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Inflazione occulta, ecco perché le scatole di cereali e snack si stanno restringendo
Il fenomeno “shrinkflation” genera un aumento dei prezzi pericoloso per il consumatore che paga lo stesso prezzo, se non di più, per portarsi a casa una quantità di prodotto ridotta
27 Luglio 2021 14:15
Le confezioni dei prodotti in vendita sugli scaffali dei supermercati si stanno restringendo. Non si tratta di una illusione ottica perché il fenomeno ha un nome ben preciso. Trattasi di “shrinkflation” e c’entra con l’inflazione. Scopriamo cosa vuol dire e, soprattutto, cosa comporta per i consumatori in fatto di prezzi.
Il termine nasce dall’unione di due parole inglese, ossia “shrinkage” (contrazione) e “inflation” (inflazione). Con shrinkflation, quindi, si intende un processo che comporta la riduzione delle dimensioni dei prodotti di largo consumo, per esempio i biscotti o la confezione degli snack preferiti, mantenendo però inalterati i prezzi. Se va bene. Sennò capita anche che possano aumentare, il tutto ovviamente all’insaputa del consumatore distratto, solitamente molto sensibile all’aumento del costo del prodotto, ma molto meno alla quantità.
Gli esempi sono molti. Patatine fritte, biscotti, tonno e via andare. Facciamo un altro esempio: i fazzoletti di carta nei pacchetti. In molti casi ogni singola confezione non ne contiene dieci, ma il numero è stato ridotto a otto oppure nove. Per non far scontenti i consumatori, i produttori utilizzano sofisticate tecniche di marketing e di packaging: spesso è praticamente impossibile notare che quello che si sta pagando con lo stesso prezzo dell’ultima spesa, in realtà, è una confezione che contiene meno prodotto.
Quando i costi aumentano, i produttori di beni di consumo cercano modi per compensare gli aumenti che stanno pagando per merci, trasporti, manodopera e altre spese. Il modo più veloce è quello di ritoccare all'insù i prezzi dei prodotti. Dal momento che i consumatori sono particolarmente sensibili all’aumento di prezzi, i produttori cercano solitamente un’altra strada. Diventa, quindi, più facile ridurre le dimensioni della scatola dei cereali, con una minore quantità all’interno, venduta ovviamente allo stesso prezzo, invece che ritoccare il prezzo.
“La riduzione delle quantità di prodotto nelle confezioni riguarda non solo il comparto alimentare, come merendine, succhi di frutta, biscotti, ecc., ma una moltitudine di beni per la cura della casa e l’igiene personale, dai detersivi ai dentifrici, passando per carta igienica e shampoo”, spiega Luigi Gabriele, presidente dell'Associazione Consumerismo no profit che ha deciso di presentare un esposto all’Antitrust chiedendo di accertare se tale pratica possa violare le norme del Codice del Consumo e realizzare una pratica commerciale scorretta. Per l’Associazione si tratta di una pratica scorretta “svuota carrello” perché genera inflazione occulta, cioè un aumento dei prezzi che è superiore a quello contabilizzato nelle statistiche.
Per evitare di cadere nel tranello e pagare di più senza saperlo, il consumatore dovrebbe porre attenzione al prezzo del prodotto al chilogrammo e leggere le quantità indicate sulle confezioni. Sarebbe meglio poter scegliere di acquistare prodotti sfusi, in generale anche più convenienti, soprattutto se si tratta di generi alimentari.
COS’È LA SHRINKFLATION
Il termine nasce dall’unione di due parole inglese, ossia “shrinkage” (contrazione) e “inflation” (inflazione). Con shrinkflation, quindi, si intende un processo che comporta la riduzione delle dimensioni dei prodotti di largo consumo, per esempio i biscotti o la confezione degli snack preferiti, mantenendo però inalterati i prezzi. Se va bene. Sennò capita anche che possano aumentare, il tutto ovviamente all’insaputa del consumatore distratto, solitamente molto sensibile all’aumento del costo del prodotto, ma molto meno alla quantità.
I CASI DI SHRINKFLATION
Gli esempi sono molti. Patatine fritte, biscotti, tonno e via andare. Facciamo un altro esempio: i fazzoletti di carta nei pacchetti. In molti casi ogni singola confezione non ne contiene dieci, ma il numero è stato ridotto a otto oppure nove. Per non far scontenti i consumatori, i produttori utilizzano sofisticate tecniche di marketing e di packaging: spesso è praticamente impossibile notare che quello che si sta pagando con lo stesso prezzo dell’ultima spesa, in realtà, è una confezione che contiene meno prodotto.
PERCHÉ C’ENTRA L’INFLAZIONE
Quando i costi aumentano, i produttori di beni di consumo cercano modi per compensare gli aumenti che stanno pagando per merci, trasporti, manodopera e altre spese. Il modo più veloce è quello di ritoccare all'insù i prezzi dei prodotti. Dal momento che i consumatori sono particolarmente sensibili all’aumento di prezzi, i produttori cercano solitamente un’altra strada. Diventa, quindi, più facile ridurre le dimensioni della scatola dei cereali, con una minore quantità all’interno, venduta ovviamente allo stesso prezzo, invece che ritoccare il prezzo.
L’INFLAZIONE OCCULTA
“La riduzione delle quantità di prodotto nelle confezioni riguarda non solo il comparto alimentare, come merendine, succhi di frutta, biscotti, ecc., ma una moltitudine di beni per la cura della casa e l’igiene personale, dai detersivi ai dentifrici, passando per carta igienica e shampoo”, spiega Luigi Gabriele, presidente dell'Associazione Consumerismo no profit che ha deciso di presentare un esposto all’Antitrust chiedendo di accertare se tale pratica possa violare le norme del Codice del Consumo e realizzare una pratica commerciale scorretta. Per l’Associazione si tratta di una pratica scorretta “svuota carrello” perché genera inflazione occulta, cioè un aumento dei prezzi che è superiore a quello contabilizzato nelle statistiche.
COME DIFENDERSI
Per evitare di cadere nel tranello e pagare di più senza saperlo, il consumatore dovrebbe porre attenzione al prezzo del prodotto al chilogrammo e leggere le quantità indicate sulle confezioni. Sarebbe meglio poter scegliere di acquistare prodotti sfusi, in generale anche più convenienti, soprattutto se si tratta di generi alimentari.
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