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In quanti rischiano il posto con lo sblocco dei licenziamenti

Dal 1° luglio le aziende potranno licenziare per ragioni economiche. Il blocco resta solo per chi ha aderito alla cassa integrazione ordinaria, senza addizionali da pagare. A rischio fino a 600mila posti

25 Maggio 2021 12:18

financialounge -  aziende Blocco licenziamenti cassa integrazione Lavoratori lavoro
Salta la proroga del blocco dei licenziamenti a fine agosto: la scadenza resta fissata al 30 giugno. Confermata la possibilità per le imprese di utilizzare la cassa integrazione ordinaria, senza dover pagare le addizionali fino alla fine del 2021, con l’impegno a non licenziare. Dal 1° luglio, quindi, sarà possibile lasciare a casa i lavoratori in esubero. Dopo questa data, infatti, le aziende potranno licenziare per ragioni economiche. Quanti e quali sono i lavoratori che rischiano il posto?

QUANDO RESTA IL BLOCCO


Per far fronte alle difficoltà economiche causate dalla pandemia, le aziende potranno chiedere la cassa integrazione Covid. Da luglio, chi non avrà attivato l’ammortizzatore sociale, sarà libero di agire come ritiene più opportuno. Tra le opzioni, c’è anche quella di chiedere la cassa ordinaria o straordinaria senza pagare i contributi addizionali fino alla fine del 2021. In quest’ultimo caso, il divieto di licenziamento sarà ancora valido e riguarderebbe circa 400mila lavoratori.

LA MEDIAZIONE DEL GOVERNO


Il tema lavoro agita la maggioranza. Il ministro del Lavoro Orlando aveva proposto di prolungare il blocco fino alla fine dell’estate. Ieri sera è arrivato il comunicato di Palazzo Chigi: “All’esito di un percorso di approfondimento tecnico, svolto sulla base delle proposte avanzate dal ministro Orlando in Consiglio dei ministri che prevedono un insieme più complessivo di disposizioni per sostenere le imprese e i lavoratori nella fase della ripartenza, è stata definita una proposta che mantiene la possibilità per le imprese di utilizzare la cassa integrazione ordinaria, anche dal 1° luglio, senza pagare addizionali fino alla fine dell’anno impegnandosi a non licenziare. Nell’ambito di questo percorso resta aperto il confronto con le parti sociali”.

LE ALTRE MISURE


Il governo ha confermato e altre misure del pacchetto lavoro contenute nel Dl Sostegni bis. Si tratta, nello specifico, dell’estensione del contratto di espansione alle aziende con almeno 100 dipendenti (finora la soglie era di 250 lavoratori in organico); la possibilità per le aziende con un calo del fatturato di almeno il 50% di chiedere dei contratti di solidarietà; blocco della riduzione dell’importo della Naspi dal quarto mese; esonero contributivo totale per i lavoratori del commercio e del turismo che tornano in attività dopo la cassa integrazione; ed erogazione di ulteriori quattro mensilità di reddito di emergenza.

150MILA PERSONE RISCHIANO IL POSTO


Quante persone potrebbero essere licenziate con la fine del blocco? “Potrebbero esserci 150mila persone che rischiano di perdere il lavoro”, ha spiegato Francesco Seghezzi, presidente della Fondazione Adapt, in un’intervista all’Agi. “Una cifra importante ma meno grave” rispetto a quella indicata in precedenza da chi prevedeva la perdita di 1 milione di posti.

GIÀ 945MILA POSTI IN FUMO


Le stime di Unimpresa sono più negative. “Dopo il blocco dei licenziamenti, al momento lasciato invariato al 30 giugno invece del 28 agosto come inizialmente ipotizzato, potrebbero saltare altri 600.000 posti di lavoro”, fa sapere il Centro studi di Unimpresa che ha analizzato il testo del decreto Sostegni bis, approvato giovedì scorso e in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. “L’unica agevolazione concreta riguarda lo sgravio contributivo, ma tale intervento consente di coprire solo il 10% del costo del lavoro a carico di un’azienda”. La pandemia ha causato la perdita di 945mila posti di lavoro e “altri 300/600mila posti sono pronti a evaporare allo spirare del blocco dei licenziamenti”.

SGRAVI INSUFFICIENTI


“Tutte le risorse di questo decreto sono destinate a finanziare politiche assistenzialistiche che, per quanto necessarie e importanti per sostenere i lavoratori e le loro famiglie, se lasciate ‘sole’, non serviranno a restituire a queste persone un futuro basato sulla ripartenza delle loro imprese: ne consegue che, esauriti questi ultimi piccoli aiuti, il problema si ripresenterà più forte di prima”, è il commento del consigliere nazionale di Unimpresa, Giovanni Assi. “E non si può neanche pallidamente pensare che con il contratto di rioccupazione un’azienda assuma a tempo indeterminato un lavoratore solo perché beneficia di sei mesi di sgravio contributivo, poiché tale agevolazione non copre neanche il 10% del costo del lavoro annuo”.

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