Asia
Fidelity: “Perché l’Asia esce rafforzata dalla pandemia”
Donatella Principe di Fidelity analizza le reazioni diverse dei paesi emergenti e di quelli sviluppati alla pandemia e spiega perché l’Asia ha le carte in regola per guidare il rimbalzo previsto nel 2021
12 Novembre 2020 16:57
Il grande vincitore della crisi provocata dal Covid-19, dovendo sceglierne uno, è certamente l’Asia. A dirlo con chiarezza è Donatella Principe, Director, Market and Distribution di Fidelity, che sottolinea come la performance positiva dei paesi asiatici, trascinati dalla Cina, derivi da un contesto di accelerazione economica già in corso prima della pandemia.
Secondo l’esperta di Fidelity, il 2020 si confermerà un anno di recessione globale che non sarà compensato completamente dal recupero del 2021. Ma tra i diversi paesi ci saranno differenze, sia nel calo del 2020 che nel rimbalzo del prossimo anno. Per rendere meglio l’idea, Principe utilizza il termine “deriva delle economie” facendo un parallelo con la teoria geologica della “deriva dei continenti”, quindi con economie che per effetto del Covid-19 si allontanano più velocemente una dall’altra.
“I paesi emergenti hanno sofferto meno della caduta e rimbalzeranno di più rispetto ai paesi sviluppati, che invece non saranno in grado di recuperare le perdite entro il prossimo anno”, sottolinea Donatella Principe. A determinare questo esito, secondo l’esperta, è un mix di fattori, a partire dalla reazione all’emergenza, con i paesi asiatici che hanno “gestito” la pandemia e quelli occidentali che invece l’hanno “subita”.
Inoltre, sottolinea Principe l’economia dell’Asia era già in accelerazione prima dell’emergenza sanitaria, mentre l’Europa stava vivendo una fase di crescita molto lenta, soprattutto in alcuni paesi che necessitano di profonde riforme strutturali. Sicuramente, a livello globale lo sforzo delle Banche centrali è stato senza precedenti: uno sforzo che ha messo i governi nelle condizioni ideali per intervenire sull’economia. “Ma se intervenire prima è fondamentale, altrettanto importante è come si spendono le risorse, forse anche più importante rispetto alla quantità di risorse messe in campo – sottolinea l’esperta di Fidelity – e possiamo già vedere ora come l’arma migliore siano gli investimenti, mentre i semplici trasferimenti appaiono essere poco efficaci”.
Questo perché anche i paesi più virtuosi stanno facendo debito per intervenire, e senza una ripartenza dell’economia con maggiori introiti fiscali sarà difficile ripagare questo sforzo. Un altro elemento che ha determinato la velocità di ripresa dei paesi è, secondo Principe, la tecnologia: le aree più attrezzate dal punto di vista tecnologico, quindi per esempio con connessioni più veloci, hanno superato meglio l’emergenza. E ancora una volta l’Asia sembra essere più avanti rispetto all’Europa.
Ma secondo Donatella Principe, la vera differenza risiede nell’approccio alla pandemia, ovvero tra le nazioni che hanno vissuto i mesi di lockdown come una parentesi prima del ritorno alle vecchie abitudini e quelli che, invece, sono convinti che il ritorno alla normalità non sarà un ritorno al passato. Nella prima categoria rientrano molti paesi europei, che per esempio hanno congelato i licenziamenti, mentre nella seconda ci sono i paesi emergenti ma anche gli Usa. “Negli Stati Uniti – commenta Principe – è stato toccato un picco di 23 milioni di disoccupati mentre in Francia, per esempio, è stata rivista anche la legge sui fallimenti delle aziende. Il risultato, però, rischia di essere la creazione di un esercito di zombie companies che possono minare a lungo la tenuta economica”.
La conclusione dell’esperta è quella di una ripresa a forma di lettera K, con un calo che ha accomunato più o meno tutte le economie globali e una ripresa che, invece, rischia di essere effimera per i paesi sviluppati e molto più pronunciati per quelli emergenti. Una ripresa che, in ogni caso, non sarà trainata dai settori tradizionali, ma da quelli più tecnologicamente avanzati.
