Obiettivo (in)sostenibile
La Cina può davvero diventare ''carbon neutral'' entro il 2060?
Un'analisi di Isabella Harvey-Bathurst di Schroders spiega perché l'obiettivo delle zero emissioni in meno di 40 anni è arduo per Shangai, che dovrebbe passare ai combustibili non fossili in una percentuale superiore all'85%
di Gaia Terzulli 22 Marzo 2021 21:00
Quanto fa sul serio la Cina quando parla di decarbonizzazione? Come riuscirà a conciliare l’obiettivo delle zero emissioni entro il 2060 – fissato dal presidente Xi Jinping – con il fatto di essere, a oggi, il Paese che consuma più carbone di tutto il resto del mondo messo insieme?
È a partire da questi interrogativi che Isabella Harvey-Bathurst, Global sector specialist di Schroders analizza le strategie che la Cina dovrà mettere in atto per raggiungere la neutralità climatica. Che saranno ardue e molteplici, a quanto pare. In primis, perché proprio l’anno scorso Shangai ha approvato i piani per la costruzione di nuovi impianti carboniferi al ritmo più elevato dal 2015, mirando a incrementare la produzione di altri 40 gigawatt. Per dare un’idea, la capacità totale di generazione di energia elettrica nel Regno Unito è di 107 gigawatt. L’anno precedente, nel 2019, il carbone rappresentava circa il 65% della generazione di energia elettrica cinese.
Per azzerare le emissioni entro il 2060, Shangai dovrebbe passare a combustibili non fossili in una percentuale superiore all’85% entro il 2060, spiega Isabella Harvey-Bathurst. Secondo Goldman Sachs, il cambiamento dovrebbe avvenire in un contesto di triplicazione della domanda totale di energia elettrica che, economicamente, è già molto più competitiva. Secondo l’analista di Schroders, il costo livellato dell’elettricità – cioè il costo di quella prodotta da un impianto nel corso della sua vita – eolica e solare è già più basso del costo delle nuove centrali a carbone ed è destinato a scendere ancora. Con il 14° piano quinquennale (2021-2025) la Cina mira alla generazione di 500 gigawatt di energia eolica e solare e di fare in modo che i combustibili non fossili vadano a coprire il 20% dell’energia primaria utilizzata entro il 2025.
Obiettivo a cui molto contribuirà il mercato dei veicoli elettrici, che tra quattro anni rappresenteranno – secondo Goldman Sachs – il 20% di quelli venduti in Cina, rispetto al 5% del 2019. Una percentuale che dovrà continuare a crescere a ritmo sostenuto per raggiungere la copertura dell’intera flotta di veicoli in Cina entro il 2060 e, dunque, l’obiettivo della neutralità carbonica.
E a ben vedere, il settore più difficile da decarbonizzare non è la mobilità, ma l’industria, che attualmente è responsabile di un quarto delle emissioni cinesi. Sei dei principali produttori di acciaio nel mondo sono cinesi e questo settore pesa per il 15% delle emissioni di CO2 nel Paese, fa notare Isabella Harvey-Bathurst. Tuttavia, se i maggiori produttori persisteranno nell’impegno già intrapreso di convertirsi alla sostenibilità, l’obiettivo del 2060 potrebbe essere raggiunto.
Dal punto di vista degli investitori, l’impegno verso l’azzeramento delle emissioni rafforza le prospettive di crescita secolare degli strumenti utilizzati per la decarbonizzazione: rinnovabili, veicoli elettrici, idrogeno verde, stoccaggio di energia e del carbonio. Secondo le stime di Goldman Sachs, le opportunità di investimento nel settore tech green potrebbero raggiungere i 16.000 miliardi di dollari. La Cina, conclude l’esperta di Schroders, ha storicamente usato le politiche industriali per forgiare posizioni di leadership in tecnologie chiave ed è per questo che chi investe nel cambiamento climatico non può ignorare il mercato cinese, né oggi né in futuro.
LE (ARDUE) STRATEGIE PER RAGGIUNGERE LA DECARBONIZZAZIONE
È a partire da questi interrogativi che Isabella Harvey-Bathurst, Global sector specialist di Schroders analizza le strategie che la Cina dovrà mettere in atto per raggiungere la neutralità climatica. Che saranno ardue e molteplici, a quanto pare. In primis, perché proprio l’anno scorso Shangai ha approvato i piani per la costruzione di nuovi impianti carboniferi al ritmo più elevato dal 2015, mirando a incrementare la produzione di altri 40 gigawatt. Per dare un’idea, la capacità totale di generazione di energia elettrica nel Regno Unito è di 107 gigawatt. L’anno precedente, nel 2019, il carbone rappresentava circa il 65% della generazione di energia elettrica cinese.
UNA SFIDA AMBIZIOSA: TRIPLICARE LA DOMANDA DI ENERGIA ELETTRICA
Per azzerare le emissioni entro il 2060, Shangai dovrebbe passare a combustibili non fossili in una percentuale superiore all’85% entro il 2060, spiega Isabella Harvey-Bathurst. Secondo Goldman Sachs, il cambiamento dovrebbe avvenire in un contesto di triplicazione della domanda totale di energia elettrica che, economicamente, è già molto più competitiva. Secondo l’analista di Schroders, il costo livellato dell’elettricità – cioè il costo di quella prodotta da un impianto nel corso della sua vita – eolica e solare è già più basso del costo delle nuove centrali a carbone ed è destinato a scendere ancora. Con il 14° piano quinquennale (2021-2025) la Cina mira alla generazione di 500 gigawatt di energia eolica e solare e di fare in modo che i combustibili non fossili vadano a coprire il 20% dell’energia primaria utilizzata entro il 2025.
LA MOBILITA', ANELLO CRUCIALE
Obiettivo a cui molto contribuirà il mercato dei veicoli elettrici, che tra quattro anni rappresenteranno – secondo Goldman Sachs – il 20% di quelli venduti in Cina, rispetto al 5% del 2019. Una percentuale che dovrà continuare a crescere a ritmo sostenuto per raggiungere la copertura dell’intera flotta di veicoli in Cina entro il 2060 e, dunque, l’obiettivo della neutralità carbonica.
L'INDUSTRIA DEVE DIVENTARE SOSTENIBILE
E a ben vedere, il settore più difficile da decarbonizzare non è la mobilità, ma l’industria, che attualmente è responsabile di un quarto delle emissioni cinesi. Sei dei principali produttori di acciaio nel mondo sono cinesi e questo settore pesa per il 15% delle emissioni di CO2 nel Paese, fa notare Isabella Harvey-Bathurst. Tuttavia, se i maggiori produttori persisteranno nell’impegno già intrapreso di convertirsi alla sostenibilità, l’obiettivo del 2060 potrebbe essere raggiunto.
LE PROSPETTIVE PER GLI INVESTITORI
Dal punto di vista degli investitori, l’impegno verso l’azzeramento delle emissioni rafforza le prospettive di crescita secolare degli strumenti utilizzati per la decarbonizzazione: rinnovabili, veicoli elettrici, idrogeno verde, stoccaggio di energia e del carbonio. Secondo le stime di Goldman Sachs, le opportunità di investimento nel settore tech green potrebbero raggiungere i 16.000 miliardi di dollari. La Cina, conclude l’esperta di Schroders, ha storicamente usato le politiche industriali per forgiare posizioni di leadership in tecnologie chiave ed è per questo che chi investe nel cambiamento climatico non può ignorare il mercato cinese, né oggi né in futuro.