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Crisi climatica? Per Columbia Threadneedle incide sulla performance delle banche
Nel mirino la capacità di resilienza degli istituti bancari ai mutamenti del clima e alle condizioni meteo estreme. Per ora i mercati ne sono fuori
11 Ottobre 2021 18:00
In uno storico discorso del 2015, l’allora governatore della Bank of England Mark Carney agitò lo spettro di un “momento Minsky”, un crollo dei prezzi degli attivi causato dalla crisi climatica. All’epoca sembrava un pericolo lontano, ma oggi una folta schiera di banche centrali teme che il cambiamento climatico possa scatenare la prossima crisi finanziaria. Le autorità di vigilanza in Europa e Regno Unito stanno già iniziando a testare la resilienza delle banche alla crisi climatica, valutando sia le probabili tensioni della transizione verso un’economia a zero emissioni, sia l’impatto di condizioni meteo estreme. Per il momento, questo non si riflette sui mercati azionari o obbligazionari, che sembrano relativamente poco influenzati dal rischio climatico.
Secondo gli esperti di Columbia Threadneedle Investments, Paul Smillie, analista del credito senior, Rosalie Pinkney, analista del credito senior e Natalia Luna, analista senior Investimenti tematici, nei prossimi anni il cambiamento climatico potrebbe diventare la chiave della performance finanziaria e un fattore importante per gli investitori che valutano le banche. I rischi per gli utili non mancano neppure nel breve termine, mentre nel medio periodo è probabile che gli istituti con maggiori esposizioni legate al clima dovranno far fronte a requisiti patrimoniali più elevati, per non parlare dei rischi reputazionali.
Ma, avvertono gli esperti di Columbia, non è solo una questione di rischio, perché guardando avanti potrebbero anche esserci opportunità per le banche che guidano il finanziamento della transizione verso un’economia a zero emissioni, e si stima che investimenti e finanziamenti verdi potrebbero raccogliere fino a 50 miliardi di dollari di ricavi nei prossimi 5-10 anni. Dato che il cambiamento climatico è destinato a diventare determinante, gli esperti di Columbia credono che presto non sarà più sufficiente per le banche assumere impegni generali sul clima.
Le banche dovranno migliorare le informative sul rischio climatico, dimostrare che il clima si inserisce negli standard di sottoscrizione e ridurre le impronte di carbonio, anche se relativamente modesta. Secondo stime della BCE, una crisi climatica potrebbe incrementare le perdite del sistema bancario fino al 60%, con ricadute significative sugli utili, dato che i combustibili fossili rappresentano il 10%-15% dei ricavi globali generati dell’attività bancaria all’ingrosso, mentre anche il rischio reputazionale è in aumento., vista la crescente sensibilità del pubblico.
Le autorità di vigilanza stanno cominciando a imporre una serie di cambiamenti, specialmente nell’UE e nel Regno Unito. Le banche centrali francese e olandese hanno già eseguito stress test climatici, come anche Bank of England, e la stessa BCE prevede di farlo nel 2022. Guardando al 2025, l’EBA vuol rivedere i requisiti patrimoniali ESG, differenziando il trattamento patrimoniale degli attivi in base ai fattori ambientali e sociali. Anche negli Stati Uniti un inasprimento regolatorio è dietro l’angolo, con la Fed che già un anno fa ha identificato nel cambiamento climatico un rischio per la stabilità finanziaria.
Finora però, osservano gli esperti di Columbia, ci sono poche indicazioni che le banche stiano riducendo i prestiti legati ai combustibili fossili, on l’importante eccezione del carbone. Ma gli investitori potrebbero iniziare presto a distinguere tra leader e ritardatari, mentre l’engagement degli azionisti e l’attivismo delle ONG potrebbero ripercuotersi in tempi brevi sulle valutazioni delle azioni bancarie. Columbia Threadneedle Investments ha condotto un esercizio di engagement globale con più di 50 banche, ponendo domande sulla strategia climatica e sulla gestione del rischio climatico e facendo seguito con una serie di incontri.
L’iniziativa di Columbia Threadneedle Investments ha fatto emergere di alcune chiare tendenze: alcune banche britanniche, olandesi e svizzere si distinguono in positivo, le banche nordiche, francesi, spagnole e giapponesi sono leggermente indietro, mentre le irlandesi, tedesche, italiane e cinesi sono in ritardo. La ricerca mostra anche che il cambiamento climatico non incide ancora sugli utili o sui requisiti patrimoniali delle banche, ma succedere già tra due o cinque anni. Queste indicazioni cominciano a influenzare la costruzione del portafoglio della stessa Columbia, secondo cui non passerà molto tempo prima che gli investitori inizino distinguere tra leader e ritardatari. E questo creerà un’opportunità per gli investitori attivi, premiando anche le banche che hanno agito tempestivamente.
