L’analisi

Capital Group: ecco cosa attende i mercati emergenti dopo la pandemia

Le misure fiscali per fronteggiare il Covid sono state più importanti nei Paesi sviluppati rispetto ai mercati emergenti. Holger Siebrecht (Capital Group) spiega quali sono le prospettive per i mercati di frontiera

di Fabrizio Arnhold 22 Dicembre 2021 07:50

financialounge -  Capital Group Covid Holger Siebrecht Morning News
La pandemia ha rallentato le economie mondiali, anche quelle dei mercati di frontiera. I Paesi a più elevata crescita, tuttavia, ne hanno avuto un impatto più contenuto. Per avere un’idea, basti guardare il grafico qui sotto che evidenzia come nel 2020 il rallentamento della crescita nei mercati di frontiera sia dipeso linearmente dal tasso di crescita registrato in tali Paesi nel 2019.



ELEVATI TASSI DI CRESCITA


Diversi mercati di frontiera presentano elevati tassi di crescita strutturale, tanto da poter diventare nel tempo mercati emergenti. “Molti di questi mercati non hanno sperimentato una recessione nel 2020 e potrebbero registrare un continuo aumento della crescita”, commenta Holger Siebrecht, Fixed Income Investment Analyst di Capital Group. “Tra questi figurano le economie di frontiera più tradizionali, come il Benin e l'Etiopia, che spesso presentano bassi livelli di Pil pro capite e altre misure di sviluppo umano, dipendono largamente dall'agricoltura, hanno mercati finanziari poco sviluppati e bassi livelli di debito”.

IL CLUB DEI MERCATI EMERGENTI


Le economia più avanzate, diversificate e ricche che presentano un percorso di crescita più blando, come Nigeria, Camerun, Gabon, Angola e Sri Lanka, fanno parte del “Club dei mercati emergenti”, prosegue l’analisi dell’esperto di Capital Group che sottolinea come “per anni la Nigeria ha attuato politiche che hanno ostacolato la crescita e il Paese risente ancora delle conseguenze del crollo dei prezzi petroliferi, come le altre nazioni che dipendono da questa materia prima”. I Paesi del “Club dei ME” dovrebbero crescere più velocemente grazie alla ripresa dell’economia e dei viaggi, ma è improbabile che tornino ai livelli del Pil pre-Covid prima del 2022 o 2023.

I PAESI CHE TRAINANO LA CRESCITA


L’analisi prosegue passando in rassegna i “Paesi che trainano la crescita”, ossia “i Paesi africani come li avevamo immaginati dieci anni fa”, aggiunge Holger Siebrecht. “I loro elevati tassi di crescita strutturale implicano un deciso rimbalzo”. E proprio per questo molti non hanno sperimentato una recessione. Nel gruppo finiscono economie di frontiera come Benin ed Etiopia, ma anche Paesi più diversificati e ricchi come Senegal, Costa d’Avorio, Kenya e Ghana.

LA POLITICA FISCALE


Per limitare gli effetti del Covid, i Paesi più ricchi hanno imposto lockdown e hanno stanziato più denaro per misure di sostegno rispetto ai Paesi più poveri, ottenendo in questo modo meno ricavi e incrementando la spesa. Per Capital Group, “sebbene questa situazione rappresenti la norma, si ravvisano alcune eccezioni interessanti”. Mozambico, Zambia e Ghana hanno attuato politiche controcicliche straordinariamente elevate, mentre Angola e Gabon hanno tenuto sotto controllo i loro deficit in modo più rigoroso di quanto ci si potrebbe aspettare da Paesi con i loro livelli di reddito in un periodo di crisi.

IL RAPPORTO DEBITO/PIL


Nonostante il rapporto debito/Pil e l'indebitamento siano fattori rilevanti, l'andamento dei fondamentali non è da meno. In questo scenario, su quali Paesi puntare? “Prediligiamo i Paesi con un rapporto debito/Pil e persino costi di interesse più elevati ma con fondamentali solidi (come l'Angola) rispetto a Paesi con un rapporto debito/Pil più basso ma con un rapporto interessi/ricavi e soprattutto con fondamentali non positivi (come la Nigeria)”, risponde il Fixed Income Investment Analyst di Capital Group.

MATERIE PRIME PIÙ CARE


I prezzi delle materie prime in aumento hanno migliorato le condizioni commerciali di molti mercati di frontiera esportatori. “Il Ghana, ad esempio, presentava nel 2020 un saldo più solido di quanto giustificato dai fondamentali grazie alle esportazioni di oro nonché alle rimesse e alla riduzione delle importazioni”, prosegue Holger Siebrecht. “Oltre agli elevati prezzi delle materie prime, tali mercati beneficiano di un solido sostegno proveniente dalle istituzioni”. Molti mercati di frontiera, inoltre, sono stati penalizzati dalle restrizioni ai viaggi, essendo popolari destinazioni turistiche.

ESG PIÙ IMPORTANTE CON LA PANDEMIA


“I fattori sociali e di governance sono stati presi in considerazione per valutare la salute e la sicurezza o la tutela dei posti di lavoro e la gestione della crisi da parte dei governi - precisa l’esperto di Capital Group -. Tuttavia, per i mercati di frontiera, rispetto ai Paesi più sviluppati dei ME o ai mercati sviluppati, risulta ancora più importante un approccio basato sulla ricerca poiché i tradizionali indicatori ESG possono essere retrospettivi e spesso penalizzano i Paesi meno sviluppati”. La pandemia ha amplificato la necessità di tener conto dei fattori ESG, soprattutto per sostenere lo sviluppo dei mercati di frontiera nel post-Covid.

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