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Posti di lavoro a rischio con l’arrivo delle auto elettriche: un tema da affrontare

Il fattore ambientale è centrale, ma per Nesche Yazgan (BlueBay Asset Management) gli aspetti sociali della transizione verso le auto elettriche sono da approfondire

22 Settembre 2020 15:19

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Il ciclo negativo per il settore auto aveva già iniziato a delinearsi prima dello scoppio della pandemia, spingendo le società automotive ad accelerare la transizione dai veicoli che utilizzano motori a combustione interna (MCI) a quelli elettrici. Un trend che, con la recessione scatenata dalle implicazioni del Covid-19, sta mettendo in seria difficoltà le imprese del settore anche per quanto riguarda i criteri ESG.

NON VA TRASCURATA LA COMPONENTE RELATIVA AI FATTORI SOCIALI (‘S’)


“A questo proposito, se è vero che il fattore ambientale (‘E’), legato al contenimento dell’impatto dell’industria sul cambiamento climatico attraverso la riduzione delle emissioni di carbonio, è al centro dell’attenzione, non dovrebbe essere trascurata neppure la componente relativa ai fattori sociali (‘S’)”, tiene a precisare Nesche Yazgan, Senior Corporate Analyst, BlueBay Asset Management. L’esperta fa riferimento al fatto che mentre negli ultimi anni l’industria automotive ha beneficiato di condizioni macroeconomiche favorevoli e ha generato profitti consistenti con cui ha potuto finanziare i costi della transizione, adesso siamo in recessione e questo spesso, storicamente, ha significato licenziamenti nello sforzo di tagliare i costi sebbene in questa fase tale pratica potrebbe non bastare.

IL CASO DI STUDIO DELLA GERMANIA


Un caso di studio interessante da analizzare è la Germania. L’industria automotive è la più importante per l’economia del paese, sia in termini di fatturato e di PIL e sia per gli occupati (centinaia di migliaia di lavoratori) e per i pensionati. I veicoli elettrici rappresentano soltanto il 4% delle vendite, una percentuale che, sebbene in aumento, non è neanche lontanamente sufficiente per rendere i veicoli elettrici profittevoli per i produttori e per avere un impatto positivo sui loro bilanci. Una dinamica in netto contrasto con quanto avvenuto dopo la crisi del 2008, quando gli incentivi del Governo di Berlino avevano aiutato l’industria tedesca ad evitare licenziamenti di massa.

LA RISTRUTTURAZIONE AZIENDALE RISCHIA DI ESTENDERSI ALL’INDOTTO


Ma c’è di più. I buoni livelli di profittabilità degli ultimi 5 anni hanno permesso a molte società automotive tedesche di stanziare ingenti investimenti in nuove tecnologie, una possibilità che ora sembra essere preclusa alla luce dei profitti in forte calo e della mancanza di incentivi governativi per i veicoli più remunerativi (ma più inquinanti) per i produttori. Alla ristrutturazione radicale che si prospetta per l’industria automotive in senso stretto occorre poi aggiungere l’indotto. In media, un veicolo MCI è composto da circa 2.600 parti, mentre un veicolo elettrico a batteria ha solo 400 componenti: questo restringimento della catena di approvvigionamento si potrebbe tradurre in un ulteriore importante calo di ulteriori posti di lavoro.

UN IMPATTO ECONOMICO SIGNIFICATIVO


I veicoli MCI non sono sostenibili nel lungo periodo e la transizione verso la mobilità elettrica appare inevitabile sebbene presenti un impatto economico significativo. I grandi marchi storici sono infatti costretti a competere con nuovi operatori sul mercato che si concentrano solo sui veicoli elettrici e che stanno conquistando quote maggiori del previsto. “La sfida è ardua perché occorre rincorrere questi nuovi competitor dal punto di vista della ricerca e sviluppo conservando allo stesso tempo i propri clienti e rispettando le sempre più stringenti direttive governative. E lo è in misura maggiore se a tutto questo vanno ad aggiungersi le pressioni di un mondo post-Covid”, conclude l’esperta di BlueBay Asset Management.

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