Andrea Carzana

Circular economy, ecco la rivoluzione della moda di seconda mano

I consumatori più giovani preferiscono acquistare capi già usati per abbattere costi e inquinamento

13 Ottobre 2021 18:00

financialounge -  Andrea Carzana Columbia Threadneedle Investments ESG Olivia Watson
Secondo un'analisi di Columbia Threadneedle Investments, il settore del fashion sta vivendo la fase iniziale di una transizione strutturale a livello dei consumi determinata da una nuova presa di coscienza in materia di sostenibilità.

UN MODO NUOVO


Pauline Grange, gestore di portafogli azionari globali, ha osservato che i venditori stanno cominciando ad abbracciare il sistema della rivendita e che ormai la moda stia puntando alla sostenibilità attraverso l'economia circolare. Per gli investitori, l'espansione del mercato del riutilizzo e dei capi di seconda mano può riservare grandi opportunità: secondo lo studio di Columbia Threadneedle Investment "le proiezioni potrebbero raddoppiare nei prossimi cinque anni, arrivando a quota 77 miliardi di dollari, ed entro il 2030 potrebbe raggiungere volumi doppi rispetto al fast fashion".

INQUINAMENTO E PRODUZIONE


Il settore della moda emette più CO2 dell’industria aeronautica e di quella navale, usando ben 79 miliardi di metri cubi di acqua all’anno. Dati ai quali si aggiunge l’inquinamento idrico causato dalla produzione delle materie prime e dei tessuti. Si tratta dell'industria tra le più inquinanti al mondo, soprattutto dall'avvento del fast fashion, cioè capi d’abbigliamento all’ultima moda e a basso costo: Ogni anno si vendono circa 100 miliardi di articoli di abbigliamento, ovvero circa il 50% in più rispetto al 2006.

LE SCELTE DEI CONSUMATORI


A spingere questa tendenza è la nuova presa di coscienza sui temi della sostenibilità, della riduzione degli sprechi, l'attenzione alle emissioni tossiche trainata soprattutto dai giovani. Per questo molte piattaforme di e-commerce hanno aperto alla possibilità di vendere e acquistare i capi di seconda mano.

VIRTUOSISMI


Zalando ad esempio si prefigge l’obiettivo di diventare una piattaforma del fashion a impatto netto positivo e allungare la vita utile di almeno 50 milioni di prodotti e generare il 25% del volume lordo di merce da prodotti più sostenibili entro il 2023, in rialzo rispetto al 16% del 2020.  Etsy ha concluso un affare da 1,6 miliardi di dollari per Depop, app britannica incentrata sull’abbigliamento di seconda mano e anche H&M ha deciso di acquistare una partecipazione del 70% in Sellpy. COS, che è controllata di H&M, ha lanciato una piattaforma di rivendita digitale chiamata Resell. Tra i leader del settore troviamo Vinted, la cui valutazione è pari a 3,5 miliardi di euro. Vestiaire Collective ha una partecipazione del 5% della conglomerate del lusso Kering e anche Nike ha avviato un'iniziativa pilota incentrata sulla rivendita chiamata Nike Refurbished.

IMPULSO NORMATIVO


In Europa e nel Regno Unito il contesto normativo agevola la nascita di queste piattaforme di rivendita con obiettivi vincolanti per il 2030 e il 2050. “Textiles 2030”, iniziativa made in Uk, permette alle imprese di collaborare su obiettivi connessi al carbonio, alle risorse idriche e ai tessuti circolari, ma anche di partecipare al dibattito politico su scala nazionale con le autorità britanniche in vista di ulteriori sviluppi normativi. L'Ue sta facendo lo stesso nell'ambito del suo piano d'azione per l'economia circolare. Attraverso le diverse spinte normative si prevede che questa transizione strutturale possa farsi sempre più determinante rivelandosi un’eccellente opportunità di investimento.

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