Fronte caldo
L’asse Russia-Cina aggiunge tensione a mercati già nervosi
Xi approfitta del confronto tra Putin e Occidente per garantirsi energia illimitata e guadagnare qualche punto nella competizione con gli USA. Il rischio che Biden mostri i muscoli per recuperare credibilità
di Stefano Caratelli 7 Febbraio 2022 08:15
Tra due settimane, il 21 febbraio, l’America festeggia il Presidents’ Day, ma ricorre anche un anniversario molto importante e molto attuale. Cinquant’anni fa il presidente Richard Nixon scongelava le relazioni con la Cina con uno storico viaggio di una settimana tra Pechino, Hangzhou e Shanghai. Erano 25 anni che USA e Cina comunista non si parlavano, perché Washington riconosceva solo Taiwan. Il disgelo si concluse nel 1979 con l’instaurazione di normali relazioni diplomatiche, che durano tutt’ora nonostante gli USA siano schierati con Taipei, dove però non hanno un’ambasciata a differenza di Pechino. Con quel viaggio, definito dallo stesso Nixon come i 7 giorni che hanno cambiato il mondo, l’America in piena Guerra Fredda andò a infilare un cuneo tra i due grandi paesi comunisti che si stavano avvicinando troppo e avrebbero forse potuto unire le forze. Il 1979 coincide con l’invasione sovietica dell’Afghanistan, un’emorragia di risorse umane e soprattutto economiche da cui iniziò il declino dell’URSS finito nel collasso del 1991.
Da allora, non c’è stato presidente americano che nel corso del suo mandato non sia andato in visita ufficiale in Cina, con due sole eccezioni: Jimmy Carter, arrivato dopo Nixon travolto dal Watergate, e Joe Biden, entrambi Dem molto spostati a sinistra. Venerdì scorso, in occasione dell’apertura delle Olimpiadi invernali, è andato in scena a Pechino uno spettacolo simile a quello di 50 anni fa, ma con lo zar Putin al posto di Nixon e Xi nel ruolo di Mao. Nel lungo comunicato congiunto rilasciato per l’occasione, la Cina accusa gli USA di alimentare la protesta a Hong Kong e incoraggiare l’indipendenza a Taiwan, mentre la Russia incolpa gli USA di giocare alla destabilizzazione in Ucraina. Il tutto condito da una retorica secondo cui ‘non ci sono limiti’ allo sviluppo dei legami tra Mosca e Pechino.
Alleanze spericolate non sono una novità della storia della Russia, nel 1939 si mise d’accordo con i nazisti per spartirsi la Polonia solo per esserne invasa due anni dopo e pagare il prezzo di decine di milioni di morti per liberarsene. Si prepara uno scenario con Kiev nel ruolo di Varsavia e con Putin che sfida l’Occidente forte dell’appoggio cinese? E intanto Xi approfitta della distrazione globale per fare un blitz su Taiwan? E da che parte starebbe una Germania che fa più affari con Cina e Russia che con il resto dell’Occidente? Oppure la Turchia che in Siria è già schierata con i russi, che dovrebbero essere i potenziali nemici della Nato di cui pure fa parte? Era un mondo dominato dalle ideologie assolute che volevano soggiogare il mondo, riesumarlo aiuta poco a capire quello di oggi, dove contano quasi solo gli interessi economici di grandissime imprese che pesano di più degli stati nazionali.
Putin ha bisogno di compratori per le immense riserve russe di materie prime, a cominciare dalle fonti fossili di energia, Xi ha bisogno di petrolio e gas per far continuare a crescere un’economia che si regge sempre più sulla domanda interna. Quello celebrato in pompa magna a Pechino è un fidanzamento di interessi, non la riedizione 83 anni dopo del patto Molotov-Ribbentrop, e gli schieramenti militari ai confini ucraini e nei mari cinesi sono più pressioni negoziali che preparativi bellici. Certo, sono situazioni che possono sfuggire di mano, soprattutto se alla Casa Bianca c’è un anziano signore a picco nei sondaggi, che rischia di perdere sonoramente le elezioni di mid-term a novembre, e che potrebbe essere tentato di mettere mano alla pistola per far vedere gli attributi e scaldare il patriottismo americano.
La Russia vive non a torto come una minaccia un’Ucraina che entrasse nell’Unione Europea e nella Nato: nei trent’anni dal collasso dell’URSS ha visto avvicinarsi di un migliaio di chilometri il fronte occidentale, anche se dall’altra parte c’è una Nato diventata ormai un minestrone dove c’è di tutto, che probabilmente non riuscirebbe a restare insieme se si dovesse passare dai proclami a veri eventi bellici. E la Cina non può essere rimproverata più di tanto se approfitta di una situazione che offre il doppio vantaggio di garantire alla sua macchina produttiva tutta l’energia che le serve e di aggiustare a suo favore la bilancia del potere politico e economico globale. Con tutte e due alla fine all’Europa conviene andare d’accordo, e magari cogliere l’occasione per rientrare nel ‘grande gioco’ con un ruolo di mediatore tra le due superpotenze che restano America e Cina.
