Aumento dei prezzi
AllianceBernstein: perché l'inflazione continua a salire e come anticipare i movimenti al rialzo
Grazie a un indicatore proprietario creato ad hoc, AllianceBernstein è in grado di capire prima dei dati macro se e come si stanno sbloccando le strozzature che hanno fatto impennare i prezzi dopo la pandemia
di Stefano Caratelli 6 Dicembre 2021 14:16
Alla fine l’inflazione è arrivata e non è una breve visita indotta dal Covid-19, ma una lunga permanenza causata dalla domanda sostenuta e dalle strozzature delle filiere produttive. I dati economici possono essere sfasati di settimane o mesi e non sono l’ideale per prevedere l’impatto reale. Per tracciare in modo rapido e accurato il percorso dell’inflazione, AllianceBernstein ha sviluppato un “dashboard” a 360° usando indicatori tradizionali, big data e opinioni del team di ricerca globale della grande casa. Un’analisi firmata da Eric Winograd, Susan Hutman e Robert Hopper segnala che da metà 2020 l’inflazione generata dai beni si è sdoppiata da quella da servizi schizzando a doppia cifra per la combinazione di domanda inespressa e blocchi delle filiere produttive, un fatto del tutto inedito che sta provocando un aumento significativo dell’inflazione di fondo.
Per cui il segreto per raffreddare l’inflazione è risolvere i problemi della supply chain, che non possono essere imputabili esclusivamente alle carenze di manodopera. Secondo gli esperti di AllianceBernstein, l’indicatore migliore è l’arretrato di ordini stimato dall’Institute for Supply Management, che ha toccato un picco a giugno e rimane ben sopra la norma per diffuse difficoltà nell’approvvigionamento di parti e materiali, aumento dei prezzi delle materie prime e problemi di trasporto, oltre alla difficoltà di richiamare e trattenere i dipendenti. Prima o poi i dati tradizionali diranno che i problemi delle filiere sono in via di risoluzione, ma intanto dati alternativi possono dare una misura in tempo reale.
L’Aggregate Supply Chain Indicator creato da AllianceBernstein utilizza dati giornalieri per misurare lo stato di salute della supply chain mettendo insieme i prezzi globali dei container, il costo del trasporto di materiali secchi e le ricerche aggregate su Google di termini riconducibili alla disruption della supply chain. Dopo un’impennata durante la pandemia, l’indicatore sembra essersi stabilizzato, ma su livelli elevati. Il contributo più rilevante all’impennata è venuto dai prezzi dei container, che stanno diminuendo ma sono ancora piuttosto alti. Basandosi sulla ‘lettura’ dei big-data AllianceBernstein ha rintracciato tutte le menzioni riguardanti filiere, logistica, trasporto e spedizioni contenute in 4.000 trascrizioni di call trimestrali delle società statunitensi dal 2010 scoprendo che nel 2020 e 2021 i manager hanno citato problemi alla supply chain più spesso che in qualsiasi altro momento degli ultimi dieci anni, con toni negativi, con automotive, commercio al dettaglio, tecnologia, servizi di trasporto e materiali tra i settori più colpiti.
Ma le cause differiscono da un settore all’altro e vanno da problemi logistici, inadeguatezza dei fornitori e aumento dei costi del lavoro. I vincoli maggiori sono le carenze di componenti, che hanno impedito di far fronte alla ripresa della domanda, ma anche la difficoltà a trovare personale, insieme all’aumento del costo del lavoro, ha comportato non poche difficoltà per i settori legati a trasporto, ospitalità, ristorazione e tempo libero. Infine le strozzature nella logistica hanno penalizzato le vendite al dettaglio, in particolare di generi alimentari.
I vincoli delle filiere continuano a offuscare le previsioni sui margini delle imprese, le cui stime sono diventate molto meno ottimistiche in corso d’anno, anche se restano positive per la maggior parte dei settori, con le aspettative per il 2022 ancora superiori a quelle del 2019 e 2020. Ma la brutta notizia, avvertono gli esperti di AllianceBernstein, è che le difficoltà associate alle riaperture hanno avuto chiare ripercussioni su margini e inflazione, mentre quella buona è che le famiglie dispongono di risorse sufficienti per continuare a consumare nonostante i prezzi in aumento, almeno per ora, indicando che i problemi delle filiere non hanno inciso sensibilmente sulle prospettive di crescita.