CLIMA ED EFFETTO FINANZIARIO
Secondo gli esperti di Columbia Threadneedle Investments, Paul Smillie, analista del credito senior, Rosalie Pinkney, analista del credito senior e Natalia Luna, analista senior Investimenti tematici, nei prossimi anni il cambiamento climatico potrebbe diventare la chiave della performance finanziaria e un fattore importante per gli investitori che valutano le banche. I rischi per gli utili non mancano neppure nel breve termine, mentre nel medio periodo è probabile che gli istituti con maggiori esposizioni legate al clima dovranno far fronte a requisiti patrimoniali più elevati, per non parlare dei rischi reputazionali.
NON SOLO RISCHIO, ANCHE OPPORTUNITA’
Ma, avvertono gli esperti di Columbia, non è solo una questione di rischio, perché guardando avanti potrebbero anche esserci opportunità per le banche che guidano il finanziamento della transizione verso un’economia a zero emissioni, e si stima che investimenti e finanziamenti verdi potrebbero raccogliere fino a 50 miliardi di dollari di ricavi nei prossimi 5-10 anni. Dato che il cambiamento climatico è destinato a diventare determinante, gli esperti di Columbia credono che presto non sarà più sufficiente per le banche assumere impegni generali sul clima.
UNA SFIDA PER LE BANCHE
Le banche dovranno migliorare le informative sul rischio climatico, dimostrare che il clima si inserisce negli standard di sottoscrizione e ridurre le impronte di carbonio, anche se relativamente modesta. Secondo stime della BCE, una crisi climatica potrebbe incrementare le perdite del sistema bancario fino al 60%, con ricadute significative sugli utili, dato che i combustibili fossili rappresentano il 10%-15% dei ricavi globali generati dell’attività bancaria all’ingrosso, mentre anche il rischio reputazionale è in aumento., vista la crescente sensibilità del pubblico.
BANCHE CENTRALI E VIGILANZE IN AZIONE
Le autorità di vigilanza stanno cominciando a imporre una serie di cambiamenti, specialmente nell’UE e nel Regno Unito. Le banche centrali francese e olandese hanno già eseguito stress test climatici, come anche Bank of England, e la stessa BCE prevede di farlo nel 2022. Guardando al 2025, l’EBA vuol rivedere i requisiti patrimoniali ESG, differenziando il trattamento patrimoniale degli attivi in base ai fattori ambientali e sociali. Anche negli Stati Uniti un inasprimento regolatorio è dietro l’angolo, con la Fed che già un anno fa ha identificato nel cambiamento climatico un rischio per la stabilità finanziaria.
INDAGINE CONDOTTA SU 50 BANCHE
Finora però, osservano gli esperti di Columbia, ci sono poche indicazioni che le banche stiano riducendo i prestiti legati ai combustibili fossili, on l’importante eccezione del carbone. Ma gli investitori potrebbero iniziare presto a distinguere tra leader e ritardatari, mentre l’engagement degli azionisti e l’attivismo delle ONG potrebbero ripercuotersi in tempi brevi sulle valutazioni delle azioni bancarie. Columbia Threadneedle Investments ha condotto un esercizio di engagement globale con più di 50 banche, ponendo domande sulla strategia climatica e sulla gestione del rischio climatico e facendo seguito con una serie di incontri.
INFLUENZA SULLA COSTRUZIONE DEL PORTAFOGLIO
L’iniziativa di Columbia Threadneedle Investments ha fatto emergere di alcune chiare tendenze: alcune banche britanniche, olandesi e svizzere si distinguono in positivo, le banche nordiche, francesi, spagnole e giapponesi sono leggermente indietro, mentre le irlandesi, tedesche, italiane e cinesi sono in ritardo. La ricerca mostra anche che il cambiamento climatico non incide ancora sugli utili o sui requisiti patrimoniali delle banche, ma succedere già tra due o cinque anni. Queste indicazioni cominciano a influenzare la costruzione del portafoglio della stessa Columbia, secondo cui non passerà molto tempo prima che gli investitori inizino distinguere tra leader e ritardatari. E questo creerà un’opportunità per gli investitori attivi, premiando anche le banche che hanno agito tempestivamente.