Rialzo tassi in vista
La Fed conferma la stretta ma resta vaga sui dettagli e Wall Street chiude in negativo
Verso il primo rialzo dei tassi a marzo, ma da Powell nessun’indicazione precisa sul drenaggio di liquidità che seguirà con il quantitative tightening. Il rendimento del Treasury torna sopra l’1,8% e S&P 500 e Dow Jones chiudono in rosso
di Stefano Caratelli 27 Gennaio 2022 08:10
Alla prima uscita del 2022 la Fed non ha riservato sorprese. Sia nel comunicato rilasciato dopo la due giorni del FOMC che nella conferenza stampa del chairman Jay Powell tutto come da copione, recitato in modo abbastanza soft: indicazione di un primo rialzo dei tassi a marzo, quando si concluderanno gli acquisti di titoli, per lasciare il passo successivamente al cosiddetto ‘quantitative tightnening’, vale a dire che non verranno più reinvestiti a scadenza i titoli accumulati in portafoglio, con l’effetto di drenare liquidità dal mercato anziché aggiungerla.
Wall Street ha reagito inizialmente in modo positivo, consolidando il rialzo dei principali indici, ma poi ha invertito la rotta finendo in rosso, con l’eccezione del Nasdaq, sull’onda di un mercato dei Treasury che ha visto il rendimento del decennale riportarsi con decisione sopra l’1,8%. Forse il messaggio della banca centrale americana è stato troppo soft e troppo vago, ed è mancato soprattutto un saldo ancoraggio delle aspettative di inflazione, con Powell che si è limitato a citare le pressioni sul fronte salariale senza però fornire stime temporali o quantitative sulla dinamica dei prezzi.
Ma soprattutto potrebbe aver pesato la vaghezza sul ‘quantitative tightening’, di cui si sa solo che partirà solo dopo e non prima dell’avvio del ciclo di rialzo dei tassi. La fine del reinvestimento della montagna di titoli acquistati negli ultimi due anni equivale a una stretta monetaria forse più importante dello stesso rialzo dei tassi, anche perché andrà a coincidere con l’esaurimento dello stimolo fiscale. Meno titoli nel bilancio della Fed vogliono dire meno dollari nei portafogli di consumatori e imprese, con un impatto su fatturati e soprattutto utili difficile da quantificare proprio perché la Fed non ha fornito indicazioni né quantitative, vale a dire l’ammontare di titoli che non verranno reinvestiti, né temporali, vale a dire quando si parte. Non a caso questo aspetto era quello più atteso e guardato da vicino da investitori e mercati, che sono rimasti senza indicazioni precise.
L’incertezza non piace ai mercati, e quella lasciata aperta dalla Fed sembra destinata ad alimentare i movimenti tecnici che hanno caratterizzato l’inizio di questo 2022. A fronte di volatilità in aumento, i grandi investitori si proteggono costruendo posizioni al ribasso, con il ricorso a derivati come futures e opzioni, per poter compensare possibili perdite temporanee di portafoglio dovute a correzioni o storni dettati dall’emotività. E questo porta a oscillazioni anche violente degli indici al rialzo e al ribasso, come quelle che si sono viste nelle ultime settimane a Wall Street e di riflesso, e in ritardo, anche in Europa. Il tutto si aggiunge poi ai timori sul fronte geopolitico, leggi Ucraina, o macroeconomico, leggi Cina in rallentamento, che inducono appunto i grandi investitori a proteggersi mentre i piccoli possono rimanere in balia dell’emotività.
A questo proposito va segnalato che l’indice VIX, che misura la volatilità sullo S&P 500, e che viaggiava poco sotto quota 28 punti prima del comunicato e soprattutto della conferenza stampa di Powell, è poi schizzato ben oltre i 32 punti, ritoccando significativamente al rialzo i massimi da inizio anno. Per ora si tratta di aggiustamenti tecnici e non di sostanziali cambiamenti di posizionamento. Il tutto è condito da un dollaro che continua a rafforzarsi su euro e da un prezzo del petrolio in ulteriore tensione nella versione americana del WTI.
MESSAGGIO SOFT E VAGO
Wall Street ha reagito inizialmente in modo positivo, consolidando il rialzo dei principali indici, ma poi ha invertito la rotta finendo in rosso, con l’eccezione del Nasdaq, sull’onda di un mercato dei Treasury che ha visto il rendimento del decennale riportarsi con decisione sopra l’1,8%. Forse il messaggio della banca centrale americana è stato troppo soft e troppo vago, ed è mancato soprattutto un saldo ancoraggio delle aspettative di inflazione, con Powell che si è limitato a citare le pressioni sul fronte salariale senza però fornire stime temporali o quantitative sulla dinamica dei prezzi.
POCHI DETTAGLI SUL QUANTITATIVE TIGHTENING
Ma soprattutto potrebbe aver pesato la vaghezza sul ‘quantitative tightening’, di cui si sa solo che partirà solo dopo e non prima dell’avvio del ciclo di rialzo dei tassi. La fine del reinvestimento della montagna di titoli acquistati negli ultimi due anni equivale a una stretta monetaria forse più importante dello stesso rialzo dei tassi, anche perché andrà a coincidere con l’esaurimento dello stimolo fiscale. Meno titoli nel bilancio della Fed vogliono dire meno dollari nei portafogli di consumatori e imprese, con un impatto su fatturati e soprattutto utili difficile da quantificare proprio perché la Fed non ha fornito indicazioni né quantitative, vale a dire l’ammontare di titoli che non verranno reinvestiti, né temporali, vale a dire quando si parte. Non a caso questo aspetto era quello più atteso e guardato da vicino da investitori e mercati, che sono rimasti senza indicazioni precise.
GLI INVESTITORI SI PROTEGGONO
L’incertezza non piace ai mercati, e quella lasciata aperta dalla Fed sembra destinata ad alimentare i movimenti tecnici che hanno caratterizzato l’inizio di questo 2022. A fronte di volatilità in aumento, i grandi investitori si proteggono costruendo posizioni al ribasso, con il ricorso a derivati come futures e opzioni, per poter compensare possibili perdite temporanee di portafoglio dovute a correzioni o storni dettati dall’emotività. E questo porta a oscillazioni anche violente degli indici al rialzo e al ribasso, come quelle che si sono viste nelle ultime settimane a Wall Street e di riflesso, e in ritardo, anche in Europa. Il tutto si aggiunge poi ai timori sul fronte geopolitico, leggi Ucraina, o macroeconomico, leggi Cina in rallentamento, che inducono appunto i grandi investitori a proteggersi mentre i piccoli possono rimanere in balia dell’emotività.
VOLATILITÀ IN AUMENTO
A questo proposito va segnalato che l’indice VIX, che misura la volatilità sullo S&P 500, e che viaggiava poco sotto quota 28 punti prima del comunicato e soprattutto della conferenza stampa di Powell, è poi schizzato ben oltre i 32 punti, ritoccando significativamente al rialzo i massimi da inizio anno. Per ora si tratta di aggiustamenti tecnici e non di sostanziali cambiamenti di posizionamento. Il tutto è condito da un dollaro che continua a rafforzarsi su euro e da un prezzo del petrolio in ulteriore tensione nella versione americana del WTI.
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