori stranieri a considerare la Ue nel suo insieme”.
La crisi del Covid-19 ha aumentato il rischio di frammentazione in Europa. “È un’opportunità di cambiamento in Europa, proprio come lo sono state la crisi finanziaria globale e la crisi del debito sovrano”, concludono gli esperti di Amundi. “Dopo la Brexit, i rischi e le soluzioni si sviluppano principalmente a livello dell’Eurozona”. E, in conclusione, lo status dell’euro come “valuta di riserva” internazionale dovrebbe essere rafforzato sulla sica della crisi del Covid-19.
L’Europa ha appena approvato il Recovery Fund da 750 miliardi, 209 spetteranno all’Italia. Un accordo storico perché si tratta di una prima mutualizzazione del debito tra i Paesi membri. Si rafforza, quindi, una nuova idea di Europa. Per Amundi, ci sono almeno quattro ragioni per cui gli investitori con un orizzonte di lungo termine beneficeranno dell’impatto del panorama post Covid-19 europeo.
LO SCETTICISMO NEI CONFRONTI DELL’EUROPA
Lo scetticismo nei confronti dell’Europa continua a dominare il sentiment degli investitori. “Questo vale soprattutto per i Paesi non europei”, spiegano Pierre Blanchet, Head of Investment Intelligence e di Didier Borowski, Head of Global Views di Amundi. “Per vari e validi motivi: crisi ripetute, complessità istituzionale, incompletezza dell’Unione economica e monetaria, incapacità dell’Ue di attuare una politica economica coordinata in modo tempestivo rispetto agli Stati Uniti”. Le crisi sembrano aver rafforzato il ruolo dell’Europa. “Laddove gli operatori di mercato si concentrano sulla frammentazione, noi ci concentriamo sui progressi che ogni crisi consente all’Europa di realizzare”, aggiungono i due esperti di Amundi.
IL RUOLO DELLA BCE
La Bce ha acquisito lo status di prestatore di ultima istanza. “Solo nel 2015, quando fu attuato il primo QE, la Bce ha confermato il suo status di prestatore di ultima istanza”, si legge nello studio di Amundi. “Inoltre la crisi del Covid-19 ha consentito alla Bce di svincolarsi temporaneamente dalla regola del capital key”. Questo implica la possibilità che Francoforte possa in futuro acquistare obbligazioni societarie “fallen angels”, se necessario. “L’uscita del Regno Unito dall’Ue conferisce ai paesi dell’Eurozona un ruolo guida”, si precisa nello studio Amundi.
L’UE NON È UN ORGANISMO CON UNA SOLA GAMBA
In questa fase a sostenere l’Ue ci sta pensando la Banca centrale europea. “Manca un secondo importante elemento, quello del mercato unico”, spiegano Pierre Blanchet e Didier Borowski. “La Brexit ha dimostrato quanto sia prezioso per gli Stati membri: il mercato unico europeo rappresenta 450 milioni di consumatori e oltre 22 milioni di Pmi”. Per questo, dopo la Brexit, emerge la necessità che “tutti gli Stati membri dell’Ue entrino a far parte dell’Eurozona”.
LA RESILIENZA DELL’EUROZONA
Le misure che consentono ai risparmi di circolare più liberamente all’interno dell’Eurozona sono un elemento fondamentale della futura resilienza dell’Europa. “Da questo punto di vista, i progressi compiuti riguardo all’Unione dei mercati dei capitali sono significativi”, continua l’analisi di Amundi. “Per non parlare dell’Unione bancaria, che deve ancora essere completata”. Anche se la Bce ha un ruolo di primo piano per riformare le istituzioni, ciò non significa che la politica monetaria sua l’unica opzione in gioco.
UNO STRUMENTO DI DEBITO COMUNE
L’approvazione del Recovery Fund sancisce l’adozione del primo strumento di condivisione del debito tra i Paesi della zona euro. Per Amundi, si tratta di un passo avanti almeno per tre ragioni: “Perché di fatto l’unico strumento di debito a svolgere questo ruolo nell’Eurozona è il Bund tedesco; perché di fatto il mondo è a corto di attività sicure e quindi un debito con rating elevato soddisferà la domanda degli investitori; perché l’emissione di un elevato volume di debito comune dovrebbe incoraggiare gli investitori stranieri a considerare la Ue nel suo insieme”.
IMPARARE LA LEZIONE DELLA STORIA EUROPEA
La crisi del Covid-19 ha aumentato il rischio di frammentazione in Europa. “È un’opportunità di cambiamento in Europa, proprio come lo sono state la crisi finanziaria globale e la crisi del debito sovrano”, concludono gli esperti di Amundi. “Dopo la Brexit, i rischi e le soluzioni si sviluppano principalmente a livello dell’Eurozona”. E, in conclusione, lo status dell’euro come “valuta di riserva” internazionale dovrebbe essere rafforzato sulla sica della crisi del Covid-19.