In ogni caso, sottolinea in conclusione l’analisi degli esperti di AllianceBernstein, occorre stare attenti a individuare eventuali segnali di stanchezza dei consumatori, che se emergessero prima che i problemi delle filiere vengano risolti, potrebbero compromettere le prospettive di crescita. Per questo è estremamente importante monitorare la supply chain: quanto prima si sblocca, tanto minore sarà il rischio per l’economia.
IL SEGRETO PER RAFFREDDARE L’INFLAZIONE
Per cui il segreto per raffreddare l’inflazione è risolvere i problemi della supply chain, che non possono essere imputabili esclusivamente alle carenze di manodopera. Secondo gli esperti di AllianceBernstein, l’indicatore migliore è l’arretrato di ordini stimato dall’Institute for Supply Management, che ha toccato un picco a giugno e rimane ben sopra la norma per diffuse difficoltà nell’approvvigionamento di parti e materiali, aumento dei prezzi delle materie prime e problemi di trasporto, oltre alla difficoltà di richiamare e trattenere i dipendenti. Prima o poi i dati tradizionali diranno che i problemi delle filiere sono in via di risoluzione, ma intanto dati alternativi possono dare una misura in tempo reale.
L’INDICATORE CREATO DA ALLIANCE BERNSTEIN
L’Aggregate Supply Chain Indicator creato da AllianceBernstein utilizza dati giornalieri per misurare lo stato di salute della supply chain mettendo insieme i prezzi globali dei container, il costo del trasporto di materiali secchi e le ricerche aggregate su Google di termini riconducibili alla disruption della supply chain. Dopo un’impennata durante la pandemia, l’indicatore sembra essersi stabilizzato, ma su livelli elevati. Il contributo più rilevante all’impennata è venuto dai prezzi dei container, che stanno diminuendo ma sono ancora piuttosto alti. Basandosi sulla ‘lettura’ dei big-data AllianceBernstein ha rintracciato tutte le menzioni riguardanti filiere, logistica, trasporto e spedizioni contenute in 4.000 trascrizioni di call trimestrali delle società statunitensi dal 2010 scoprendo che nel 2020 e 2021 i manager hanno citato problemi alla supply chain più spesso che in qualsiasi altro momento degli ultimi dieci anni, con toni negativi, con automotive, commercio al dettaglio, tecnologia, servizi di trasporto e materiali tra i settori più colpiti.
CAUSE DIVERSE NEI VARI SETTORI
Ma le cause differiscono da un settore all’altro e vanno da problemi logistici, inadeguatezza dei fornitori e aumento dei costi del lavoro. I vincoli maggiori sono le carenze di componenti, che hanno impedito di far fronte alla ripresa della domanda, ma anche la difficoltà a trovare personale, insieme all’aumento del costo del lavoro, ha comportato non poche difficoltà per i settori legati a trasporto, ospitalità, ristorazione e tempo libero. Infine le strozzature nella logistica hanno penalizzato le vendite al dettaglio, in particolare di generi alimentari.
MARGINI DELLE IMPRESE ANCORA POSITIVI
I vincoli delle filiere continuano a offuscare le previsioni sui margini delle imprese, le cui stime sono diventate molto meno ottimistiche in corso d’anno, anche se restano positive per la maggior parte dei settori, con le aspettative per il 2022 ancora superiori a quelle del 2019 e 2020. Ma la brutta notizia, avvertono gli esperti di AllianceBernstein, è che le difficoltà associate alle riaperture hanno avuto chiare ripercussioni su margini e inflazione, mentre quella buona è che le famiglie dispongono di risorse sufficienti per continuare a consumare nonostante i prezzi in aumento, almeno per ora, indicando che i problemi delle filiere non hanno inciso sensibilmente sulle prospettive di crescita.
MONITORARE LA SUPPLY CHAIN
In ogni caso, sottolinea in conclusione l’analisi degli esperti di AllianceBernstein, occorre stare attenti a individuare eventuali segnali di stanchezza dei consumatori, che se emergessero prima che i problemi delle filiere vengano risolti, potrebbero compromettere le prospettive di crescita. Per questo è estremamente importante monitorare la supply chain: quanto prima si sblocca, tanto minore sarà il rischio per l’economia.