ESG
Ecco come orientarsi nel settore dei green bond
Pictet spiega che nessun singolo green bond deve essere valutato fuori del contesto della strategia dell'azienda emittente verso un modello di business più sostenibile ed ecologico
27 Agosto 2020 09:00
I programmi dell’Unione Europea forniranno un impulso notevole al mercato già florido dei green bond e di altri strumenti finanziari che promuovono la sostenibilità, ma gli investitori devono stare attenti a scegliere, perché il verde ha mille sfumature. È il tema del commento titolato ‘Oltre i green bond’, a cura di Stéphane Rüegg, Senior Client Portfolio Manager, e Eric Borremans, Senior Sustainability Analyst, di Pictet Asset Management, che prevedono una crescita continua per il mercato in pieno sviluppo dei green bond, dato che sempre più società, governi e multinazionali cercano di raccogliere fondi per realizzare progetti ecocompatibili da cui gli investitori sono attratti. Oltre il 30% del Recovery Plan da 750 mld lanciato dall’Unione Europea è ad esempio destinato a progetti verdi.
Ma, avvertono i due esperti della casa ginevrina, come per ogni nuovo tipo di investimento, i green bond “nascondono molte potenziali trappole”, anche perché molti sono meno verdi di come vogliono far credere. Le “obbligazioni verdi” esistono da meno di dieci anni, la prima emissione fu della Banca Europea per gli Investimenti nel 2007, e nel 2019, ne sono stati emessi per circa 257 mld di dollari, con un aumento del 50% rispetto all’anno prima, e le attese che puntano a 350 mld nel 2020. Stati Uniti e Europa finora hanno dominato il mercato, ma altri Paesi sono entrati in gioco. Le società cinesi ad esempio, innanzitutto banche, sono già grandi emittenti e nel 2019 hanno contato per circa 30 miliardi di dollari.
Ma anche se in rapida crescita il mercato dei green bond rappresenta ancora una piccola frazione dell'insieme a livello globale, che ammonta a 100.000 mld di dollari. Le banche multilaterali di sviluppo hanno giocato un ruolo chiave fin dall’inizio, in quanto meglio attrezzate per rispondere ai requisiti di emissione. Infatti gli emittenti di green bond devono definire obiettivi ben chiari e consentire una stretta supervisione dei progetti che finanziano, una scelta semplice per Banca Europea per gli Investimenti e la Banca Mondiale, che rimangono i principali emittenti, ma più costosa per altri emittenti.
Ma gli emittenti sovrani e legati agli stati sovrani, finora i principali, potrebbero finire in seconda fila rispetto al settore privato, che di recente ha scoperto i vantaggi della finanza green. Istituzioni finanziarie e aziende hanno lanciato emissioni green per circa 142 mld di dollari, con una crescita del 90% rispetto all'anno precedente. I due esperti di Pictet sottolineano che a fine giugno 2020, il mercato dei green bond corporate valeva 468 mldi di dollari, con le società non finanziarie che hanno rappresentato circa un quarto del totale e i tre emittenti principali attivi nel settore energetico. Infatti, energia ed edilizia da sole rappresentano la maggior parte di emissioni di obbligazioni societarie.
Per le aziende, il vantaggio sta nel fatto che la domanda di green bond tende a provenire da uno spettro più ampio di investitori rispetto alle di debito tradizionali, che tendono ad assumersi un maggiore impegno e a detenerli più a lungo anche perché hanno una duration media poco inferiore agli 8 anni, rispetto ai 7,2 anni del debito corporate investment grade globale. Inoltre, l'universo green si è ampliato sull'intero spettro del credito, con la comparsa dei primi emittenti high yield, come la società di gestione e recupero dei rifiuti Paprec, il produttore di turbine eoliche Nordex e il produttore di vetro O-I Packaging. Inoltre, la ricaduta del Covid-19 potrebbe far sì che circa il 44% dei green bond con rating BBB si trasformi in “fallen angel”, entrando in territorio high yield.