Ai timori per inflazione, tassi, tenuta delle valutazioni dei big tech, rallentamento di ripresa e utili, ora si aggiunge la partnership ‘senza limiti’ stretta a Pechino tra Putin e Xi. Un altro bel tema da cavalcare per mandare su e giù mercati e volatilità. I titoli dei media non faranno sconti nella drammatizzazione di possibili e a questo punto probabili forti tensioni. E agli investitori non mancheranno le occasioni per scovare valore a prezzi accessibili. Sempre che all’inquilino della Casa Bianca non venga in mente non solo di sfoderare la vecchia Colt 45, ma anche di usarla.
RETORICA NO LIMITS DI MOSCA E PECHINO
Da allora, non c’è stato presidente americano che nel corso del suo mandato non sia andato in visita ufficiale in Cina, con due sole eccezioni: Jimmy Carter, arrivato dopo Nixon travolto dal Watergate, e Joe Biden, entrambi Dem molto spostati a sinistra. Venerdì scorso, in occasione dell’apertura delle Olimpiadi invernali, è andato in scena a Pechino uno spettacolo simile a quello di 50 anni fa, ma con lo zar Putin al posto di Nixon e Xi nel ruolo di Mao. Nel lungo comunicato congiunto rilasciato per l’occasione, la Cina accusa gli USA di alimentare la protesta a Hong Kong e incoraggiare l’indipendenza a Taiwan, mentre la Russia incolpa gli USA di giocare alla destabilizzazione in Ucraina. Il tutto condito da una retorica secondo cui ‘non ci sono limiti’ allo sviluppo dei legami tra Mosca e Pechino.
LE CREPE NEL FRONTE OCCIDENTALE
Alleanze spericolate non sono una novità della storia della Russia, nel 1939 si mise d’accordo con i nazisti per spartirsi la Polonia solo per esserne invasa due anni dopo e pagare il prezzo di decine di milioni di morti per liberarsene. Si prepara uno scenario con Kiev nel ruolo di Varsavia e con Putin che sfida l’Occidente forte dell’appoggio cinese? E intanto Xi approfitta della distrazione globale per fare un blitz su Taiwan? E da che parte starebbe una Germania che fa più affari con Cina e Russia che con il resto dell’Occidente? Oppure la Turchia che in Siria è già schierata con i russi, che dovrebbero essere i potenziali nemici della Nato di cui pure fa parte? Era un mondo dominato dalle ideologie assolute che volevano soggiogare il mondo, riesumarlo aiuta poco a capire quello di oggi, dove contano quasi solo gli interessi economici di grandissime imprese che pesano di più degli stati nazionali.
SE BIDEN METTE MANO ALLA PISTOLA
Putin ha bisogno di compratori per le immense riserve russe di materie prime, a cominciare dalle fonti fossili di energia, Xi ha bisogno di petrolio e gas per far continuare a crescere un’economia che si regge sempre più sulla domanda interna. Quello celebrato in pompa magna a Pechino è un fidanzamento di interessi, non la riedizione 83 anni dopo del patto Molotov-Ribbentrop, e gli schieramenti militari ai confini ucraini e nei mari cinesi sono più pressioni negoziali che preparativi bellici. Certo, sono situazioni che possono sfuggire di mano, soprattutto se alla Casa Bianca c’è un anziano signore a picco nei sondaggi, che rischia di perdere sonoramente le elezioni di mid-term a novembre, e che potrebbe essere tentato di mettere mano alla pistola per far vedere gli attributi e scaldare il patriottismo americano.
OCCASIONE EUROPEA PER RIENTRARE NEL GIOCO?
La Russia vive non a torto come una minaccia un’Ucraina che entrasse nell’Unione Europea e nella Nato: nei trent’anni dal collasso dell’URSS ha visto avvicinarsi di un migliaio di chilometri il fronte occidentale, anche se dall’altra parte c’è una Nato diventata ormai un minestrone dove c’è di tutto, che probabilmente non riuscirebbe a restare insieme se si dovesse passare dai proclami a veri eventi bellici. E la Cina non può essere rimproverata più di tanto se approfitta di una situazione che offre il doppio vantaggio di garantire alla sua macchina produttiva tutta l’energia che le serve e di aggiustare a suo favore la bilancia del potere politico e economico globale. Con tutte e due alla fine all’Europa conviene andare d’accordo, e magari cogliere l’occasione per rientrare nel ‘grande gioco’ con un ruolo di mediatore tra le due superpotenze che restano America e Cina.
BOTTOM LINE
Ai timori per inflazione, tassi, tenuta delle valutazioni dei big tech, rallentamento di ripresa e utili, ora si aggiunge la partnership ‘senza limiti’ stretta a Pechino tra Putin e Xi. Un altro bel tema da cavalcare per mandare su e giù mercati e volatilità. I titoli dei media non faranno sconti nella drammatizzazione di possibili e a questo punto probabili forti tensioni. E agli investitori non mancheranno le occasioni per scovare valore a prezzi accessibili. Sempre che all’inquilino della Casa Bianca non venga in mente non solo di sfoderare la vecchia Colt 45, ma anche di usarla.
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