AllianceBernstein
Fino a che punto la Bce lascerà salire i rendimenti obbligazionari?
La funzione di reazione della Banca centrale europea è sempre meno chiara, sostengono in AllianceBernstein, ma è certo che continuerà a opporsi a un aumento dei rendimenti a breve
31 Marzo 2021 14:38
I mercati obbligazionari sono sempre più attraversati dai timori che una risalita dell’inflazione possa determinare un cambiamento di rotta delle politiche monetarie delle banche centrali, sinora ampiamente accomodanti. La settimana scorsa la BCE ha promesso di accelerare gli acquisti di obbligazioni, una mossa inaspettata, ma anche un segnale forte: la banca centrale è determinata a contrastare un aumento dei rendimenti obbligazionari dell’eurozona in una fase in cui i rendimenti statunitensi sono soggetti a pressioni al rialzo.
Un segnale forte, ma, osservano in AllianceBernstein, gli investitori hanno bisogno di chiarezza e il Consiglio direttivo della BCE non la fornisce. Non ha specificato quante obbligazioni intende acquistare e continua a definire le condizioni finanziarie in modo poco chiaro, utilizzando termini quali “olistiche” e “multiformi”, parla di una “fase a monte” e di un “aspetto a valle” del processo di trasmissione monetaria.
Al di là delle definizioni date alle condizioni finanziarie, la variabile più importante su cui concentrarsi, secondo gli esperti della casa di gestione statunitense, è il tasso d’interesse privo di rischio, che in passato era rappresentato dal tasso di rifinanziamento ed oggi, invece, riguarda l’intera curva dei rendimenti dell’area euro, misurata sulla media ponderata dei rendimenti sovrani o dei tassi swap indicizzati overnight. Il punto è che non è chiaro se la BCE pensi al tasso d’interesse privo di rischio in termini reali o nominali, una distinzione importante, che ha diviso il Consiglio direttivo.
Da un lato ci sono membri che, giudicando l’attuale politica non ancora abbastanza espansiva, ritengono che la BCE dovrebbe opporsi a un aumento dei rendimenti nominali anche se le aspettative d’inflazione cominciano a salire (determinando un abbassamento dei rendimenti reali). Dall’altro lato c’è chi teme che la politica monetaria stia per esaurire la propria efficacia e vede con favore un rialzo dei rendimenti nominali, a condizione che sia preceduto da un aumento delle aspettative d’inflazione (così da lasciare invariati i rendimenti reali).
Nelle ultime settimane le aspettative d’inflazione dell’area euro, misurate dall’inflation swap a 5 anni su un orizzonte quinquennale, sono salite all’1,5%, contribuendo a mantenere i rendimenti reali entro pochi punti base dai minimi storici, nonostante l’aumento dei rendimenti nominali. Se la banca centrale è attualmente focalizzata sui rendimenti reali, è l’opinione di AllianceBernstein, il Consiglio direttivo non dovrebbe essere eccessivamente preoccupato per i futuri sviluppi. Questo approccio presenta uno svantaggio: la risalita delle aspettative d’inflazione potrebbe essere temporanea e durare finché la BCE sarà disposta a effettuare acquisti imponenti di titoli, qualsiasi tentativo di ridurli potrebbe infatti essere interpretato come una mancanza di impegno a perseguire l’obiettivo d’inflazione; la soluzione sarebbe passare al controllo della curva dei rendimenti nominali, ma il Consiglio direttivo non sembra ancora pronto a fare questo passo.
Per AllianceBernstein è probabile che la banca centrale non opponga troppa resistenza a un modesto incremento, nell’ordine di 10-20 punti base, dei rendimenti nominali. Un rialzo più significativo richiederebbe un marcato aumento delle aspettative d’inflazione, verso la media del 2,3% registrata nel 2010-2014, un’eventualità che appare poco plausibile, perché richiederebbe uno shock fiscale sostenuto, in stile Usa, o uno stimolo di enorme portata da parte della BCE. L’opinione degli strategist di AllianceBernstein è quindi che la BCE continuerà a mantenere i rendimenti obbligazionari nominali su livelli non troppo lontani da quelli attuali.