[caption id="attachment_169806" align="alignnone" width="500"] La ripresa a forma di "K" evidenzia il divario tra paesi sviluppati e paesi emergenti e tra settori (Fonte: Fidelity International)[/caption]
LA DERIVA DELLE ECONOMIE
Secondo l’esperta di Fidelity, il 2020 si confermerà un anno di recessione globale che non sarà compensato completamente dal recupero del 2021. Ma tra i diversi paesi ci saranno differenze, sia nel calo del 2020 che nel rimbalzo del prossimo anno. Per rendere meglio l’idea, Principe utilizza il termine “deriva delle economie” facendo un parallelo con la teoria geologica della “deriva dei continenti”, quindi con economie che per effetto del Covid-19 si allontanano più velocemente una dall’altra.
I PAESI EMERGENTI HANNO GESTITO LA PANDEMIA
“I paesi emergenti hanno sofferto meno della caduta e rimbalzeranno di più rispetto ai paesi sviluppati, che invece non saranno in grado di recuperare le perdite entro il prossimo anno”, sottolinea Donatella Principe. A determinare questo esito, secondo l’esperta, è un mix di fattori, a partire dalla reazione all’emergenza, con i paesi asiatici che hanno “gestito” la pandemia e quelli occidentali che invece l’hanno “subita”.
SERVONO INVESTIMENTI, NON TRASFERIMENTI
Inoltre, sottolinea Principe l’economia dell’Asia era già in accelerazione prima dell’emergenza sanitaria, mentre l’Europa stava vivendo una fase di crescita molto lenta, soprattutto in alcuni paesi che necessitano di profonde riforme strutturali. Sicuramente, a livello globale lo sforzo delle Banche centrali è stato senza precedenti: uno sforzo che ha messo i governi nelle condizioni ideali per intervenire sull’economia. “Ma se intervenire prima è fondamentale, altrettanto importante è come si spendono le risorse, forse anche più importante rispetto alla quantità di risorse messe in campo – sottolinea l’esperta di Fidelity – e possiamo già vedere ora come l’arma migliore siano gli investimenti, mentre i semplici trasferimenti appaiono essere poco efficaci”.
L’IMPORTANZA DELLA TECNOLOGIA
Questo perché anche i paesi più virtuosi stanno facendo debito per intervenire, e senza una ripartenza dell’economia con maggiori introiti fiscali sarà difficile ripagare questo sforzo. Un altro elemento che ha determinato la velocità di ripresa dei paesi è, secondo Principe, la tecnologia: le aree più attrezzate dal punto di vista tecnologico, quindi per esempio con connessioni più veloci, hanno superato meglio l’emergenza. E ancora una volta l’Asia sembra essere più avanti rispetto all’Europa.
LA NUOVA NORMALITÀ
Ma secondo Donatella Principe, la vera differenza risiede nell’approccio alla pandemia, ovvero tra le nazioni che hanno vissuto i mesi di lockdown come una parentesi prima del ritorno alle vecchie abitudini e quelli che, invece, sono convinti che il ritorno alla normalità non sarà un ritorno al passato. Nella prima categoria rientrano molti paesi europei, che per esempio hanno congelato i licenziamenti, mentre nella seconda ci sono i paesi emergenti ma anche gli Usa. “Negli Stati Uniti – commenta Principe – è stato toccato un picco di 23 milioni di disoccupati mentre in Francia, per esempio, è stata rivista anche la legge sui fallimenti delle aziende. Il risultato, però, rischia di essere la creazione di un esercito di zombie companies che possono minare a lungo la tenuta economica”.
RIPRESA A FORMA DI “K”
La conclusione dell’esperta è quella di una ripresa a forma di lettera K, con un calo che ha accomunato più o meno tutte le economie globali e una ripresa che, invece, rischia di essere effimera per i paesi sviluppati e molto più pronunciati per quelli emergenti. Una ripresa che, in ogni caso, non sarà trainata dai settori tradizionali, ma da quelli più tecnologicamente avanzati.
[caption id="attachment_169806" align="alignnone" width="500"] La ripresa a forma di "K" evidenzia il divario tra paesi sviluppati e paesi emergenti e tra settori (Fonte: Fidelity International)[/caption]