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Natixis: cosa cambia per gli investitori dopo il caso Evergrande
Jack Janasiewicz e Garrett Melson, di Natixis IM, analizzano le differenze tra rischi reali e finanziari legati al caso Evergrande per concludere che resta intatto lo scenario di crescita forte, positiva per gli asset a rischio
27 Settembre 2021 17:14
Cosa cambia il caso Evergrande sul fronte degli investimenti? Nonostante il flusso di notizie negativo e gli esiti ancora incerti, è difficile che possa modificare significativamente l’outlook. I timori crescono giorno dopo giorno, il sentiment e il posizionamento si aggirano tra il neutrale e il ribassista, il fronte pandemia sembra migliorare, e tutti i catalizzatori di crescita rimangono intatti, grazie a consumi solidi, forti bilanci aziendali, scorte e investimenti in crescita. Gli investitori hanno riciclato le narrazioni e cercato un pretesto per vendere, ma i mercati hanno mostrato una notevole resistenza, anche perché ai fattori economici positivi si aggiungono l’intonazione più dovish della Fed e condizioni finanziarie accomodanti, che compongono una ricetta perfetta per una crescita forte e per gli asset di rischio. E la storia Evergrande non cambia nulla.
Sono le conclusioni cui giunge un commento di Jack Janasiewicz e Garrett Melson, di Natixis Investment Managers Solutions, che analizzano le differenze tra rischio finanziario e reale. Nel caso Evergrande, il numero cui tutti fanno riferimento è il passivo totale, vale a dire 2.000 miliardi di renminbi, circa 300 miliardi di dollari, certamente non poco, ma da contestualizzare. Anche perché solo una parte limitata è costituita da titoli finanziari: il prestito diretto vale 573 solo 88 miliardi di dollari, che rappresentano lo 0,08% dell’esposizione del settore e solo lo 0,04% di tutte le obbligazioni onshore, per cui non è assolutamente un rischio sistemico. Sono passività semplicemente troppo ridotte e troppo diffuse tra gli investitori globali per rappresentare una minaccia globale. Il contagio è certamente una notizia che fa rumore, ma secondo gli esperti di Natixis IM non ci sono le condizioni per un contagio su larga scala.
Janasiewicz e Melson analizzano quindi il resto delle passività di Evergrande, dove la traiettoria di rischio conta di più, osservando che dei 2.000 miliardi di renminbi per i quali tutti sono andati nel panico, circa la metà è legata a debiti commerciali e prestiti concessi da fornitori o appaltatori che hanno finanziato i materiali di costruzione. In quest’ambito l’ingranaggio potrebbe incepparsi se Pechino lo dovesse consentire. Questi debiti commerciali sono legati a più di 8.000 partner tanto a monte quanto a valle, e un default creerebbe problemi mettendo in pausa una serie di progetti. Sono lavori sparsi in oltre 220 città e si tradurrebbe in contratti non andati in porto per quasi 2 milioni di acquirenti di case, facendo arrabbiare un bel po' di cinesi.
Ma, secondo gli esperti di Natixis IM, l'unica cosa di cui il PCC ha veramente paura è essere rovesciato, quindi Pechino teme e vuol evitare disordini sociali. Il disordine sociale si crea se si va a dire a 8.000 partner che non verranno pagati, oppure a 2 milioni di persone che non riceveranno le case per le quali hanno già versato un acconto, oppure anche alle circa 70.000 persone che hanno acquistato prodotti di gestione patrimoniale legati ai prestiti fiduciari di Evergrande, per un vallore di circa 42 miliardi di dollari, che il loro investimento non ha più valore. Una bancarotta totale di Evergrande innescherebbe un diffuso disordine sociale, ed è qui che si annida la traiettoria del contagio: non nel sistema finanziario, ma sul fronte del tessuto sociale.
DIFFERENZA TRA RISCHIO FINANZIARIO E REALE
Sono le conclusioni cui giunge un commento di Jack Janasiewicz e Garrett Melson, di Natixis Investment Managers Solutions, che analizzano le differenze tra rischio finanziario e reale. Nel caso Evergrande, il numero cui tutti fanno riferimento è il passivo totale, vale a dire 2.000 miliardi di renminbi, circa 300 miliardi di dollari, certamente non poco, ma da contestualizzare. Anche perché solo una parte limitata è costituita da titoli finanziari: il prestito diretto vale 573 solo 88 miliardi di dollari, che rappresentano lo 0,08% dell’esposizione del settore e solo lo 0,04% di tutte le obbligazioni onshore, per cui non è assolutamente un rischio sistemico. Sono passività semplicemente troppo ridotte e troppo diffuse tra gli investitori globali per rappresentare una minaccia globale. Il contagio è certamente una notizia che fa rumore, ma secondo gli esperti di Natixis IM non ci sono le condizioni per un contagio su larga scala.
IL PESO DEI DEBITI COMMERCIALI
Janasiewicz e Melson analizzano quindi il resto delle passività di Evergrande, dove la traiettoria di rischio conta di più, osservando che dei 2.000 miliardi di renminbi per i quali tutti sono andati nel panico, circa la metà è legata a debiti commerciali e prestiti concessi da fornitori o appaltatori che hanno finanziato i materiali di costruzione. In quest’ambito l’ingranaggio potrebbe incepparsi se Pechino lo dovesse consentire. Questi debiti commerciali sono legati a più di 8.000 partner tanto a monte quanto a valle, e un default creerebbe problemi mettendo in pausa una serie di progetti. Sono lavori sparsi in oltre 220 città e si tradurrebbe in contratti non andati in porto per quasi 2 milioni di acquirenti di case, facendo arrabbiare un bel po' di cinesi.
PECHINO VUOL EVITARE DISORDINI SOCIALI
Ma, secondo gli esperti di Natixis IM, l'unica cosa di cui il PCC ha veramente paura è essere rovesciato, quindi Pechino teme e vuol evitare disordini sociali. Il disordine sociale si crea se si va a dire a 8.000 partner che non verranno pagati, oppure a 2 milioni di persone che non riceveranno le case per le quali hanno già versato un acconto, oppure anche alle circa 70.000 persone che hanno acquistato prodotti di gestione patrimoniale legati ai prestiti fiduciari di Evergrande, per un vallore di circa 42 miliardi di dollari, che il loro investimento non ha più valore. Una bancarotta totale di Evergrande innescherebbe un diffuso disordine sociale, ed è qui che si annida la traiettoria del contagio: non nel sistema finanziario, ma sul fronte del tessuto sociale.