Per tutti questi fattori, gli esperti di Pictet lanciano una serie di avvertimenti per l'investitore: non confondere i bond ‘autenticamente’ green con quelli emessi a meri scopi di greenwashing, accertarsi che sia stata assegnata l’impronta di carbonio dell’emittente, invece di quella del progetto per i quali si raccolgono i fondi, verificare la finalità di altri obiettivi ambientali, come i “blue bond” legati a investimenti in infrastrutture idriche, o i “social’ bond”, che promettono un più ampio impatto sociale e hanno registrato un rinnovato interesse dopo la pandemia. A volte è addirittura sensato guardare oltre l’etichetta “green” e investire in titoli ‘normali’ ma emessi da aziende con un autentico interesse per l'ambiente. Infine la raccomandazione di “definire le regole”.
Secondo Pictet, nonostante tutte le zone grigie, le cose stanno migliorando, grazie alle migliori prassi, sia da parte dagli enti di settore che da parte dai legislatori. A questo proposito i due esperti citano la International Capital Market Association, le banche d’investimento e altri soggetti dei mercati finanziari che hanno dato vita ai Principi sui Green Bond, linee guida volontarie volte a promuovere criteri di trasparenza, divulgazione e rendicontazione che non specificano però quali tipi di investimento siano ammissibili, mentre la Climate Bonds Initiative lo ha fatto, affidando al Climate Bonds Standard and Certification Scheme la verifica del carattere “verde” delle emissioni.
Considerate tutte le complessità della materia, Pictet raccomanda agli investitori un approccio attento e analitico, perché alcuni green bond sono più green di altri, ma anche alcune emissioni corporate comuni sono alle fine più “green” di quelle green. Può succedere inoltre che la ricerca di finanziamento di società attive in settori ‘poco puliti’ si diriga verso investimenti di valore ambientale, soprattutto se l’azienda intende cambiare radicalmente natura. Per questo, concludono gli esperti di Pictet, raggiungere l’equilibrio tra credenziali ambientali e fattori sociali richiede anche un’ampia visione di mercato: nessun singolo green bond deve essere valutato al di fuori del contesto della strategia dell'emittente verso un modello di business più sostenibile ed ecologico.
Per altri approfondimenti su investimenti e strategie a cura di Pictet Asset Management è possibile visitare il sito corporate e il blog di cultura finanziaria Pictet per Te.
MOLTE POTENZIALI TRAPPOLE
Ma, avvertono i due esperti della casa ginevrina, come per ogni nuovo tipo di investimento, i green bond “nascondono molte potenziali trappole”, anche perché molti sono meno verdi di come vogliono far credere. Le “obbligazioni verdi” esistono da meno di dieci anni, la prima emissione fu della Banca Europea per gli Investimenti nel 2007, e nel 2019, ne sono stati emessi per circa 257 mld di dollari, con un aumento del 50% rispetto all’anno prima, e le attese che puntano a 350 mld nel 2020. Stati Uniti e Europa finora hanno dominato il mercato, ma altri Paesi sono entrati in gioco. Le società cinesi ad esempio, innanzitutto banche, sono già grandi emittenti e nel 2019 hanno contato per circa 30 miliardi di dollari.
ANCORA UNA FRAZIONE DEL MERCATO
Ma anche se in rapida crescita il mercato dei green bond rappresenta ancora una piccola frazione dell'insieme a livello globale, che ammonta a 100.000 mld di dollari. Le banche multilaterali di sviluppo hanno giocato un ruolo chiave fin dall’inizio, in quanto meglio attrezzate per rispondere ai requisiti di emissione. Infatti gli emittenti di green bond devono definire obiettivi ben chiari e consentire una stretta supervisione dei progetti che finanziano, una scelta semplice per Banca Europea per gli Investimenti e la Banca Mondiale, che rimangono i principali emittenti, ma più costosa per altri emittenti.
