Federal Reserve

Inflazione? Ora la variabile chiave per la Fed è il mercato del lavoro

Secondo Luca Tobagi (Invesco) sulla base delle performance degli ultimi 5 anni sembra improbabile immaginare un rafforzamento del dollaro contro euro che vada oltre 1,1776 nel breve

17 Giugno 2021 18:30

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Sono diversi gli elementi di rilievo emersi nella riunione della FED di ieri. Tra questi, secondo l’analisi condotta da Luca Tobagi, CFA Investment Strategist di Invesco, spiccano le stime al rialzo della crescita economica USA per quest’anno (dal 6,5% di marzo al 7% di ieri) e per il 2023 (dal 2,2% al 2,4%): invariate, invece, le previsioni per il 2022 (3,3%) e nel lungo termine (1,8%).

INFLAZIONE 2021 SU LIVELLI SENSIBILMENTE PIÙ ALTI


“Rispetto alle proiezioni economiche di marzo, la Personal Consumption Expenditures (PCE), cioè l’inflazione prevista per il 2021 si attesta a livelli sensibilmente più alti sia per quanto riguarda l’indice complessivo (3,4% vs 2,4%), sia per quanto concerne l’indice core (3,0% vs 2,2%). Lievi variazioni per il 2022 (2,1% vs +2,0%) e per il 2023 (2,2% vs 2,1%) a livello headline, e invariate le stime di lungo periodo e per il 2023 a livello core (2%)”, fa sapere Tobagi. Per quanto riguarda le proiezioni sul tasso di disoccupazione non è stato presentato nessun aggiornamento mentre, a voce, Powell, pur sottolineando la forza della ripresa, reputa il recupero dei posti di lavoro non ancora sufficiente a far cambiare rotta nel breve alla banca centrale.

COSA RIVELANO I DOT PLOT


Emergono variazioni di rilievo anche osservando il ‘dot plot’, il famoso grafico dei puntini che indicano le proiezioni dei tassi. “Adesso, rispetto a marzo, il percorso ritenuto più appropriato per i tassi di politica monetaria vede una mediana dello 0,50% superiore nel 2023, dallo 0,125% precedente all’attuale 0,625%” riferisce il manager di Invesco. Inoltre, salgono da 5 a 13 i membri del FOMC che vedono rischi di “inflazione al rialzo”.

ATTENZIONE ALL’ANDAMENTO DEL MERCATO DEL LAVORO


La FED è impegnata a farsi trovare preparata nel caso l’inflazione si muovesse al rialzo con più intensità di quanto previsto nei mesi scorsi. ”La variabile chiave a questo punto, dopo questo passaggio sul fronte inflazione, è l’andamento del mercato del lavoro. A questo proposito la FED non si basa solo sul numero di posti e sul tasso di disoccupazione ma tiene conto di metriche a più ampio spettro, come la partecipazione della popolazione alla forza lavoro”, specifica Tobagi.

FOCUS SULLA PARTE MEDIA DELLA CURVA DEI TASSI USA


Il manager di Invesco nota poi una ripetizione di quanto accaduto a maggio sui mercati obbligazionari, ovvero un rialzo del rendimento decennale di circa 10 punti base (+0,10%) che si sta già un po’ assestando. A maggio i tassi presero a scendere ma, stavolta, alla luce delle attuali proiezioni, è possibile che la parte media della curva (fra i 3 e i 7 anni) possa risentire un po’ di più.

IMPROBABILE NEL BREVE UN CAMBIO EURUSD OLTRE 1,1776


Infine, uno sguardo al dollaro: ieri sera, due ore dopo le notizie sulla riunione della FED, l’euro ha perso l’1%. Fare previsioni nel breve sul cambio euro/dollaro Usa è sempre azzardato. È però vero che gli investitori dovrebbero essere ancora abbastanza sbilanciati verso la valuta comune. Non si può pertanto escludere un rafforzamento del biglietto verde, soprattutto se le dichiarazioni della FED alimentassero incertezza e volatilità tra gli investitori: in caso di correzione dei mercati, il dollaro tende infatti ad essere tra gli acquisti privilegiati. “Sulla base delle performance degli ultimi 5 anni sembra tuttavia improbabile immaginare un rafforzamento del dollaro contro euro che vada oltre 1.1776 nel breve” conclude il CFA Investment Strategist di Invesco.

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