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Amundi: “ETF Esg in crescita, nel 2020 investiti oltre 20 miliardi”
Nell’intervista a Financialouge.com, Vincenzo Sagone (Amundi) spiega come anche un investimento “passivo” necessiti di un approccio professionale per centrare l’obiettivo di investimento
18 Novembre 2020 08:00
Gli investimenti sono spesso divisi in “attivi” e “passivi”. È la maniera più semplice e immediata, ma non sempre quella giusta. “Noi preferiamo parlare di un approccio attivo o indicizzato”, spiega a Financialounge.com, Vincenzo Sagone, Head of Amundi ETF, Indexing e Smart Beta business unit di Amundi SGR . Anche un investimento “passivo”, quindi, necessita di un approccio professionale per replicare efficacemente la performance di un determinato mercato .
"Noi abbiamo un orientamento diverso e preferiamo parlare di un approccio attivo rispetto a uno indicizzato. E c'è un'ottima ragione per questo. Se da un lato l'investimento cosiddetto "passivo" non comporta la selezione attiva dei titoli, dall'altro non significa certo il sedersi semplicemente a fare un aperitivo. Che si utilizzi un ETF o un fondo comune d'investimento tradizionale, questi sono sempre gestiti in modo professionale e con grande attenzione alla selezione dei titoli più corretti per rispecchiare al meglio la performance dell'indice. Vi sono molte decisioni da prendere su quali benchmark adottare, se sia necessaria una personalizzazione, come e quando effettuare le negoziazioni e persino aspetti tecnici su come il portafoglio detenga effettivamente le proprie esposizioni. Tutti aspetti sicuramente non passivi.
“Negli ultimi due anni abbiamo assistito a un enorme aumento dell'interesse per gli investimenti sostenibili. Secondo Morningstar, i fondi europei che incorporano criteri ambientali, sociali o di governance (ESG) nelle proprie strategie sono aumentati del 56% nel 2019 fino a raggiungere 668 miliardi di euro. E sembra che la pandemia del 2020 abbia di fatto accelerato questa tendenza. Nell’ambito degli ETF, ad esempio, tra gennaio e settembre 2020 sono stati investiti quasi 20 miliardi di euro in soluzioni ESG europee, tre volte in più rispetto allo stesso periodo del 2020. Chi sceglie di investire in modo sostenibile ha diverse ragioni per farlo: potrebbe essere interessato ad allineare il portafoglio di investimenti ai propri valori personali o religiosi, potrebbe credere che il cambiamento climatico sia un grosso rischio da eliminare dal portafoglio o forse ritiene che le società sostenibili possano ottenere risultati migliori”.
“Qualunque sia la motivazione che spinge a investire in modo sostenibile, questo ambito è stato tradizionalmente visto come il terreno dell'investitore attivo che può scegliere le azioni e decidere di non includere le società "cattive" nel proprio portafoglio. Questo però non è necessariamente vero e, con circa 10mila miliardi di euro di asset che replicano indici a livello globale, gli investitori con un approccio indicizzato hanno il potenziale per far sentire la propria voce. In fin dei conti, crediamo che la gestione indicizzata abbia un ruolo chiave nel guidare il cambiamento sostenibile e riteniamo che più le persone investano in modo sostenibile, meglio sia per la società”.
“Quando si parla di investimenti ESG, non tutte le soluzioni sono uguali. La propensione al rischio, le convinzioni personali, gli obiettivi di rendimento e molti altri fattori giocano un ruolo importante nella scelta del giusto fondo sostenibile. Con una gamma sempre più ampia di indici ESG trasparenti a disposizione degli investitori è ora più facile che mai trovare una soluzione che si allinei alle convinzioni ESG di ciascuno, nel rispetto delle caratteristiche e delle esigenze di ciascun investitore. Per questo motivo abbiamo strutturato la gamma di investimenti responsabili di Amundi in base a diversi livelli di integrazione ESG”.
“Investendo in fondi più sostenibili attraverso la gamma di indici sul mercato gli investitori possono avere non solo un impatto diretto, ma anche amplificare questo impatto esercitando i propri diritti come investitori e azionisti sostenibili. Non è necessario farlo da soli: questo è possibile scegliendo una società di gestione che abbia forti politiche di voto e di engagement. Ciò significa che la società di gestione voterà alle assemblee degli azionisti e, in alcuni casi, avrà colloqui con i consigli di amministrazione della società per chiedere miglioramenti. Negli ultimi mesi le società di gestione hanno ottenuto diversi miglioramenti attraverso l’engagement, dall'ottenere che le compagnie di trasporto di container si impegnino a raggiungere obiettivi di emissioni nette neutrali, al chiedere ai produttori di alimenti e bevande di rendicontare sulle emissioni di Co2 della loro filiera, fino a ottenere che le compagnie petrolifere e del gas si impegnino a collegare la retribuzione dei dirigenti al rispetto di obiettivi climatici. Esclusioni, disinvestimenti ed engagement possono essere realizzati anche attraverso strategie di investimento “passive”. L’importante però è selezionare una società di gestione che non si limiti alle dichiarazioni di intenti, ma si impegni anche nel metterle in pratica con convinzione”.
