Natixis IM
Natixis IM: il bisogno di stimolo diventa cronico per mercati e economie
Gli asset rischiosi, in particolare l’azionario, hanno sviluppato una vera e propria dipendenza dalle misure di stimolo monetario e fiscale, ma i mercati preferiscono ignorare le conseguenze a lungo termine
16 Ottobre 2020 17:00
A fronte della pandemia, governi e banche centrali hanno adottato sostegni fiscali e monetari sempre più ingenti, un supporto indispensabile per mercati e economie, ma con conseguenze a lungo termine che gli investitori hanno deciso di ignorare. Economie e mercati sono diventati “dipendenti” dai piani di stimolo, con il rischio che le misure di sostegno a occupazione e consumi debbano essere continuamente prolungate, altrimenti si rischia una nuova recessione. È una situazione di dipendenza che potrebbe durare finché non assisteremo ad una crescita autonoma post-pandemia.
Lo sostiene Esty Dwek, head of global macro strategy di Natixis Investment Managers, ricordando che la prima ondata di sostegno fiscale è già stata straordinaria, toccando l’equivalente di circa il 14% del PIL USA statunitense, il 33% di quello tedesco e il 48% di quello italiano. A livello mondiale, il supporto fiscale ammonta a circa 20.000 mld di dollari, compresi prestiti, garanzie, sovvenzioni, sussidi di disoccupazione, rinvii e tagli delle imposte, e investimenti. Unito ad uno stimolo monetario straordinario, questo sforzo ha consentito di evitare lo scenario peggiore e di ripristinare la fiducia.
Ora siamo alla seconda ondata di stimoli con lo stanziamento da parte del governo tedesco di ulteriori fondi pari al 4% circa del PIL, mentre la Francia ha stanziato un altro 4% del PIL per la protezione dell’occupazione, e altri paesi europei dovrebbero muoversi nella stessa direzione. Inoltre, il Recovery Fund europeo dovrebbe diventare operativo nel 2021 e durare due anni, con un esborso complessivo di 750 mld in prestiti e sovvenzioni. Anche il Giappone ha annunciato un secondo stimolo per un valore pari a circa il 21% del PIL, mentre negli Stati Uniti la fase 4 degli stimoli fiscali è ancora oggetto di trattative.
Ma nonostante uno sforzo straordinario e superiore rispetto a quello del 2008-2009, l’esperta di Natixis IM sottolinea che sussistono ancora molte sfide per la crescita mondiale, mentre il covid non è stato ancora sconfitto. Per diversi settori, il pieno recupero richiederà ancora diversi trimestri, con disoccupazione elevata ancora per qualche tempo. Le imprese potrebbero non sopravvivere, e i governi devono evitare delle ondate di fallimenti e di disoccupazione, per evitare una crisi finanziaria molto più profonda, simile a quella del 2009.
Dwek sottolinea che dalla grande espansione dei bilanci pubblici scaturiscono diversi rischi, di cui il primo è l’inflazione, anche se Natixis IM non la considera un pericolo imminente. Sul piano fiscale infatti lo stimolo rappresenta una sostituzione dei redditi, non un aumento, mentre sul piano monetario la velocità della moneta rimane debole anche se lo stock è aumentato significativamente. Anche la crescita del debito e dei disavanzi pubblici dovrebbe preoccupare i mercati, e anche se non nell’immediato, ad un certo punto sarà importante ridurre queste esposizioni. L’Europa, osserva Dwek, non potrà permettersi lo stesso disavanzo degli USA, dato il ruolo del dollaro come valuta di riserva e considerando che un certo numero di paesi periferici è entrato nell’attuale crisi con livelli di indebitamento già eccessivamente elevati.
PRIMA ONDATA DI SOSTEGNO
Lo sostiene Esty Dwek, head of global macro strategy di Natixis Investment Managers, ricordando che la prima ondata di sostegno fiscale è già stata straordinaria, toccando l’equivalente di circa il 14% del PIL USA statunitense, il 33% di quello tedesco e il 48% di quello italiano. A livello mondiale, il supporto fiscale ammonta a circa 20.000 mld di dollari, compresi prestiti, garanzie, sovvenzioni, sussidi di disoccupazione, rinvii e tagli delle imposte, e investimenti. Unito ad uno stimolo monetario straordinario, questo sforzo ha consentito di evitare lo scenario peggiore e di ripristinare la fiducia.
NUOVI STIMOLI IN ARRIVO
Ora siamo alla seconda ondata di stimoli con lo stanziamento da parte del governo tedesco di ulteriori fondi pari al 4% circa del PIL, mentre la Francia ha stanziato un altro 4% del PIL per la protezione dell’occupazione, e altri paesi europei dovrebbero muoversi nella stessa direzione. Inoltre, il Recovery Fund europeo dovrebbe diventare operativo nel 2021 e durare due anni, con un esborso complessivo di 750 mld in prestiti e sovvenzioni. Anche il Giappone ha annunciato un secondo stimolo per un valore pari a circa il 21% del PIL, mentre negli Stati Uniti la fase 4 degli stimoli fiscali è ancora oggetto di trattative.
SFIDE PER LA CRESCITA MONDIALE
Ma nonostante uno sforzo straordinario e superiore rispetto a quello del 2008-2009, l’esperta di Natixis IM sottolinea che sussistono ancora molte sfide per la crescita mondiale, mentre il covid non è stato ancora sconfitto. Per diversi settori, il pieno recupero richiederà ancora diversi trimestri, con disoccupazione elevata ancora per qualche tempo. Le imprese potrebbero non sopravvivere, e i governi devono evitare delle ondate di fallimenti e di disoccupazione, per evitare una crisi finanziaria molto più profonda, simile a quella del 2009.
RISCHI LEGATI AL DEBITO PUBBLICO
Dwek sottolinea che dalla grande espansione dei bilanci pubblici scaturiscono diversi rischi, di cui il primo è l’inflazione, anche se Natixis IM non la considera un pericolo imminente. Sul piano fiscale infatti lo stimolo rappresenta una sostituzione dei redditi, non un aumento, mentre sul piano monetario la velocità della moneta rimane debole anche se lo stock è aumentato significativamente. Anche la crescita del debito e dei disavanzi pubblici dovrebbe preoccupare i mercati, e anche se non nell’immediato, ad un certo punto sarà importante ridurre queste esposizioni. L’Europa, osserva Dwek, non potrà permettersi lo stesso disavanzo degli USA, dato il ruolo del dollaro come valuta di riserva e considerando che un certo numero di paesi periferici è entrato nell’attuale crisi con livelli di indebitamento già eccessivamente elevati.