guerra dei dazi
Tra Usa e Cina è iniziata la guerra del web
Il Covid-19 ha proiettato il confronto tra le due superpotenze dalla old economy sul terreno sempre più caldo delle app e delle piattaforme tecnologiche, dove la dimensione è quasi tutto
3 Agosto 2020 08:45
Un anno fa esattamente di questi tempi la guerra dei dazi tra Usa e Cina entrava nella fase più calda, con agosto che si apriva con nuove pesanti tariffe annunciate da Trump, caduta del renminbi, ritorsioni cinesi sull’import americano, aperture e chiusure di dialogo, fino alla schiarita di ottobre con la tregua tra Pechino e Washington. Il tutto spediva lo S&P 500 sotto quota 3.000 conquistata per la prima volta a luglio, che avrebbe ripreso stabilmente solo in autunno per poi lanciarsi nel rally che lo avrebbe portato al massimo storico di 3.394 toccato il 19 febbraio, prima che esplodesse la crisi da Covid. Dodici mesi dopo ci risiamo, con Cina e America di nuovo ai ferri corti, ma proprio il Covid ha cambiato tutte le carte in tavola: non si discute più di dazi sui prodotti agricoli, al centro della contesa agostana un anno fa, ma di TikTok e di primato tecnologico nella nuova frontiera delle comunicazioni, che sta diventando il vero campo di battaglia della nuova guerra fredda tra le due superpotenze.
Il Covid ha funzionato come una specie di macchina del tempo, proiettando il pianeta in avanti di diversi anni, nel nuovo ambiente socio-economico dove, come ha twittato profeticamente Elon Musk qualche settimana fa, ‘chi controlla i ‘meme’ controlla l’universo’. Meme è un termine difficile da tradurre, lo ha inventato nel 1976 l’evoluzionista britannico Richard Dawkins per definire modi di pensare e comportamenti che si diffondono nella società come virus, senza immaginare che sarebbe diventato il modo per indicare la diffusione di messaggi virali su Internet. Il termine viene dal greco antico, e in italiano potremmo tentare di tradurlo in ‘moda culturale’ o qualcosa del genere. Di fatto i meme viaggiano sul web, e a seconda della app o della piattaforma che li veicola possono raggiungere migliaia, milioni, o miliardi di persone.
Il terzo caso è sicuramente quello che interessa di più i politici di Pechino e Washington, ma anche gli investitori di tutto il mondo, perché i ‘meme’ che diventano virali su una platea di miliardi di persone si trascinano dietro anche un fiume di denaro, fatto di pubblicità, di induzione di comportamenti di consumo, di abitudini e modi di vita, vale a dire spese individuali che moltiplicate per miliardi di persone diventano abbastanza significative. La scacchiera su cui si gioca la partita del primato del web è globale, ma i giocatori sono solo due, come nel più classico dei giochi, con il resto del mondo che sta a guardare a al massimo può fare il tifo. Se Facebook viene sorpassata per capitalizzazione, come è successo nei giorni scorsi, l’autore del sorpasso non può che essere la cinese Tencent, che a sua volta è stata poi ri-superata dal social di Zuckerbeg sulla spinta del balzo fatto dal titolo dopo la trimestrale pubblicata venerdì.
E se Amazon deve temere qualcuno, evidentemente non può che essere la cinese Alibaba. Negli smartphone la cinese Huawei se la batte con la coreana Samsung per numero di prodotti venduti, ma l’americana Apple le batte tutte e due per utili e per capitalizzazione, e ha addirittura scalzato il primato globale del campione petrolifero saudita Aramco, diventando la società che vale di più in Borsa al mondo. L’ultimo fronte che si è aperto nella guerra del web tra USA e Cina si chiama TikTok, di proprietà della cinese ByteDance, a cui è riuscito quello in cui aveva fallito Tencent con la app WeChat, che in Cina fa numeri paragonabili a quelli di Facebook, ma non è mai riuscita a sfondare in Europa e tantomeno in America.
TikTok invece sì, e fa paura a Trump, che vuol costringere ByteDance a venderne le attività americane, con Microsoft che si à già fatta avanti come possibile compratore, disposta a spendere una cinquantina di miliardi di dollari per entrare come terzo incomodo in un mercato oggi dominato da Facebook e Google e guadagnarsi il diritto di sostituire con la sua M la N di Netflix nei FAANG. Nella grande partita del web si intrecciano interessi politici ed economici per il controllo o almeno l’orientamento del ‘meme’ di consumatori (e elettori), con questioni di sicurezza nazionale legate ai big data e all’evoluzione tecnologica, mentre il confine tra produzione di contenuti news e intrattenimento e piattaforme di social media diventa sempre più indefinito. Non è un caso che alla guida di TikTok sia stato appena chiamato Kevin A. Mayer, la cui precedente occupazione era quella di chairman della divisione Direct-to-Consumer & International di Walt Disney.
