Energy crunch

La carenza di gas peserà sulla crescita economica europea

Monica Defend, Global Head of Research di Amundi, non prevede una crisi energetica in inverno ma stima che il rincaro dei prezzi del gas peseranno sulla crescita europea causando inflazione e colpendo i consumi

di Stefano Caratelli 8 Novembre 2021 19:00

financialounge -  Amundi Energy crunch investimenti Monica Defend
Il cosiddetto energy crunch, vale a dire la strozzatura dell’offerta di gas e petrolio che fa salire i prezzi energetici soprattutto in Europa, continua ad essere al centro dell’attenzione di mercati e investitori. Negli ultimi tempi il prezzo del petrolio sembra essersi stabilizzato sopra gli 80 dollari al barile mentre continuano le tensioni su quello del gas. L’Europa e l’Asia si trovano in una posizione scomoda proprio per quanto riguarda la produzione di gas, perché da sempre sono i maggiori importatori netti di questa fonte energetica e il deficit da colmare nei prossimi anni sarà quindi enorme.

NON PREVISTA UNA CRISI IN INVERNO


Lo sostiene Monica Defend, Global Head of Research di Amundi, il cui scenario centrale non prevede una crisi energetica in inverno, ma le turbolenze e il rincaro dei prezzi peseranno sulla crescita europea attraverso la forte inflazione, i consumi delle famiglie, la diminuzione degli utili aziendali e il calo della produttività. Secondo l’esperta di Amundi il prezzo del greggio nella versione WTI, vale a dire il benchmark americano, dovrebbe rimanere ancora per un po’ attorno agli 80 dollari al barile, ma è prematuro prevedere uno spostamento strutturale verso il range degli 80-100 dollari al barile, perché nel primo semestre del 2022 dovrebbe esserci una ripresa progressiva proprio della produzione del petrolio americano.

GAS E PETROLIO SUPPORTATI DALL’USCITA DAL CARBONE


Secondo Defend, il passaggio dal carbone al gas e al petrolio supporterà sul lungo periodo questi mercati, ma il contributo ciclico dell’economia alla domanda dovrebbe diminuire nel 2022, perché la crescita dell’espansione post pandemia alla fine rallenterà verso livelli tendenziali In linea con le stime ufficiali dell’AIE, e quindi che entro la fine del 2022 il prezzo del petrolio scenderà al di sotto degli 80 dollari al barile. L’esperta di Amundi sottolinea che la corsa dell’Europa e dell’Asia a costituire riserve di gas non ha eguali nella storia e le due regioni sono quelle che stanno facendo più fatica a ripristinare le scorte di gas e petrolio ora che si avvicina l’inverno.

FORNITURE DI GAS INSUFFICIENTI


Il prezzo alle stelle del gas naturale ha contagiato il petrolio, perché molti Paesi si sono trovati costretti a trovare sostituti a carbone e gas. I produttori di petrolio inoltre sembrano restii ad aumentare l’offerta per ragioni diverse e opposte, rappresentate dalla pausa temporanea delle perforazioni dovuta agli uragani e alla produzione sottotono dello scisto in USA, mentre i paesi OPEC accumulano ricavi nello sforzo di correggere i saldi di bilancio dei vari Stati membri. Intanto Russia e Norvegia non riescono ad aumentare a breve le forniture alla Ue, con l’unica magra consolazione è che le forniture di gas russo sono già più alte rispetto ai livelli pre-Covid.

PRODUZIONE AMERICANA VERSO IL RECUPERO


Lo scenario centrale di Amundi non prevede una crisi energetica in inverno, ma le turbolenze e il rincaro dei prezzi peseranno sulla crescita europea, mentre nel primo semestre del 2022 dovrebbe esserci una ripresa progressiva della produzione del petrolio americano. Inoltre, i membri dell’OPEC+ saranno probabilmente in grado di far fronte a picchi inattesi della domanda. Se la morsa energetica dovesse stringersi ancora di più e se i prezzi dovessero andare fuori controllo, è prevedibile una reazione del gruppo dei Paesi produttori.

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