inflazione
Prezzo delle materie prime e inflazione: la previsione di Goldman Sachs
Un forte aumento, soprattutto di materie prime agricole e carburanti, potrebbe impattare l'inflazione, ma solo a breve termine
6 Luglio 2021 18:30
Il recente rally dei prezzi delle commodity può anche continuare, ma il suo impatto sull’inflazione è destinato a restare incrementale e misurabile in una manciata di punti base in corso d’anno sui principali indici che misurano i prezzi al consumo in Usa, come il Pce core. In seguito l’inflazione è destinate comunque a rientrare anche se i prezzi delle materie prime restano alti, ma c’è comunque il rischio che un aumento consistente di questi prezzi, soprattutto alimentari e dei carburanti, abbia l’effetto di disancorare le aspettative di inflazione a breve termine. In ogni caso, a differenza degli anni '70, le oscillazioni dei prezzi delle commodity negli ultimi decenni, anche se estreme, hanno avuto solo effetti minori sulle attese di inflazione a lungo termine, e questo resta il caso anche per il recente boom delle commodity.
Sono le conclusioni cui giunge una Economic Research di Goldman Sachs firmata da Ronnie Walker, che parte dal rialzo messo a segno dai prezzi delle commodity sin dall’inizio della pandemia, con ad esempio i prezzi del legno ormai dell’83% sopra i livelli pre-crisi, quelli dei metalli industriali cresciuti del 42%, e quelli dei prodotti agricoli del 36%, mentre i prodotti energetici sono a +20%. Gli strategist di Goldman Sachs prevedono ulteriori rialzi, ma Walker si interroga sugli effetti dell’inflazione, sia perché alimentari e energia impattano direttamente gli indici dei prezzi al consumo, sia perché tutte le commodity hanno un effetto sui costi di beni e servizi e alla fine impattano indirettamente.
Utilizzando modelli statistici per misurare magnitudo e tempistica del possibile impatto del rialzo dei prezzi delle commodity sull’inflazione al consumo in America, l’esperto di Goldman Sachs rileva che il boom delle materie prime ha già impattato su base annua per 60 punti base l’indice PCE core, che è quello più guardato dalla Fed, mentre se si fanno partire i calcoli da prima dell’esplosione della pandemia, sempre su base annua, si arriva comunque a un incremento di 30 punti base, su un orizzonte temporale che comprende sia il declino iniziale dei prezzi dovuto alla pandemia, sia il successivo rimbalzo.
L’impatto massimo sugli indici dell’inflazione al consumo stimato da Walker è un picco di 75 punti base che dovrebbe essere toccato nel quarto trimestre dell’anno, quindi il grosso dell’effetto si è già verificato, mentre guardando più avanti l’esperto di Goldman Sachs stima per fine 2022 un effetto opposto, con la sottrazione di 25 punti base agli stessi indici. Considerando lo scenario più rialzista per le commodity, il picco verrebbe comunque toccata a 80 punti base, con una successiva sottrazione di 35 punti base, sempre per fine 2022.
La previsione di Walker e degli strategist di Goldman Sachs si basa sull’assunto che il tasso di crescita dei prezzi delle commodity è destinato comunque a rallentare, anche se il livello dovesse restare comunque elevato. Di qui la conclusione che non siamo in uno scenario da anni 70 del secolo scorso, ma piuttosto in un ciclo delle materie prime simile a quelli che si sono alternati negli ultimi decenni, e che hanno avuto un effetto solo limitato e temporaneo sulle aspettative di inflazione a lungo termine.
L’IMPATTO SUGLI INDICI DELL’INFLAZIONE
Sono le conclusioni cui giunge una Economic Research di Goldman Sachs firmata da Ronnie Walker, che parte dal rialzo messo a segno dai prezzi delle commodity sin dall’inizio della pandemia, con ad esempio i prezzi del legno ormai dell’83% sopra i livelli pre-crisi, quelli dei metalli industriali cresciuti del 42%, e quelli dei prodotti agricoli del 36%, mentre i prodotti energetici sono a +20%. Gli strategist di Goldman Sachs prevedono ulteriori rialzi, ma Walker si interroga sugli effetti dell’inflazione, sia perché alimentari e energia impattano direttamente gli indici dei prezzi al consumo, sia perché tutte le commodity hanno un effetto sui costi di beni e servizi e alla fine impattano indirettamente.
IL GROSSO DELL’EFFETTO C’È GIÀ STATO
Utilizzando modelli statistici per misurare magnitudo e tempistica del possibile impatto del rialzo dei prezzi delle commodity sull’inflazione al consumo in America, l’esperto di Goldman Sachs rileva che il boom delle materie prime ha già impattato su base annua per 60 punti base l’indice PCE core, che è quello più guardato dalla Fed, mentre se si fanno partire i calcoli da prima dell’esplosione della pandemia, sempre su base annua, si arriva comunque a un incremento di 30 punti base, su un orizzonte temporale che comprende sia il declino iniziale dei prezzi dovuto alla pandemia, sia il successivo rimbalzo.
ANCHE NELLO SCENARIO RIALZISTA POCHI MARGINI
L’impatto massimo sugli indici dell’inflazione al consumo stimato da Walker è un picco di 75 punti base che dovrebbe essere toccato nel quarto trimestre dell’anno, quindi il grosso dell’effetto si è già verificato, mentre guardando più avanti l’esperto di Goldman Sachs stima per fine 2022 un effetto opposto, con la sottrazione di 25 punti base agli stessi indici. Considerando lo scenario più rialzista per le commodity, il picco verrebbe comunque toccata a 80 punti base, con una successiva sottrazione di 35 punti base, sempre per fine 2022.
UN CICLO SIMILE A QUELLI RECENTI
La previsione di Walker e degli strategist di Goldman Sachs si basa sull’assunto che il tasso di crescita dei prezzi delle commodity è destinato comunque a rallentare, anche se il livello dovesse restare comunque elevato. Di qui la conclusione che non siamo in uno scenario da anni 70 del secolo scorso, ma piuttosto in un ciclo delle materie prime simile a quelli che si sono alternati negli ultimi decenni, e che hanno avuto un effetto solo limitato e temporaneo sulle aspettative di inflazione a lungo termine.
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