AlmaLaurea
Più veloci a laurearsi, le donne trovano lavoro dopo gli uomini
Secondo AlmaLaurea, il gender pay gap penalizza le libere professioni: una psicologa prende 325 euro meno di un collega maschio
8 Marzo 2021 13:12
Faticano a fare carriera, ma anche – cosa ben più grave – a trovare un’occupazione. Che le donne italiane siano cronicamente penalizzate nell’accesso al lavoro non è una novità, ma oggi un’indagine è in grado di misurare la durata del limbo che le separa dal conseguimento del titolo di studi al primo impiego.
Ci ha pensato AlmaLaurea, che ha unito i dati sull’età media dei laureati di ambo i sessi a quella dell’ingresso nel mondo del lavoro per donne e uomini. Ne risulta che, fatta eccezione per le specialiste in contabilità (commercialisti e simili) e per le veterinarie, la popolazione femminile fatica a immettersi nel mercato molto più di quella maschile. Ma quanto?
Secondo le rilevazioni che il consorzio ha trasmesso al Sole 24 Ore, in alcuni casi il divario sul tempo intercorso tra laurea e prima occupazione è irrisorio: 0,2 mesi per gli ingegneri gestionali e industriali (5,5 mesi per gli uomini e 5,7 per le donne); un mese per i medici generici (9,3 a 10,3) e gli avvocati (20,8 a 21,8) e 1,2 mesi per i biologi (11,7 a 12,9) e i farmacisti (6,4 a 7,6). In altri casi, invece, la forbice si allarga nettamente, come per le professioni infermieristiche, dove i maschi impiegano quasi sei mesi in meno (6,4 a 12,1) per avere il primo contratto.
Un quadro che stride con quello dell’iter universitario di studentesse e studenti, sempre fotografato da AlmaLaurea. La stessa indagine, svolta prima dell’inizio della pandemia, nel 2019, prende in esame 13 categorie professionali con ogni impiegato intervistato a cinque anni di distanza dalla laurea. Il primo dato che emerge è che, fino al conseguimento del titolo, le ragazze hanno più successo dei ragazzi. Arrivano non solo più rapidamente al traguardo, ma anche meglio. Dalle avvocate laureate, in media, a 26,2 anni, contro i 26,6 dei colleghi uomini, ai 26,9 delle biologhe che battono per più di un punto i ragazzi (28), le performance delle studentesse sono le migliori, voti alla mano. Lo confermano il 108 delle architette contro il 106,7 degli architetti e il 108,1 delle dentiste rispetto al 105,3 dei colleghi maschi.
Percorsi brillanti, raramente premiati nel passaggio allo step successivo, il lavoro. Con l’aggravio, tristemente noto, del divario retributivo. E questo, sottolinea Il Sole 24 Ore, “nonostante la formazione post lauream sia uguale, se non migliore”. A volte il gender pay gap è ridotto, come per i 44 euro netti mensili che separano infermieri e infermiere. Altre volte è eccessivo e a farne le spese sono, per esempio, dottoresse e psicologhe. Le prime percepiscono 268 euro in meno dei colleghi medici, le seconde addirittura 325 in meno degli psicologi. Numeri che la direttrice di AlmaLaurea, Marina Tomoteo, intervistata dal Sole 24 Ore, commenta così: “Per le donne, storicamente penalizzate sul fronte occupazionale, si conferma un dato negativo, particolarmente sul piano retributivo. D’altra parte, nel mondo delle libere professioni, le donne restano un motore propulsivo importante, come conferma il fatto che, nell’esercizio di queste, la componente femminile sia maggioritaria”.
L'INDAGINE DI ALMALAUREA
Ci ha pensato AlmaLaurea, che ha unito i dati sull’età media dei laureati di ambo i sessi a quella dell’ingresso nel mondo del lavoro per donne e uomini. Ne risulta che, fatta eccezione per le specialiste in contabilità (commercialisti e simili) e per le veterinarie, la popolazione femminile fatica a immettersi nel mercato molto più di quella maschile. Ma quanto?
Secondo le rilevazioni che il consorzio ha trasmesso al Sole 24 Ore, in alcuni casi il divario sul tempo intercorso tra laurea e prima occupazione è irrisorio: 0,2 mesi per gli ingegneri gestionali e industriali (5,5 mesi per gli uomini e 5,7 per le donne); un mese per i medici generici (9,3 a 10,3) e gli avvocati (20,8 a 21,8) e 1,2 mesi per i biologi (11,7 a 12,9) e i farmacisti (6,4 a 7,6). In altri casi, invece, la forbice si allarga nettamente, come per le professioni infermieristiche, dove i maschi impiegano quasi sei mesi in meno (6,4 a 12,1) per avere il primo contratto.
SI LAUREANO PRIMA, MA INIZIANO A LAVORARE DOPO
Un quadro che stride con quello dell’iter universitario di studentesse e studenti, sempre fotografato da AlmaLaurea. La stessa indagine, svolta prima dell’inizio della pandemia, nel 2019, prende in esame 13 categorie professionali con ogni impiegato intervistato a cinque anni di distanza dalla laurea. Il primo dato che emerge è che, fino al conseguimento del titolo, le ragazze hanno più successo dei ragazzi. Arrivano non solo più rapidamente al traguardo, ma anche meglio. Dalle avvocate laureate, in media, a 26,2 anni, contro i 26,6 dei colleghi uomini, ai 26,9 delle biologhe che battono per più di un punto i ragazzi (28), le performance delle studentesse sono le migliori, voti alla mano. Lo confermano il 108 delle architette contro il 106,7 degli architetti e il 108,1 delle dentiste rispetto al 105,3 dei colleghi maschi.
RITARDO NELL'ACCESSO AL LAVORO E GENDER PAY GAP
Percorsi brillanti, raramente premiati nel passaggio allo step successivo, il lavoro. Con l’aggravio, tristemente noto, del divario retributivo. E questo, sottolinea Il Sole 24 Ore, “nonostante la formazione post lauream sia uguale, se non migliore”. A volte il gender pay gap è ridotto, come per i 44 euro netti mensili che separano infermieri e infermiere. Altre volte è eccessivo e a farne le spese sono, per esempio, dottoresse e psicologhe. Le prime percepiscono 268 euro in meno dei colleghi medici, le seconde addirittura 325 in meno degli psicologi. Numeri che la direttrice di AlmaLaurea, Marina Tomoteo, intervistata dal Sole 24 Ore, commenta così: “Per le donne, storicamente penalizzate sul fronte occupazionale, si conferma un dato negativo, particolarmente sul piano retributivo. D’altra parte, nel mondo delle libere professioni, le donne restano un motore propulsivo importante, come conferma il fatto che, nell’esercizio di queste, la componente femminile sia maggioritaria”.
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