UNA BCE POCO CHIARA
Un segnale forte, ma, osservano in AllianceBernstein, gli investitori hanno bisogno di chiarezza e il Consiglio direttivo della BCE non la fornisce. Non ha specificato quante obbligazioni intende acquistare e continua a definire le condizioni finanziarie in modo poco chiaro, utilizzando termini quali “olistiche” e “multiformi”, parla di una “fase a monte” e di un “aspetto a valle” del processo di trasmissione monetaria.
LA BCE GUARDA AI RENDIMENTI REALI O NOMINALI?
Al di là delle definizioni date alle condizioni finanziarie, la variabile più importante su cui concentrarsi, secondo gli esperti della casa di gestione statunitense, è il tasso d’interesse privo di rischio, che in passato era rappresentato dal tasso di rifinanziamento ed oggi, invece, riguarda l’intera curva dei rendimenti dell’area euro, misurata sulla media ponderata dei rendimenti sovrani o dei tassi swap indicizzati overnight. Il punto è che non è chiaro se la BCE pensi al tasso d’interesse privo di rischio in termini reali o nominali, una distinzione importante, che ha diviso il Consiglio direttivo.
CONSIGLIO DIRETTIVO BCE DIVISO
Da un lato ci sono membri che, giudicando l’attuale politica non ancora abbastanza espansiva, ritengono che la BCE dovrebbe opporsi a un aumento dei rendimenti nominali anche se le aspettative d’inflazione cominciano a salire (determinando un abbassamento dei rendimenti reali). Dall’altro lato c’è chi teme che la politica monetaria stia per esaurire la propria efficacia e vede con favore un rialzo dei rendimenti nominali, a condizione che sia preceduto da un aumento delle aspettative d’inflazione (così da lasciare invariati i rendimenti reali).
LE ASPETTATIVE DI INFLAZIONE
Nelle ultime settimane le aspettative d’inflazione dell’area euro, misurate dall’inflation swap a 5 anni su un orizzonte quinquennale, sono salite all’1,5%, contribuendo a mantenere i rendimenti reali entro pochi punti base dai minimi storici, nonostante l’aumento dei rendimenti nominali. Se la banca centrale è attualmente focalizzata sui rendimenti reali, è l’opinione di AllianceBernstein, il Consiglio direttivo non dovrebbe essere eccessivamente preoccupato per i futuri sviluppi. Questo approccio presenta uno svantaggio: la risalita delle aspettative d’inflazione potrebbe essere temporanea e durare finché la BCE sarà disposta a effettuare acquisti imponenti di titoli, qualsiasi tentativo di ridurli potrebbe infatti essere interpretato come una mancanza di impegno a perseguire l’obiettivo d’inflazione; la soluzione sarebbe passare al controllo della curva dei rendimenti nominali, ma il Consiglio direttivo non sembra ancora pronto a fare questo passo.
MOVIMENTI CONTENUTI PER I RENDIMENTI NOMINALI
Per AllianceBernstein è probabile che la banca centrale non opponga troppa resistenza a un modesto incremento, nell’ordine di 10-20 punti base, dei rendimenti nominali. Un rialzo più significativo richiederebbe un marcato aumento delle aspettative d’inflazione, verso la media del 2,3% registrata nel 2010-2014, un’eventualità che appare poco plausibile, perché richiederebbe uno shock fiscale sostenuto, in stile Usa, o uno stimolo di enorme portata da parte della BCE. L’opinione degli strategist di AllianceBernstein è quindi che la BCE continuerà a mantenere i rendimenti obbligazionari nominali su livelli non troppo lontani da quelli attuali.