PERCHÉ È SBAGLIATO CONSIDERARE GLI ETF INVESTIMENTI “PASSIVI”?
"Noi abbiamo un orientamento diverso e preferiamo parlare di un approccio attivo rispetto a uno indicizzato. E c'è un'ottima ragione per questo. Se da un lato l'investimento cosiddetto "passivo" non comporta la selezione attiva dei titoli, dall'altro non significa certo il sedersi semplicemente a fare un aperitivo. Che si utilizzi un ETF o un fondo comune d'investimento tradizionale, questi sono sempre gestiti in modo professionale e con grande attenzione alla selezione dei titoli più corretti per rispecchiare al meglio la performance dell'indice. Vi sono molte decisioni da prendere su quali benchmark adottare, se sia necessaria una personalizzazione, come e quando effettuare le negoziazioni e persino aspetti tecnici su come il portafoglio detenga effettivamente le proprie esposizioni. Tutti aspetti sicuramente non passivi.
LA DOMANDA DEGLI INVESTITORI DI ETF ESG STA CRESCENDO A LIVELLO EUROPEO. A COSA È DOVUTO QUESTO TREND?
“Negli ultimi due anni abbiamo assistito a un enorme aumento dell'interesse per gli investimenti sostenibili. Secondo Morningstar, i fondi europei che incorporano criteri ambientali, sociali o di governance (ESG) nelle proprie strategie sono aumentati del 56% nel 2019 fino a raggiungere 668 miliardi di euro. E sembra che la pandemia del 2020 abbia di fatto accelerato questa tendenza. Nell’ambito degli ETF, ad esempio, tra gennaio e settembre 2020 sono stati investiti quasi 20 miliardi di euro in soluzioni ESG europee, tre volte in più rispetto allo stesso periodo del 2020. Chi sceglie di investire in modo sostenibile ha diverse ragioni per farlo: potrebbe essere interessato ad allineare il portafoglio di investimenti ai propri valori personali o religiosi, potrebbe credere che il cambiamento climatico sia un grosso rischio da eliminare dal portafoglio o forse ritiene che le società sostenibili possano ottenere risultati migliori”.
PERCHÉ LA GESTIONE INDICIZZATA HA UN RUOLO CHIAVE?
“Qualunque sia la motivazione che spinge a investire in modo sostenibile, questo ambito è stato tradizionalmente visto come il terreno dell'investitore attivo che può scegliere le azioni e decidere di non includere le società "cattive" nel proprio portafoglio. Questo però non è necessariamente vero e, con circa 10mila miliardi di euro di asset che replicano indici a livello globale, gli investitori con un approccio indicizzato hanno il potenziale per far sentire la propria voce. In fin dei conti, crediamo che la gestione indicizzata abbia un ruolo chiave nel guidare il cambiamento sostenibile e riteniamo che più le persone investano in modo sostenibile, meglio sia per la società”.
GLI INVESTITORI NON SONO TUTTI UGUALI: COME FARE PER INDIVIDUARE L’ETF PIÙ ADATTO?
“Quando si parla di investimenti ESG, non tutte le soluzioni sono uguali. La propensione al rischio, le convinzioni personali, gli obiettivi di rendimento e molti altri fattori giocano un ruolo importante nella scelta del giusto fondo sostenibile. Con una gamma sempre più ampia di indici ESG trasparenti a disposizione degli investitori è ora più facile che mai trovare una soluzione che si allinei alle convinzioni ESG di ciascuno, nel rispetto delle caratteristiche e delle esigenze di ciascun investitore. Per questo motivo abbiamo strutturato la gamma di investimenti responsabili di Amundi in base a diversi livelli di integrazione ESG”.
IN CHE MODO UN FUND MANAGER PUÒ FARE LA DIFFERENZA NELLA GESTIONE DI UN FONDO ESG “PASSIVO”?
“Investendo in fondi più sostenibili attraverso la gamma di indici sul mercato gli investitori possono avere non solo un impatto diretto, ma anche amplificare questo impatto esercitando i propri diritti come investitori e azionisti sostenibili. Non è necessario farlo da soli: questo è possibile scegliendo una società di gestione che abbia forti politiche di voto e di engagement. Ciò significa che la società di gestione voterà alle assemblee degli azionisti e, in alcuni casi, avrà colloqui con i consigli di amministrazione della società per chiedere miglioramenti. Negli ultimi mesi le società di gestione hanno ottenuto diversi miglioramenti attraverso l’engagement, dall'ottenere che le compagnie di trasporto di container si impegnino a raggiungere obiettivi di emissioni nette neutrali, al chiedere ai produttori di alimenti e bevande di rendicontare sulle emissioni di Co2 della loro filiera, fino a ottenere che le compagnie petrolifere e del gas si impegnino a collegare la retribuzione dei dirigenti al rispetto di obiettivi climatici. Esclusioni, disinvestimenti ed engagement possono essere realizzati anche attraverso strategie di investimento “passive”. L’importante però è selezionare una società di gestione che non si limiti alle dichiarazioni di intenti, ma si impegni anche nel metterle in pratica con convinzione”.