energia nucleare
In 7 regioni arrivano anche le zone verdi per il deposito di rifiuti nucleari
Dopo sei anni ecco finalmente la lista delle aree adatte alla costruzione. La struttura dovrà essere operativa entro il 2025
5 Gennaio 2021 13:02
Dopo sei anni di attesa è finalmente arrivata la lista delle possibili zone in cui l’Italia potrà costruire il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. Sono in tutto 67, che soddisfano i 25 criteri inseriti cinque anni fa nella CNAPI, la carta delle aree potenzialmente idonee. Per capire quali saranno i comuni e le province interessate, è possibile consultare la mappa sul sito Depositonazionale.it.
Delle 67 aree potenzialmente adatte a costruire il Deposito nazionale scelte da Sogin, società nazionale incaricata dello smantellamento degli impianti nucleari, otto si trovano in Piemonte, tra le province di Torino e Alessandria (e precisamente nei Comuni di Caluso, Mazzè, Rondissone, Carmagnola, Alessandria, Quargento e Bosco Marengo).
Nel centro Italia invece sono state individuate 24 zone tra le province di Siena, Grosseto e Viterbo. I comuni interessati sono quelli di Pienza, Campagnatico, Ischia e Montalto di Castro, Canino, Tuscania, Tarquinia, Vignanello, Gallese e Corchiano.
Sogin ha selezionato anche 17 zone tra la Basilicata e la Puglia, precisamente tra le province di Potenza, Matera, Bari e Taranto. Undici i comuni interessati: Genzano, Irsina, Acerenza, Oppido Lucano, Gravina, Altamura, Matera, Laterza, Bernalda, Montalbano e Montescaglioso.
18 le aree individuate invece sulle isole, 14 in Sardegna e quattro in Sicilia. La prima vede interessata solo la provincia di Oristano, con i comuni di Siapiccia, Albagiara, Assolo, Usellus, Mogorella, Villa Sant’Antonio, Nuragus, Nurri, Genuri, Setzu, Turri, Pauli Arbarei, Ortacesus, Guasila, Segariu, Villamar e Gergei; le zone selezionate in Sicilia coinvolgono invece le province di Trapani, Palermo e Caltanissetta. I comuni sono quelli di Trapani, Calatafimi, Segesta, Castellana, Petralia e Butera.
Entro i prossimi 60 giorni partirà la consultazione pubblica con Regioni ed enti locali per l’individuazione dell’area più adatta dove costruire il Deposito nazionale. Considerando che nessuno vuole i rifiuti radioattivi, ciò porterà inevitabilmente a numerosi dibattiti all’interno delle varie amministrazioni e allo scatenarsi del cosiddetto effetto NIMBY (Not In My BackYard). Una volta trovata la zona, saranno necessari almeno quattro anni per costruire la struttura, che deve diventare operativa entro il 2025.
Il Deposito nazionale verrà realizzato su un’area di 150 ettari, comprendenti anche il parco tecnologico. La struttura sarà a matrioska: all’interno di 90 costruzioni in calcestruzzo armato verranno collocati grandi contenitori in calcestruzzo speciale adatto a contenere i rifiuti radioattivi, provenienti in gran parte dal mondo civile, industriale, medico e della ricerca. Il Deposito dovrà contenere inizialmente 78mila metri cubi di scorie a bassa e media intensità e successivamente anche 17mila metri cubi di quelle ad alta intensità. La struttura, che dovrà garantire l’isolamento dei rifiuti per 300 anni, avrà un costo complessivo di 900 milioni di euro.
La questione dei rifiuti radioattivi in Italia si protrae dal 1987, anno del referendum con il quale i cittadini hanno deciso la chiusura dei quattro siti nucleari presenti sul territorio nazionale. Da allora, come più volte richiesto dall’Europa, è stato necessario avviare l’istituzione di un deposito nazionale dove ospitare le scorie. Tra questioni politiche e continui rinvii, Sogin, società aperta nel 2001 e costata circa 300 milioni all’anno alle casse dello Stato, è riuscita a pubblicare l’elenco delle aree idonee solo adesso.
NORD ITALIA
Delle 67 aree potenzialmente adatte a costruire il Deposito nazionale scelte da Sogin, società nazionale incaricata dello smantellamento degli impianti nucleari, otto si trovano in Piemonte, tra le province di Torino e Alessandria (e precisamente nei Comuni di Caluso, Mazzè, Rondissone, Carmagnola, Alessandria, Quargento e Bosco Marengo).
CENTRO ITALIA
Nel centro Italia invece sono state individuate 24 zone tra le province di Siena, Grosseto e Viterbo. I comuni interessati sono quelli di Pienza, Campagnatico, Ischia e Montalto di Castro, Canino, Tuscania, Tarquinia, Vignanello, Gallese e Corchiano.
SUD ITALIA
Sogin ha selezionato anche 17 zone tra la Basilicata e la Puglia, precisamente tra le province di Potenza, Matera, Bari e Taranto. Undici i comuni interessati: Genzano, Irsina, Acerenza, Oppido Lucano, Gravina, Altamura, Matera, Laterza, Bernalda, Montalbano e Montescaglioso.
ISOLE
18 le aree individuate invece sulle isole, 14 in Sardegna e quattro in Sicilia. La prima vede interessata solo la provincia di Oristano, con i comuni di Siapiccia, Albagiara, Assolo, Usellus, Mogorella, Villa Sant’Antonio, Nuragus, Nurri, Genuri, Setzu, Turri, Pauli Arbarei, Ortacesus, Guasila, Segariu, Villamar e Gergei; le zone selezionate in Sicilia coinvolgono invece le province di Trapani, Palermo e Caltanissetta. I comuni sono quelli di Trapani, Calatafimi, Segesta, Castellana, Petralia e Butera.
I PROSSIMI PASSI
Entro i prossimi 60 giorni partirà la consultazione pubblica con Regioni ed enti locali per l’individuazione dell’area più adatta dove costruire il Deposito nazionale. Considerando che nessuno vuole i rifiuti radioattivi, ciò porterà inevitabilmente a numerosi dibattiti all’interno delle varie amministrazioni e allo scatenarsi del cosiddetto effetto NIMBY (Not In My BackYard). Una volta trovata la zona, saranno necessari almeno quattro anni per costruire la struttura, che deve diventare operativa entro il 2025.
LA STRUTTURA
Il Deposito nazionale verrà realizzato su un’area di 150 ettari, comprendenti anche il parco tecnologico. La struttura sarà a matrioska: all’interno di 90 costruzioni in calcestruzzo armato verranno collocati grandi contenitori in calcestruzzo speciale adatto a contenere i rifiuti radioattivi, provenienti in gran parte dal mondo civile, industriale, medico e della ricerca. Il Deposito dovrà contenere inizialmente 78mila metri cubi di scorie a bassa e media intensità e successivamente anche 17mila metri cubi di quelle ad alta intensità. La struttura, che dovrà garantire l’isolamento dei rifiuti per 300 anni, avrà un costo complessivo di 900 milioni di euro.
LA QUESTIONE
La questione dei rifiuti radioattivi in Italia si protrae dal 1987, anno del referendum con il quale i cittadini hanno deciso la chiusura dei quattro siti nucleari presenti sul territorio nazionale. Da allora, come più volte richiesto dall’Europa, è stato necessario avviare l’istituzione di un deposito nazionale dove ospitare le scorie. Tra questioni politiche e continui rinvii, Sogin, società aperta nel 2001 e costata circa 300 milioni all’anno alle casse dello Stato, è riuscita a pubblicare l’elenco delle aree idonee solo adesso.
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