Il Covid ha accelerato la guerra fredda tra USA e Cina, spostandola dalle contese su granaglie, polli e maiali al terreno del web globale, dove la competizione è insieme tecnologica e socio-economica. Chiunque vinca la Casa Bianca a novembre, non potrà tirarsi indietro. Per l’investitore si aprono scenari di grandi opportunità ma anche di rischi difficili da valutare. L’Europa sta a guardare, ma certo non potrà restare neutrale.
TWEET PROFETICO DI MUSK
Il Covid ha funzionato come una specie di macchina del tempo, proiettando il pianeta in avanti di diversi anni, nel nuovo ambiente socio-economico dove, come ha twittato profeticamente Elon Musk qualche settimana fa, ‘chi controlla i ‘meme’ controlla l’universo’. Meme è un termine difficile da tradurre, lo ha inventato nel 1976 l’evoluzionista britannico Richard Dawkins per definire modi di pensare e comportamenti che si diffondono nella società come virus, senza immaginare che sarebbe diventato il modo per indicare la diffusione di messaggi virali su Internet. Il termine viene dal greco antico, e in italiano potremmo tentare di tradurlo in ‘moda culturale’ o qualcosa del genere. Di fatto i meme viaggiano sul web, e a seconda della app o della piattaforma che li veicola possono raggiungere migliaia, milioni, o miliardi di persone.
I SORPASSI TRA TENCENT E FACEBOOK
Il terzo caso è sicuramente quello che interessa di più i politici di Pechino e Washington, ma anche gli investitori di tutto il mondo, perché i ‘meme’ che diventano virali su una platea di miliardi di persone si trascinano dietro anche un fiume di denaro, fatto di pubblicità, di induzione di comportamenti di consumo, di abitudini e modi di vita, vale a dire spese individuali che moltiplicate per miliardi di persone diventano abbastanza significative. La scacchiera su cui si gioca la partita del primato del web è globale, ma i giocatori sono solo due, come nel più classico dei giochi, con il resto del mondo che sta a guardare a al massimo può fare il tifo. Se Facebook viene sorpassata per capitalizzazione, come è successo nei giorni scorsi, l’autore del sorpasso non può che essere la cinese Tencent, che a sua volta è stata poi ri-superata dal social di Zuckerbeg sulla spinta del balzo fatto dal titolo dopo la trimestrale pubblicata venerdì.
PRIMATO GLOBALE DI APPLE
E se Amazon deve temere qualcuno, evidentemente non può che essere la cinese Alibaba. Negli smartphone la cinese Huawei se la batte con la coreana Samsung per numero di prodotti venduti, ma l’americana Apple le batte tutte e due per utili e per capitalizzazione, e ha addirittura scalzato il primato globale del campione petrolifero saudita Aramco, diventando la società che vale di più in Borsa al mondo. L’ultimo fronte che si è aperto nella guerra del web tra USA e Cina si chiama TikTok, di proprietà della cinese ByteDance, a cui è riuscito quello in cui aveva fallito Tencent con la app WeChat, che in Cina fa numeri paragonabili a quelli di Facebook, ma non è mai riuscita a sfondare in Europa e tantomeno in America.
TIKTOK FA PAURA A TRUMP
TikTok invece sì, e fa paura a Trump, che vuol costringere ByteDance a venderne le attività americane, con Microsoft che si à già fatta avanti come possibile compratore, disposta a spendere una cinquantina di miliardi di dollari per entrare come terzo incomodo in un mercato oggi dominato da Facebook e Google e guadagnarsi il diritto di sostituire con la sua M la N di Netflix nei FAANG. Nella grande partita del web si intrecciano interessi politici ed economici per il controllo o almeno l’orientamento del ‘meme’ di consumatori (e elettori), con questioni di sicurezza nazionale legate ai big data e all’evoluzione tecnologica, mentre il confine tra produzione di contenuti news e intrattenimento e piattaforme di social media diventa sempre più indefinito. Non è un caso che alla guida di TikTok sia stato appena chiamato Kevin A. Mayer, la cui precedente occupazione era quella di chairman della divisione Direct-to-Consumer & International di Walt Disney.
BOTTOM LINE
Il Covid ha accelerato la guerra fredda tra USA e Cina, spostandola dalle contese su granaglie, polli e maiali al terreno del web globale, dove la competizione è insieme tecnologica e socio-economica. Chiunque vinca la Casa Bianca a novembre, non potrà tirarsi indietro. Per l’investitore si aprono scenari di grandi opportunità ma anche di rischi difficili da valutare. L’Europa sta a guardare, ma certo non potrà restare neutrale.
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