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AllianceBernstein: ecco perché le banche centrali stanno aprendo all’inflazione
AllianceBernstein ritiene che gli obiettivi sempre più ampi delle politiche monetarie e la tolleranza sul crescente livello dei debiti pubblici stiano preparando il terreno all’arrivo di una nuova era inflazionistica
3 Settembre 2021 07:50
Già lo scorso anno AllianceBernstein aveva maturato la convinzione che il mondo stia per entrare in una nuova era inflazionistica, in parte perché il Covid-19 ha spinto ulteriormente il debito governativo oltre il punto di non ritorno, e in parte per la velocità con cui sono stati messi in campo l’attivismo fiscale e il finanziamento semi-monetario. Gli esperti della grande casa d’investimento si dicono inoltre colpiti dal consensus che si sta formando intorno all’idea che l’indebitamento non sia più così importante: i policymaker in USA ed Europa hanno sostenuto enormi pacchetti di stimolo, indipendentemente dai limiti di spesa o dai divieti ai finanziamenti monetari, mentre la politica monetaria e quella fiscale sono sempre più integrate tra loro.
Darren Williams, Director—Global Economic Research, e Guy Bruten Chief Economist—Asia-Pacific, di AllianceBernstein, ritengono per questo che i nuovi obiettivi che si pongono le banche centrali aprano le porte al ritorno dell’inflazione. Le banche centrali si trovano a dover gestire numerose sfide, come disuguaglianza, cambiamento climatico e gestione del debito, e gli esperti di AllianceBernstein si chiedono tenere sotto controllo l’inflazione rimarrà ancora l’obiettivo primario, per rispondere che, con l’evolversi delle priorità, l’inflazione è destinata a muoversi nettamente al rialzo. Fino a poco fa il compito delle banche era mantenere la stabilità dei prezzi, ma oggi sono state coinvolte su molti fronti, e se l’inflazione diverrà solamente uno dei tanti obiettivi, c’è il rischio che venga messo da parte per focalizzarsi su tematiche più pressanti.
Williams e Bruten sottolineano che la pandemia ha già obbligato le banche centrali ad ampliare i mandati, mentre per i governi non sarebbe stato possibile sostenere le economie lasciando che il debito raggiungesse i massimi storici senza l’aiuto dell’espansione dei bilanci e degli acquisti delle banche centrali. Nei Paesi sviluppati la maggior parte continua a porsi un target di inflazione circa al 2%, ma sembra stiano già iniziando a distogliere l’attenzione dall’obiettivo. Quasi mai nella storia fasi di inflazione elevata hanno preso le mosse da un tentativo esplicito di spingere i prezzi al rialzo, mentre di solito è salita in maniera indiretta mentre i policymaker perseguivano altri obiettivi. AllianceBernstein si aspetta che nei prossimi anni avvenga lo stesso, perché nuovi temi, come cambiamento climatico e populismo, potrebbero spingere la politica verso una direzione che, nel tempo, genererebbe un aumento dell’inflazione, che sarà ritenuto un prezzo accettabile.
Secondo gli esperti di AllianceBernstein, oggi i governi stanno affrontando difficoltà enormi, forse anche esistenziali, ed è difficile pensare che il regime inflazionistico nel prossimo decennio rimarrà invariato. Quando all’inizio degli anni Venti scriveva dell’inflazione galoppante che aveva spazzato via i risparmi in tutta Europa, John Maynard Keynes ha avvertito di non considerare le esperienze recenti “parte del tessuto sociale permanente”, né tralasciare il “monito delle sventure passate”.
Negli anni Sessanta, ricordano ancora gli esperti di AllianceBernstein, il leader della controrivoluzione monetarista Milton Friedman affermava al contrario che “l’inflazione è sempre e dovunque un fenomeno monetario”, ma questo è invece solo un aspetto. È fondamentale, concludono Williams e Buten, anche il regime politico che consente la creazione di queste condizioni monetarie. E per questo ritengono più corretto affermare che l’inflazione è sempre e dovunque una scelta politica: dopo tutto, non siamo forse convinti che l’inflazione al 4,0% sia un piccolo prezzo da pagare per salvare il pianeta?
I NUOVI OBIETTIVI DELLE BANCHE CENTRALI
Darren Williams, Director—Global Economic Research, e Guy Bruten Chief Economist—Asia-Pacific, di AllianceBernstein, ritengono per questo che i nuovi obiettivi che si pongono le banche centrali aprano le porte al ritorno dell’inflazione. Le banche centrali si trovano a dover gestire numerose sfide, come disuguaglianza, cambiamento climatico e gestione del debito, e gli esperti di AllianceBernstein si chiedono tenere sotto controllo l’inflazione rimarrà ancora l’obiettivo primario, per rispondere che, con l’evolversi delle priorità, l’inflazione è destinata a muoversi nettamente al rialzo. Fino a poco fa il compito delle banche era mantenere la stabilità dei prezzi, ma oggi sono state coinvolte su molti fronti, e se l’inflazione diverrà solamente uno dei tanti obiettivi, c’è il rischio che venga messo da parte per focalizzarsi su tematiche più pressanti.
POCHI PRECEDENTI STORICI
Williams e Bruten sottolineano che la pandemia ha già obbligato le banche centrali ad ampliare i mandati, mentre per i governi non sarebbe stato possibile sostenere le economie lasciando che il debito raggiungesse i massimi storici senza l’aiuto dell’espansione dei bilanci e degli acquisti delle banche centrali. Nei Paesi sviluppati la maggior parte continua a porsi un target di inflazione circa al 2%, ma sembra stiano già iniziando a distogliere l’attenzione dall’obiettivo. Quasi mai nella storia fasi di inflazione elevata hanno preso le mosse da un tentativo esplicito di spingere i prezzi al rialzo, mentre di solito è salita in maniera indiretta mentre i policymaker perseguivano altri obiettivi. AllianceBernstein si aspetta che nei prossimi anni avvenga lo stesso, perché nuovi temi, come cambiamento climatico e populismo, potrebbero spingere la politica verso una direzione che, nel tempo, genererebbe un aumento dell’inflazione, che sarà ritenuto un prezzo accettabile.
LA LEZIONE DI KEYNES
Secondo gli esperti di AllianceBernstein, oggi i governi stanno affrontando difficoltà enormi, forse anche esistenziali, ed è difficile pensare che il regime inflazionistico nel prossimo decennio rimarrà invariato. Quando all’inizio degli anni Venti scriveva dell’inflazione galoppante che aveva spazzato via i risparmi in tutta Europa, John Maynard Keynes ha avvertito di non considerare le esperienze recenti “parte del tessuto sociale permanente”, né tralasciare il “monito delle sventure passate”.
SEMPRE UNA SCELTA POLITICA
Negli anni Sessanta, ricordano ancora gli esperti di AllianceBernstein, il leader della controrivoluzione monetarista Milton Friedman affermava al contrario che “l’inflazione è sempre e dovunque un fenomeno monetario”, ma questo è invece solo un aspetto. È fondamentale, concludono Williams e Buten, anche il regime politico che consente la creazione di queste condizioni monetarie. E per questo ritengono più corretto affermare che l’inflazione è sempre e dovunque una scelta politica: dopo tutto, non siamo forse convinti che l’inflazione al 4,0% sia un piccolo prezzo da pagare per salvare il pianeta?