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Investimenti, ecco chi vince e chi perde con il ritorno dell’inflazione

State Street Global Advisors analizza gli effetti dell'aumento dell'inflazione su cinque settori: bene gli industriali, possibili conseguenze negative, invece, per le utility

4 Maggio 2021 07:50

financialounge -  azioni inflazione mercati Morning News Rebecca Chesworth State Street Global Advisors
Il ritorno dell’inflazione è al centro dell’attenzione di investitori e mercati, con attenzione soprattutto agli Stati Uniti. Rebecca Chesworth, Equity ETF Strategist di State Street Global Advisors, ha analizzato i settori che potranno beneficiare o meno del possibile aumento delle pressioni inflazionistiche prendendo in esame una combinazione di fattori, dall'elasticità della domanda, alla disponibilità dei prodotti, ai tassi d'interesse più alti, per giungere alla conclusione che nel complesso i settori ciclici tendono a sovraperformare quelli difensivi durante i periodi di aumento dell'inflazione.

TRE VINCENTI E DUE PERDENTI


L’esperta di State Street Global Advisors prende in esame cinque settori – materiali, energia, industriali, utility e beni di consumo di prima necessità, tre dei quali potrebbero subire un effetto positivo e due negativo. I prezzi delle materie prime, compresi metalli, petrolio e principali prodotti agricoli, hanno sperimentato una forte crescita all’inizio dell’anno e hanno portato al rialzo le aspettative di inflazione. Le società minerarie sono ben posizionate per trasferire sui clienti i prezzi più alti, il ciclo degli investimenti per aumentare l’offerta richiede tempo, e l'attuale dinamica di domanda e offerta potrebbe persistere. Lo stesso vale per i prodotti chimici e il materiale edile, che tuttavia dovranno subire una pressione sui costi del lavoro e delle materie prime.

TITOLI ENERGETICI FAVORITI


Passando all’energia, Chesworth sottolinea il collegamento diretto tra i prezzi di petrolio e titoli del settore, calcolando che per ogni aumento dell'1% dell’indice dei prezzi al consumo l'indice S&P Energy 500 sale mediamente del 9%. Guardando al futuro, l'attuale equilibrio tra domanda e offerta potrebbe indebolirsi qualora dovesse verificarsi un qualsiasi deterioramento dell'accordo OPEC+ per limitare la produzione e il ritorno del fracking a prezzi più elevati. Il settore dell’energia ha comunque una maggiore correlazione con l’inflazione, ma allo stesso tempo soffre di un alto livello di volatilità, che danneggia i rendimenti corretti per il rischio nel lungo periodo.

BENEFICIO ANCHE PER GLI INDUSTRIALI


Quindi gli industriali, che secondo l’esperta di State Street Global Advisors, rappresentano il terzo settore destinato a beneficiare da un ambiente inflazionistico. Il settore industriale è molto eterogeneo, va dall’aerospaziale, all’ingegneria elettrica, ai trasporti, ma tradizionalmente beneficia dei trend ciclici. I possibili driver di performance quest'anno includono un ritorno delle spese in investimenti, un continuo percorso di modernizzazione dei processi di produzione e nuovi ordini come conseguenza dei pacchetti di stimolo fiscale.

L’IMPORTANZA DEL PRICING POWER


I produttori industriali soffrono l’impatto degli aumenti dei prezzi degli input, ma beneficiano dell’aumento dei prezzi del prodotto finito, che viaggiano ai massimi da gennaio 2017, per cui è importante osservare il ‘pricing power’ delle diverse industrie. Secondo Chesworth il settore industriale è la scelta ciclica più opportuna per avere una elevata correlazione all’inflazione ed evitare un'elevata volatilità.

PER LE UTILITY UN RAPPORTO COMPLICATO


Le utility invece hanno un rapporto complicato con l'inflazione, devono affrontare costi di input più elevati di alcune materie prime, come carbone e gas, con possibile impatto sugli utili, mentre hanno un limitato potere di determinazione dei prezzi, data la forte regolamentazione dei prezzi. Anche se viene concesso di trasferire i maggiori costi sul cliente finale, a seconda della regolamentazione, i costi più alti potrebbero non essere recuperabili fino al prossimo ciclo di contrattazione.

BENI DI PRIMA NECESSITÀ PENALIZZATI DALLA CONCORRENZA


Infine i produttori di beni di prima necessità, anch’essi sfavoriti da un ambiente inflazionistico soprattutto perché soffrono di basse barriere all'entrata e sono fortemente esposti alla concorrenza di prezzo. Per questo le aziende del settore spesso fanno fatica a trasferire i costi sui clienti, a meno che non possiedano marchi leader o offerte esclusive, e vedono i margini di profitto sotto costante pressione, che può intensificarsi durante i periodi di inflazione.

ANCHE TENDENZE POSITIVE


Secondo l’esperta di State Street Global Advisors ci sono però alcune tendenze positive a lungo termine, come la valorizzazione e una maggiore consapevolezza dell’importanza della salute e del benessere, fattori che potrebbero consentire aumenti dei prezzi. I dati recenti mostrano comunque un'inflazione dei prezzi dei prodotti alimentari molto bassa e piccoli aumenti anticipati rispetto alla media stagionale per i prodotti per la cura della casa, mentre i costi degli input in tutto il settore stanno affrontando pressioni sia sul versante delle materie che dei costi di distribuzione.

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