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Mario Draghi sempre più forte in Europa può favorire ancora azioni e debito

Il premier sta scrivendo l’agenda del post-fiscal compact. In Bce aveva la Bundesbank di traverso, ora l’aspirante Cancelliere Laschet. Ma la sua leadership continua a consolidarsi

28 Giugno 2021 08:14

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Nel corso della Storia, imperi e nazioni hanno fatto a volte ricorso a forme di governo sostitutive di quelle tradizionali per superare passaggi difficili, come triunviri, reggenti o dittatori. Nell’era moderna questi ultimi, tra cui Mario Draghi ha annoverato il presidente turco Erdogan, sono diventati sinonimo di oppressione, se non peggio. Ma ai tempi dell’antica Roma erano alti magistrati cui si ricorreva temporaneamente quando bisognava affidare il potere a un solo uomo, anche se con la possibilità di veto da parte dei Tribuni della Plebe. Oggi l’Europa è in mezzo a un guado indubbiamente difficile da traversare. Costretta dalla pandemia, ha abbandonato la sponda ‘sicura’ della disciplina fiscale e della trazione tedesca affiancata a corrente alterna dalla Francia. Con la crisi del debito di 10 anni fa ha rischiato di perdere qualche pezzo, e poi con il referendum sulla Brexit del 2016 ne ha perso uno davvero importante. Ma tutto sembrava tenersi fino a che il Covid non ha fatto saltare gli schemi e costretto a passare alla mutualità fiscale del Next Generation EU e degli Eurobond. Ma l’altra sponda, fatta di completamento dell’unione bancaria e fiscale, certezza nelle alleanze internazionali a cominciare da quella con gli USA, è ancora lontana. E non ci sono comandanti all’altezza di guidare con mano ferma la carovana nella traversata.

AGENDA STRATEGICA E LEADERSHIP TATTICA


O almeno non c’erano, fino a che l’Italia non ha chiamato Mario Draghi a guidare il governo, proprio nell’anno in cui le toccava la presidenza del G20. Da quella duplice tribuna, l’ex capo della Bce diventato famoso e rispettato in tutto il mondo per aver salvato la moneta unica dal collasso, si è messo a ‘dettare’ l’agenda della nuova Europa del dopo-Merkel e forse anche del dopo-Macron, affiancando al lavoro ‘strategico’ quello ‘tattico’ di mettere in riga i partner sui temi più contingenti, dai migranti ai vaccini, dalla protezione delle diversità di genere alle schermaglie USA-Cina e USA-Russia. E intanto mette i paletti su cui fondare l’Unione riformata: Patto di Stabilità e Fiscal Compact sono un passato a cui non si tornerà, il Recovery deve diventare uno strumento permanente per sostenere la crescita, unione bancaria senza se e senza ma altrimenti meglio niente, riforma fiscale italiana per spianare la strada a quella europea. L’idea che all’Europa a trazione Merkel possa seguirne una a guida Draghi, magari alla presidenza del Consiglio europeo quando il belga Charles Michel lascerà tra meno di un anno, circola a livello internazionale.

UN GENERALE CHE NON HA BISOGNO DI ESERCITO


Ma, hanno osservato ad esempio su Politico Jacopo Barigazzi e David M. Herszenhorn, citando fonti diplomatiche europee, Draghi gode di grandissima reputazione, ma è un generale senza esercito, riferendosi al fatto che non ha dietro un partito. Ma proprio questo era il vantaggio dei ‘dictator’ dell’antica Roma, non appartenere a fazioni potendo quindi rappresentare tutti. La sua ricetta di puntare tutto sulla crescita in Italia e in Europa, facendo leva sul debito ‘buono’ che grazie alle condizioni monetarie globali eccezionalmente favorevoli non mette a rischio la stabilità finanziaria, ha il grande vantaggio di somigliare molto a quella del terzetto che governa l’America –Biden, Yellen e Powell. Ma ha il grande limite rappresentato dal fatto che i Paesi dell’Unione non sono gli Stati Uniti. Che è anche la causa del ritardo europeo nell’agganciare una ripresa globale trainata da USA e Cina, come mostra il grafico qui sotto che vede tra l’altro l’Italia messa meglio di Francia e Spagna.

QUANTI ANNI MANCANO PER TORNARE ALLA CRESCITA PRE PANDEMIA – EUROPA IN RITARDO



CAPACE DI  CONTRASTARE OPPOSIZIONI POTENTI


La capacità di essere un grande generale anche senza un esercito alle spalle Draghi l’ha dimostrata nei sette anni alla guida della Bce, imponendo la sua linea pur avendo quasi sempre all’opposizione l’azionista di maggioranza, vale a dire la potente Bundesbank tedesca, che gli votò contro persino a inizio 2015 quando lanciò il Quantitative Easing europeo, dopo aver scoraggiato la speculazione per 18 mesi usando solo le parole, ma in modo molto efficace e convincente e tirando fuori alla fine il bazooka che ancora oggi Christine Lagarde sta utilizzando per tirare fuori l’Europa dalla crisi da pandemia. Lionel Laurent, su Bloomberg, crede che i leader europei debbano affidarsi a lui come ha fatto la Bce dal 2012 al 2019, e non lasciar cadere la sua richiesta di essere ancora più ambiziosi nei piani di spesa pubblica, anche se nella parte della Bundesbank questa volta c’è l’aspirante successore alla Merkel alla Cancelleria Armin Laschet, che ha fretta di tornare al vecchio rigore fiscale. E si augura che gli stessi leader conservino per un bel po’ di tempo, al ritorno dall’ultimo vertice appena concluso, lo spirito del ‘whatever it takes’.



BOTTOM LINE


Tra meno di 12 mesi sapremo chi siederà alla Cancelleria di Berlino e se Macron avrà conservato il posto all’Eliseo. Nel frattempo, i tanti investitori esposti sull’Europa in azioni e debito non possono che ‘fare il tifo’ perché il premier italiano riesca a blindare la futura leadership europea sull’agenda che sta scrivendo. Magari con il suggello del documento finale del G20 che presiederà a Roma a novembre e con la garanzia di poterli supervisionare e se necessario correggere da una posizione di vertice in Europa.


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