Carlo Bonomi

Confindustria: col governo Draghi stop a reddito di cittadinanza e a quota 100

Bonomi boccia il governo Conte: "sulle riforme del lavoro ha fallito, non si possono fondare sui centri pubblici per l'impiego. Il Recovery Plan era completamente da riscrivere "

4 Febbraio 2021 12:44

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“Draghi ha le qualità che da tempo auspicavo in un politico: una persona seria, competente, autorevole ed efficace”. Lo ha detto in un’intervista a La Stampa il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi.

IL GIUDIZIO SU CONTE


Che ha parole assai meno lusinghiere su chi sta per passare il testimone all’economista romano: “Il nostro giudizio sul governo Conte era negativo. Anche se avevo riconosciuto, ad esempio, il ruolo positivo della struttura tecnica e della competenza del Ministero dell’Economia, di fronte allo spettacolo di caos che stavano dando i partiti, domenica scorsa ho richiamato la necessità di difendere l’importanza del Mef”.

CON DRAGHI SI DEVE PARTIRE DAL CONFRONTO


Di fronte a una “triplice emergenza” come quella che sta vivendo il Paese, il presidente Sergio Mattarella non poteva prendere decisione migliore, sostiene Bonomi. “Il Quirinale ha dato tutto il tempo alla maggioranza per ritessere la sua tela, ma i partiti hanno fallito. L’incarico a Draghi mi è sembrata una scelta saggia”, continua il numero uno di Confindustria, che sul dialogo da aprire col futuro premier è risoluto: “Non chiederemo miliardi, ma confronto. Abbiamo sempre pensato fosse necessario combattere la povertà, ma è sotto gli occhi di tutti che il reddito di cittadinanza, come strumento per favorire la ricerca di un lavoro, ha fallito”.

LE RIFORME: MODIFICARE LE VECCHIE E AVVIARNE DI  NUOVE, RADICALI


Per creare vero lavoro servono riforme, prosegue. “Una, radicale, degli ammortizzatori sociali e una di politiche del lavoro efficaci, non solo imperniate sui centri pubblici per l’impiego”. Non sono novità, per Confindustria, che già a luglio aveva presentato al governo la propria proposta, “ma non se n’è fatto nulla”, chiosa Bonomi. Poi, pensando ai sindacati, aggiunge: “Anche loro chiedono una riforma su cassa integrazione e mobilità. Credo che il nuovo governo potrebbe convocarci per una trattativa a tre. Dobbiamo cambiare la filosofia: è difficile immaginare di mantenere il lavoro dov’era e com’era in un mondo che cambia. E contemporaneamente tutelare le persone, formandole, perché abbiano la capacità di modificare la loro professionalità. Ma per ottenere il risultato bisogna modificare vecchie norme. Come quella che impedisce la formazione a chi si trova in cassa integrazione”.

QUOTA 100 CREA INGIUSTIZIA


C’è un’altra “vecchia norma” a cui Bonomi non fa sconti, quota 100. “Abbiamo sempre avvertito che avrebbe creato problemi di sostenibilità del debito pubblico e aggravato l’ingiustizia verso i più giovani. L’idea che pensionando in anticipo i più anziani si creino nuovi posti di lavoro non è fattibile”, spiega.

IL BLOCCO DEI LICENZIAMENTI: UN'EMERGENZA CHE ORA NON BASTA


Sul blocco dei licenziamenti, “all’inizio della pandemia eravamo in emergenza ed era naturale adottare un intervento come questo. Ma, nonostante il blocco, dall’inizio della pandemia abbiamo comunque perso oltre 600mila posti di lavoro. Nessuno vuole fare macelleria sociale. Dobbiamo invece graduare l’uscita dal blocco prolungando la cassa Covid per le aziende in gravi difficoltà, ma togliendo i vincoli alle altre. Unendo nuovi ammortizzatori e nuove politiche, entrambi volti all’occupabilità”.

UN RECOVERY "DA RISCRIVERE"


Infine, l’ultima “insufficienza”, è sul documento del Recovery. Per il presidente di Confindustria il testo del governo Conte “era completamente da riscrivere. Non si capiva chi dovesse gestire i fondi. E non c’erano obiettivi precisi su riforme essenziali. Senza ristrutturare a fondo la nostra pubblica amministrazione non riusciremo mai a spendere 200 miliardi di euro in sei anni. In media, ce ne mettiamo 15 a realizzare le opere di valore superiore ai 100 milioni. Dobbiamo riformare pubblica amministrazione, giustizia e lavoro”.

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