EMITTENTI PRIVATI IN CRESCITA
Ma gli emittenti sovrani e legati agli stati sovrani, finora i principali, potrebbero finire in seconda fila rispetto al settore privato, che di recente ha scoperto i vantaggi della finanza green. Istituzioni finanziarie e aziende hanno lanciato emissioni green per circa 142 mld di dollari, con una crescita del 90% rispetto all'anno precedente. I due esperti di Pictet sottolineano che a fine giugno 2020, il mercato dei green bond corporate valeva 468 mldi di dollari, con le società non finanziarie che hanno rappresentato circa un quarto del totale e i tre emittenti principali attivi nel settore energetico. Infatti, energia ed edilizia da sole rappresentano la maggior parte di emissioni di obbligazioni societarie.
ANCHE NEL GREEN RISCHIO ‘CADUTA ANGELI’
Per le aziende, il vantaggio sta nel fatto che la domanda di green bond tende a provenire da uno spettro più ampio di investitori rispetto alle di debito tradizionali, che tendono ad assumersi un maggiore impegno e a detenerli più a lungo anche perché hanno una duration media poco inferiore agli 8 anni, rispetto ai 7,2 anni del debito corporate investment grade globale. Inoltre, l'universo green si è ampliato sull'intero spettro del credito, con la comparsa dei primi emittenti high yield, come la società di gestione e recupero dei rifiuti Paprec, il produttore di turbine eoliche Nordex e il produttore di vetro O-I Packaging. Inoltre, la ricaduta del Covid-19 potrebbe far sì che circa il 44% dei green bond con rating BBB si trasformi in “fallen angel”, entrando in territorio high yield.
AVVERTIMENTI AGLI INVESTITORI
Per tutti questi fattori, gli esperti di Pictet lanciano una serie di avvertimenti per l'investitore: non confondere i bond ‘autenticamente’ green con quelli emessi a meri scopi di greenwashing, accertarsi che sia stata assegnata l’impronta di carbonio dell’emittente, invece di quella del progetto per i quali si raccolgono i fondi, verificare la finalità di altri obiettivi ambientali, come i “blue bond” legati a investimenti in infrastrutture idriche, o i “social’ bond”, che promettono un più ampio impatto sociale e hanno registrato un rinnovato interesse dopo la pandemia. A volte è addirittura sensato guardare oltre l’etichetta “green” e investire in titoli ‘normali’ ma emessi da aziende con un autentico interesse per l'ambiente. Infine la raccomandazione di “definire le regole”.
PRATICHE E REGOLE IN MIGLIORAMENTO
Secondo Pictet, nonostante tutte le zone grigie, le cose stanno migliorando, grazie alle migliori prassi, sia da parte dagli enti di settore che da parte dai legislatori. A questo proposito i due esperti citano la International Capital Market Association, le banche d’investimento e altri soggetti dei mercati finanziari che hanno dato vita ai Principi sui Green Bond, linee guida volontarie volte a promuovere criteri di trasparenza, divulgazione e rendicontazione che non specificano però quali tipi di investimento siano ammissibili, mentre la Climate Bonds Initiative lo ha fatto, affidando al Climate Bonds Standard and Certification Scheme la verifica del carattere “verde” delle emissioni.
ALLA FINE CONTA L’EMITTENTE
Considerate tutte le complessità della materia, Pictet raccomanda agli investitori un approccio attento e analitico, perché alcuni green bond sono più green di altri, ma anche alcune emissioni corporate comuni sono alle fine più “green” di quelle green. Può succedere inoltre che la ricerca di finanziamento di società attive in settori ‘poco puliti’ si diriga verso investimenti di valore ambientale, soprattutto se l’azienda intende cambiare radicalmente natura. Per questo, concludono gli esperti di Pictet, raggiungere l’equilibrio tra credenziali ambientali e fattori sociali richiede anche un’ampia visione di mercato: nessun singolo green bond deve essere valutato al di fuori del contesto della strategia dell'emittente verso un modello di business più sostenibile ed ecologico.
Per altri approfondimenti su investimenti e strategie a cura di Pictet Asset Management è possibile visitare il sito corporate e il blog di cultura finanziaria Pictet per Te.